Corsi e ricorsiGli investitori stranieri potrebbero fare causa agli Stati che hanno attivato misure d’emergenza anti covid

L’espropriazione temporanea di ospedali privati, la riduzione del costo di medicinali, la sospensione dei mutui e le moratorie per i fallimenti aziendali sono solo alcune delle politiche attuate dai Paesi colpiti dal coronavirus che adesso rischiano di trasformarsi in contenziosi legali molto costosi

Molte politiche che i governi europei e di altre aree del mondo hanno messo in campo durante la crisi del Covid-19 potrebbero diventare oggetto di contenziosi legali tra investitori stranieri e stati sovrani.

È il messaggio di fondo dell’analisi Cashing in on the pandemic: how lawyers are preparing to sue states over COVID-19 response measures, pubblicata martedì 19 maggio dagli istituti-Ong Corporate European Observatory (Ceo) di Bruxelles e il Transnational Institute (Tni) di Amsterdam.

Gli autori della pubblicazione ripercorrono, da un lato, alcune politiche economiche messe in campo dalle autorità durante la crisi; dall’altro, le comunicazioni – soprattutto webinar e client alerts – di una decina di studi legali internazionali, incentrate proprio su come tali misure pubbliche potrebbero portare alla nascita di dispute tra stati e investitori.

Cause da Covid-19
Il termine esatto è proprio “disputa”, perché in linea con la denominazione dei tribunali privati nei quali si svolgono, in maniera per lo più secretata, le cause tra governi e investitori stranieri, ovvero: i tribunali internazionali per la risoluzione delle dispute tra stati e investitori (Isds, Investor-State-Dispute-Settlement).

Gli Isds nascono verso la fine degli anni ‘50 – in piena fase di “decolonizzazione” – come strumento di garanzia per gli investitori internazionali nei confronti di misure protezionistiche ed espropriazioni attuate da governi di paesi in via di sviluppo.

Da allora, però, sono diventati parte integrante della maggior parte degli accordi commerciali tra stati, i cosiddetti international trade and investment agreements (trattati per il commercio e gli investimenti, o trattati di libero scambio).

Secondo il rapporto Red Carpet Courts, stilato l’anno scorso dallo stesso CEO, nel 2019 gli accordi di questo tipo erano circa 2,650. Si tratta, di fatto, di un numero indicativo dell’integrazione delle economie nazionali.

A ogni modo, qual è la relazione tra COVID-19 e gli Isds? Per capirlo, basta andare a spulciare nelle comunicazioni di alcuni studi legali internazionali.

Il 29 aprile scorso, Matthew D. Richardson e Carlos Ramos-Mrosovsky, sono stati speaker di un webinar trasmesso dallo studio legale Alston & Bird. Il nome della lezione online era il seguente: The coming wave of COVID-19. Arbitration – Looking Ahead (L’ondata in arrivo [in funzione del] COVID-19. Arbitrati – Uno sguardo al futuro).

Nella descrizione dell’evento si legge che Richardson e Ramos-Mrosovsky discuteranno «la probabile ondata di dispute che emergerà in risposta alla pandemia del COVID-19» e «suggeriranno strade per le corporation per minimizzare i rischi nel contesto di tali dispute».

Contemporaneamente, l’Unctad (La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo delle Nazioni Unite), nella quarta edizione del Investment policy monitor (Rassegna delle policy per gli investimenti), scrive:

«Sebbene queste misure [delle autorità pubbliche] siano state prese per proteggere l’interesse pubblico e mitigare l’impatto negativo della pandemia sull’economia, alcune di queste ultime potrebbero, a seconda delle modalità di implementazione, esporre i governi a procedure di arbitrato avviate da investitori stranieri». Più in concreto cosa vuol dire?

Alcuni casi di scuola
Cominciamo con l’abc della prevenzione ai tempi della pandemia Covid-19: lavarsi le mani, spesso e bene. In El Salvador, affinché anche le famiglie più indigenti e colpite dal Covid-19 potessero rispettare il principio, lo stato ha deciso di annullare il costo delle bollette per tre mesi.

