InfodataI grafici sull’andamento del Covid stanno confondendo i cittadini

Ci sono due modelli di rappresentazione grafica di contagi e decessi causati dal virus: la scala lineare e quella logaritmica. La prima fornisce informazioni chiare, mentre la seconda (la più usata dai mass media) viene compresa solo dal 40 per cento delle persone, creando incomprensione e sottovalutando l’emergenza

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Il modo in cui i mass media rappresentano graficamente l’andamento del Covid-19 può alterare drasticamente il modo con cui ci rapportiamo al virus. A dirlo è una ricerca pubblicata dalla Scuola di Economia e Scienza Politica di Londra (Lse) a firma di quattro giovani ricercatori: Alessandro Romano, Chiara Sotis, Goran Dominioni e Sebastián Guidi.

Uno studio comportamentale ma anche statistico sulla percezione delle informazioni sul coronavirus da parte dei lettori. Partendo da una distinzione fondamentale: quella tra la scala lineare e la logaritmica.

Si tratta di due modelli matematici molto utilizzati per le analisi tecniche: la scala logaritmica considera, sull’asse verticale Y, una progressione non costante ma esponenziale del contagio; mentre quella lineare permette di individuare con relativa facilità i movimenti che il contagio registra durante tutto il suo percorso.

Di conseguenza, il semplice cambiamento della scala in cui vengono presentati i dati «può alterare le preferenze sulle politiche pubbliche e il livello di preoccupazione», si legge nella ricerca. Sopratutto se sono i dati sul numero dei morti.

Molti media infatti, continua lo studio, forniscono informazioni sul numero di casi e decessi di Covid-19 usando un grafico a scala logaritmica. Nonostante l’effetto visivo dia impressioni completamente differenti della stessa situazione su scala lineare.

L’esperimento condotto dai quattro ricercatori ha quindi diviso a metà un campione di individui, tracciando i dati sulla progressione dei decessi Covid-19 negli Stati Uniti su scala logaritmica e su scala lineare.

Il gruppo che legge le informazioni su scala logaritmica ha un livello molto più basso di comprensione del grafico: «solo il 40,66% di loro potrebbe rispondere correttamente a una domanda di base sul grafico (se ci fossero più morti in una settimana o nell’altra),- afferma la ricerca – in contrasto con l’83,79% degli intervistati sulla scala lineare».

Sempre il gruppo logaritmico si è dimostrato più confusionario nel fare previsioni sull’evoluzione della pandemia: «hanno previsto, in media, 71.250 morti per la settimana dopo l’esperimento – continua il testo -, mentre il gruppo lineare ha previsto 63.429 (il nostro modello di previsione ha indicato 55.791 e il numero effettivo di decessi in quella data era 54.256)».

La ricerca ha poi preso in considerazione lo stato d’animo degli intervistati a seconda della scala utilizzata: nonostante la previsione di un numero maggiore di decessi «le persone a cui è stato mostrato il diagramma della scala logaritmica dichiarano di essere meno preoccupate per la crisi sanitaria causata dal coronavirus». Viceversa, coloro che leggono i dati sulla scala lineare hanno un impatto più violento con la realtà.

Le divergenze non si fermano qui. «Le scala del grafico influenzano le risposte delle persone riguardo alle loro preferenze politiche e comportamentali» aggiunge lo studio.

Gli intervistati che vedono le informazioni sui grafici a scala lineare «supportano meno fortemente la politica di tenere chiuse le attività non essenziali rispetto a coloro che guardano a quelle logaritmiche. Allo stesso tempo, coloro che vedono il grafico lineare sono più disposti a sostenere un’ipotetica tassa statale volta a fornire mascherine ai cittadini».

Le conclusioni di questa scoperta, si legge, sono che «la scala lineare dà l’impressione di una pandemia crescente, senza alcun segno di miglioramento, mentre la curva sulla scala logaritmica appare più piatta e rassicurante».

Un’architettura grafica che porta il gruppo logaritmico a prevedere più morti a breve termine a causa «dell’ancoraggio superiore» della curva, e il gruppo lineare a prevedere «che la crisi durerà più a lungo». 

Ci sarà quindi un gruppo di persone (quelle esposte a un grafico su scala lineare) che potrà formare le loro preferenze sulla base di informazioni meglio comprensibili.

Il che, conclude la ricerca, è una «ragione abbastanza forte per suggerire ai mass media e ai politici di descrivere sempre l’evoluzione della pandemia usando un grafico su una scala lineare, o almeno mostrare entrambe le scale». In quanto, «se vogliamo che le persone si lavino le mani e si mantengano a sei piedi l’una dall’altra, dovranno capire meglio cosa sta succedendo».