Un elemento positivo delle restrizioni imposte dal lockdown, a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, potremmo trovarlo nel fatto che stanno stimolando la sana capacità di reazione degli italiani. Con giudizio, inventarsi nuovi modi per fare ciò che si faceva prima.
La volontà di non volersi né fermare né scoraggiare, e magari riuscire anche a coinvolgere gli altri in questa spinta positiva. Un atteggiamento che riguarda la ristorazione ma anche eventi collaterali, eventi di piazza che vogliono provare a esserci lo stesso.
L’ha fatto ad esempio la “Cena Itinerante di Distretto A Faenza Art district” a metà maggio: una manifestazione nata proprio come occasione per vivere la città e il suo centro storico, coniugando arte, cibo, artigianato e performance. Prossimità fisica e convivialità, quanto di più lontano può esserci dalla situazione attuale. Eppure la cena itinerante si è svolta lo stesso: i luoghi sono diventati le case delle persone, attraverso delivery e take-away, in un immaginario itinerario domestico e non più attraverso i locali della città. Collegamenti su youtube, dj set al balcone durante l’aperitivo e la possibilità di consegna a domicilio anche delle ceramiche tipiche della città di Faenza. L’invito a rendere collettivo e condiviso l’evento è passato ovviamente per i social, dove postare video, immagini, testimonianze, il minimo comun denominatore un hashtag che per l’edizione 2020 si spiega da solo: #diamocidentro.
Mentre i ristoranti in Italia hanno avuto il via libera alla riapertura, non senza incertezze che hanno portato alcuni a differire la data nella quale accogliere nuovamente i propri clienti, il settore parallelo del delivery continua, cresce e cerca nuove strade per differenziarsi.
L’incognita del ritorno al ristorante vale sia per i cuochi/ristoratori che devono riaprire che per i clienti; il punto non è più, o non solo, il cibo ma l’atmosfera del ristorante, com’era prima di febbraio e come invece sarà nelle prossime settimane. Quel tipo di situazione seduti nella sala di un locale che delivery e asporto sono lontani dal poter far rivivere. Sul versante del cibo invece un servizio ben organizzato, una solida logistica, una rete di consegne in sicurezza, rapide e professionali, sono tutti elementi che possono portare nei nostri piatti qualcosa di molto simile alla pietanza fatta e finita al ristorante (forse al netto dell’impiattamento, dove chi più chi meno siamo abbastanza delle frane).
Gestori di ristoranti e chef devono aver riflettuto su questa carenza delle consegne a domicilio, e alcuni hanno provato a porre rimedio: un locale può andare oltre la consegna dei propri piatti, consegnare del buon cibo in fondo lo fanno già da sempre le gastronomie, alcune delle quali storiche e consolidate nelle preferenze dei consumatori. Perché non provare a portare a casa una ‘fetta’ dell’atmosfera del locale? Tentativi velleitari? Pareri autorevoli sembrano confermare sia la diffusione del delivery che l’evoluzione dello stesso col passare del tempo: «l’home delivery è e continuerà a essere un driver di sviluppo fondamentale per la ristorazione, che non diminuirà con le riaperture, ma che affiancherà ancora l’attività all’interno dei locali. Questo renderà il mercato ancora più competitivo: per differenziarsi, sarà necessario da parte dei ristoratori arricchire il delivery con aspetti esperienziali unici, soprattutto per i ‘top di gamma’». Sono le parole di Vittoria Veronesi, direttore del Master in Food and Beverage dell’Università Bocconi di Milano.
Stimolazioni sensoriali
“Motelombroso” è il non immediato nome di un ristorante sorto circa un anno fa a Milano: 256 dell’Alzaia Naviglio Pavese, il ramo più tranquillo rispetto alla frenetica movida del Naviglio Grande ma non per questo meno attraente.
Il ristorante sorge sulle ‘ceneri’ di una ex casa cantoniera, è immerso in un giardino che, senza abbandonare Milano, fa dimenticare il cemento cittadino. Si presenta con un’accattivante estetica contemporanea, luminosa grazie a tante trasparenze che proiettano il locale verso l’esterno, e con una cura per il dettaglio in un contesto minimal.
Fin qui ce n’è abbastanza per far pensare che il luogo, oltre alla cucina, vale la cena. Come riuscire a portarlo a casa vostra? Impresa non semplice ma che i due eclettici proprietari, Alessandra Straccamore e Matteo Mazza, assieme al nuovo chef Andrea Zazzara ex sous chef al Contraste di Matias Perdomo sempre a Milano, vogliono tentare lo stesso. Come? Se il gusto è forse il principale dei sensi coinvolti in una cena, perché non coinvolgere anche gli altri attraverso opportune stimolazioni? Assieme alla cena ricevere quindi una speciale playlist Spotify ad esempio, colonna sonora dell’esperienza, o il sapone Del Parco, o ancora le essenze firmate Plentiness e i fiori di Clori, tutti prodotti presenti nel locale di cui sono partner. Per risvegliare anche la ‘memoria olfattiva’ in una sorta di esperienza proustiana.