In un blog post di Alexander Serrano e Daniela Gutierrez Torres – sul portale World Bank blogs – si segnala la politica pubblica come virtuosa.

Ma in un dei client alert dello studio legale Hogan Lovells, la stessa misura viene elencato nei prototipi di misure che recano danni agli investitori stranieri, sotto la voce “sospensione dei pagamenti”.

Nello specifico, nel comunicato si legge: «Aziende che erogano beni e servizi essenziali (utility), molte delle quali sono di proprietà straniera e sottostanno [quindi] al diritto applicato agli investitori stranieri, hanno visto, di conseguenza, ridurre i loro flussi di entrate».

Ma gli esempi di conflitti di questo tipo – in cui le logiche dell’intervento statale nell’interesse pubblico, da un lato, e quello del profitto degli investitori, dall’altro – sono molti di più.

Il report del Ceo e del Tni li elenca uno a uno: l’espropriazione temporanea di ospedali privati per alleggerire il peso della crisi sulle casse dei sistemi sanitari nazionali (Spagna), la riduzione del costo di medicinali o della produzione di futuri brevetti, la limitazione di attività d’impresa per moderare la trasmissione del virus (Perù), la calmierazione dei prezzi di bollette e affitti (Spagna, Regno Unito), la sospensione dei mutui (Italia e Spagna) e le moratorie per i fallimenti aziendali (Belgio), le ristrutturazioni dei debiti pubblici per i paesi del terzo mondo, la modifica drastica dei sistemi fiscali per coprire nuovi deficit di spesa.

Ecco, in tutti questi casi, a seconda delle modalità di implementazione delle politiche economiche pubbliche, si potrebbe incorrere in cause onerose per le casse dello stato.

Anche perché, come si legge al punto 1 dell’approfondimento Investment Treaty Claims for COVID-19 Losses (Reclami per perdite da Covid-19 nel contesto dei trattati per gli investimenti) pubblicato online da Sidley – un altro studio legale statunitense:

«Qualora un’azienda dovesse essere nel giusto rispetto ai suoi reclami, potrebbe essere in grado di recuperare tutte le perdite derivanti dalle politiche del governo che hanno danneggiato l’azienda. [Tale somma di denaro] potrebbe andare oltre quanto investito inizialmente (costi effettivi) fino a raggiungere un valore legato ai profitti futuri disattesi».

Un paio di considerazioni strutturali
Alla luce di tutto ciò, il Ceo e il Tni invocano l’abbandono di quello che definiscono un vero e proprio «sistema di giustizia parallelo». Ma se di sistema si tratta – gli Isds nascono nel contesto dell’espansione dell’economia a livello globale – è difficile immaginarsi una ritirata del fenomeno in temi rapidi.

Nel frattempo, gli autori specificano anche che non esistono ancora cause concrete legate alla gestione del COVID-19. Ma se si considera che certe speculazioni arrivano proprio dai diretti interessati – gli studi legali -, lo scenario sembra essere quello del «tre indizi fanno una prova».

E, tra l’altro, ci sono anche considerazioni strutturali di lungo periodo che dovrebbero far tremare le casse pubbliche: nel corso degli ultimi dieci anni, molti fondi di investimento hanno fatto il loro ingresso nel mercato degli arbitrati (litigation funding market). Che ruolo giocano?

Fondamentalmente sono attori terzi, non coinvolti nei contenziosi che, però, speculano sul risultato delle sentenze. In parole povere: mettono a disposizione i soldi per coprire i costi legali – spesso esorbitanti – in attesa di un profitto di ritorno in funzione dell’arbitrato finale.

Secondo il rapporto Red Carpet Courts del 2019 citato precedentemente, nel 61 per cento dei procedimenti, sono gli investitori stranieri a vincere le cause. Sarà così anche nel caso del Covid-19?

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