Investire nel calcio non è più una novità per i fondi di private equity che, negli ultimi anni, hanno fatto affari soprattutto in Premier League. Ma se puntare su un club è ormai nella norma, acquisire quote di un’intera lega calcistica è un evento senza precedenti, almeno in Europa. Il primo a farlo potrebbe essere Cvc Capital Partners, il fondo d’investimento con base in Lussemburgo che nelle scorse settimane ha presentato un’offerta da 2,2 miliardi di euro alla Lega di Serie A per acquisire il 20 per cento della massima divisione italiana.
Cvc ha proposto al presidente della Lega, Paolo Dal Pino, la creazione di una società che dal 2021 gestisca in via esclusiva i diritti televisivi e commerciali della Serie A, con l’obiettivo di ridurre il gap economico che separa il campionato italiano dalla Premier inglese e dalla Liga spagnola. Cvc si impegnerebbe inoltre a costruire nuovi stadi, indispensabili per aumentare l’appeal della Serie A.
La trattativa, in piedi da alcuni mesi, dovrà concludersi necessariamente entro fine giugno, con la stagione 2019/20 già ricominciata. Le schermaglie di questi giorni tra la Lega e Sky – con l’emittente tv che si rifiuta di pagare per intero l’ultima tranche dei diritti i club che invece non vogliono fare sconti – sono solo l’antipasto di quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi se Cvc riuscisse a chiudere l’accordo.
Se si dovesse trovare un’intesa, infatti, la prima grande novità sarebbe l’addio agli accordi siglati all’ultimo respiro con broadcaster diversi. Una pratica consueta per la Serie A ma inconcepibile per un fondo di private equity interessato a massimizzare i suoi investimenti. Troppi attori in ballo fanno perdere valore al prodotto e allontanano i tifosi. Proprio per questo Cvc vuole un pacchetto unico da vendere al miglior offerente, con un occhio di riguardo per le piattaforme online come Amazon, magari affiancate da un canale interno simile al League Pass dell’Nba.
La strategia adottata da Cvc per i suoi investimenti in ambito sportivo è sempre la stessa: acquisire una quota di minoranza di un asset svalutato, influenzarne le strategie (soprattutto attraverso la cessione dei diritti televisivi) per poi aumentarne il valore commerciale in previsione della rivendita. È successo con la Formula1 (acquistata nel 2001 per un miliardo di dollari e rivenduta nel 2017 a Liberty Media per otto miliardi) e con la MotoGP (le cui quote sono state cedute a Dorna nel 2006).
Uno schema che potrebbe ripetersi con la Premiership inglese di rugby (di cui Cvc possiede il 27 per cento) e con la Pro14 Rugby (un torneo annuale che coinvolge le migliori squadre irlandesi, scozzesi, gallesi, italiane e sudafricane), di cui Cvc ha acquistato proprio in questi giorni il 28 per cento. È lo stesso metodo che ha spinto il fondo ad offrire 300 milioni di sterline per il 14 per cento della Six Nations (la trattativa è ancora in stand by a causa della pandemia). E che, ovviamente, ha portato Cvc a bussare alla porta della Serie A.
Un accordo che in teoria farebbe bene ad entrambi. Al nostro calcio, che ha bisogno di liquidità per non rimanere schiacciato dai debiti. E a Cvc, che sta tentando di entrare nel mondo del pallone ormai da mesi. I primi tentativi risalgono a fine 2019, quando sono iniziati i contatti con la Fifa per acquistare i diritti televisivi della nuova Coppa del Mondo per club.
La trattativa si è interrotta a causa dei rapporti troppo stretti tra Cvc ed il presidente del Real Madrid, Florentino Perez, con cui il fondo stava collaborando per creare una nuova competizione per i migliori club del mondo. L’idea ha fatto infuriare Uefa ed Eca e ha complicato i piani del fondo, costretto ad attendere un’altra occasione per investire nel calcio.
L’attesa potrebbe essere breve, anche a causa del dissesto economico che l’emergenza sanitaria ha provocato nel calcio italiano. Secondo le stime di Kpmg, infatti, i club di Serie A perderanno tra i 550 e i 650 milioni di euro se la stagione non dovesse concludersi. Uno scenario catastrofico, che potrebbe spingere Dal Pino e i presidenti dei club ad accettare l’offerta di Cvc.
Attenzione però: un fondo d’investimento non è una onlus. Le società di Serie A dovranno guardarsi dalla politica d’innalzamento del debito che Cvc utilizza con le franchigie su cui ha investito. Per rientrare della spesa sostenuta per acquistare la Formula1, ad esempio, Cvc non ha usato la bacchetta magica ma ha caricato di debiti l’organizzazione per poter consegnare sostanziosi dividendi ai suoi azionisti.
Niente di scandaloso per i presidenti delle squadre della Serie A che però – nel caso in cui l’accordo andasse in porto – dovranno preoccuparsi per la prima volta di qualcuno molto più bravo di loro a curare i propri interessi.