E se poi durante la cena voleste dare un immediato feedback, potete collegarvi live con il locale e interagire, come quando a fine cena patron o chef del locale vengono a salutare gli ospiti per raccoglierne le impressioni.
Anche il ristorante “Lucca” a Milano ha personalizzato il servizio di consegne, affiancando alla narrazione della tradizione gastronomica toscana attraverso solidi classici della cucina, anche una colonna sonora che arriva tramite messaggio su whatsapp, creata dalla dj Disways, Emanuela Littardi. Un link personale con un ascolto di 30 minuti.
Cuochi e corsi di cucina a domicilio
A “La Scaletta” di Ascoli Piceno Mirko Petracci sta pensando a qualcosa di più della semplice consegna della propria pizza: prima ancora di qualunque tentativo fallimentare, Petracci sta pensando di venire in soccorso nel caso in cui a qualcuno venisse in mente di cimentarsi a farla. Veri e propri corsi di home cooking: te la consegno e ti insegno anche a farla, un servizio che più completo non si potrebbe.
“Da Vittorio”, ristorante tristellato Michelin e tra i primi a lanciare un proprio servizio di consegne a domicilio coprendo tutto il territorio della Lombardia, oltre a un’ampia selezione di vini, aggiunge alle consegne anche amenities dolci e salate. La doppia anima di “Da Vittorio”, ristorante campione nell’arte dell’accoglienza, da una parte, vera e propria ‘macchina da guerra’ nel banqueting di livello, dall’altra, sta portando la famiglia Cerea a considerare anche la possibilità di mettere a disposizione cuochi e camerieri, sommelier e barmen per occasioni speciali a domicilio, continuando a rispettare le norme igienico sanitarie in vigore.
Uno dei punti di forza di “Da Vittorio” è quella convivialità che, senza nulla togliere al decoro di un ristorante di lusso, risulta particolarmente informale, sempre col sorriso pronto, oltre alla capacità di creare positive sinergie tra le diverse attività del gruppo. Da qui sorge anche l’idea di portare nella pasticceria di famiglia, CAVOUR 1880 a Bergamo alta, uno dei riti del ristorante tristellato: la Paccherata. Il ‘Pacchero alla Vittorio’, piatto iconico del ristorante, sintesi di semplicità, equilibrio e gusto, scende in piazza per coinvolgere gli abitanti di Bergamo e diventa “take away on street” durante tutto il week.end. Tra venerdì, sabato e domenica tre appuntamenti durante i quali assistere dal vivo alla mantecatura del pacchero, scenografica finitura del piatto che di solito si svolge al tavolo nel ristorante di Brusaporto.
Sulla stessa scia di personalizzazione si muove anche “Langosteria”, locale uno e trino a Milano con “Langosteria”, “Langosteria Cafè” e “Langosteria Bistrot”, regno della cucina di mare e delle crudités sapientemente selezionate e abbinate. Contestualmente al lancio dell’offerta di consegne a casa, parte anche “Langosteria Chef a casa”. Un servizio rivolto all’organizzazione domestica di cene e piccoli eventi privati, fornendo oltre alla professionalità in cucina anche supporto per il servizio.
Attenzioni che fanno la differenza
Il delivery che si differenzia, in fondo, è anche quello che è semplicemente fatto bene.
Quello che quasi “involontariamente” porta a casa lo stile del locale e dello chef, attraverso la cura per i particolari e le piccole attenzioni: un servizio gestito in prima persona dal locale, senza affidarsi a piattaforme, per quanto possano rivelarsi valide.
Un servizio di consegne inteso come parte integrante del ristorante, e che, in attesa che il locale torni a pieno regime, porta a casa l’impostazione di quel locale. Piccoli gesti che rendono riconoscibile l’esperienza.
Il personale che fa le consegne e si presenta sulla soglia di casa del cliente, un messaggio audio tramite WhatsApp con le istruzioni su come scaldare e consumare i piatti, la telefonata dello chef che informa che la cena è appena partita, sono tutte azioni che rappresentano sicuramente un investimento di tempo e di denaro in comunicazione ma che fanno ricordare quell’esperienza rispetto all’efficiente ma un po’ fredda notifica di un’App. Oppure ancora l’omaggio inatteso, o più in generale la cura nel packaging, nell’etichettatura, un’attenzione in più verso l’ambiente con contenitori plastic-free laddove possibile.
L’attenzione al dettaglio, la professionalità e la capacità di comunicare, oltre l’imprescindibile sostanza della cucina, hanno sempre fatto la differenza per un ristorante, al tavolo del locale o a domicilio.