Il virus in Italia non è stato ancora sconfitto, e lo ricorda l’Imperial College. In uno studio (abbastanza pessimistico) pubblicato il 4 maggio, i ricercatori dell’istituto londinese hanno studiato gli impatti possibili dell’allentamento delle misure restrittive nel nostro Paese. E non sono incoraggianti.
La fine del lockdown, spiegano, potrebbe portare in alcune regioni a «un innalzamento del numero delle morti per coronavirus maggiori di quanto accaduto finora». Uno scenario che sarebbe raggiunto anche solo ritornando al 20% dei livelli di mobilità precedenti al lockdown. In tre settimane si tornerebbe a una crescita dei morti.
Secondo gli scienziati, al momento, il numero riproduttivo medio del virus in Italia è minore di 1 in tutte le regioni, e in alcune di queste in modo significativo. Questo significa che il contagio sta calando: un infettato trasmette il virus a meno di una persona (è una media), troppo poco per provocare una epidemia.
La strategia della quarantena forzata è riuscita a contenere la catastrofe. Tuttavia il tasso di attacco del virus è, nonostante l’alto numero di decessi, più basso rispetto alla soglia minima dell’immunità di gregge: gli italiani contagiati e guariti sono troppo pochi (anche in Lombardia, dove pure si sono registrati più casi) per poter costituire una barriera sufficiente al virus. Per riaprire in sicurezza e favorire la mobilità, ricordano i ricercatori, occorre tenere conto di queste due condizioni.
Per questa ragione gli scienziati hanno elaborato tre simulazioni possibili. La prima prevede il mantenimento del lockdown, la seconda a un tasso di mobilità del 20% rispetto ai livelli precedenti al contagio, la terza del 40%. Il tutto senza l’impiego di distanziamento sociale, mascherine, tracciamento elettronico e quarantena immediata per i casi di contagio, cioè variabili molto difficili da stimare e la cui implementazione è ancora in corso.
Risultato: con il caso 1, cioè l’allungamento della quarantena per altre otto settimane, si avrebbe una ulteriore diminuzione dei contagi con la scomparsa, di fatto, del virus sul territorio nazionale. Nel caso 2, invece, con un allentamento moderato e il ritorno della mobilità a un quinto dei livelli “normali”, si avrebbe nel giro di due settimane un ritorno delle morti a livelli superiori rispetto alla prima ondata, soprattutto in alcune regioni come Liguria, Toscana, Piemonte e Veneto.
Lo stesso fenomeno con lo scenario 3, cioè un ritorno al 40% della mobilità precedente: anzi, in questo caso il numero dei contagi salirebbe in maniera esponenziale in tutte le regioni e sancirebbe il disastro. Basta poco perché gli allentamenti ci riportino nella situazione pre-lockdown.
Secondo la dottoressa Ilaria Dorigatti, della School of Public Health, «finora l’infezione è stata tenuta sotto controllo con successo ma il virus è ancora in circolazione. L’epidemia non è finita». Adesso il Paese «entra in una nuova fase, nella quale sarà necessario che i cittadini seguano i consigli del governo sul mantenimento della distanza e sull’utilizzo delle protezioni». A questo andranno aggiunte, si spera il prima possibile, «il test con il tampone, il tracciamento dei contatti e l’isolamento per i contagi». Sono cose che sembrano da poco ma che «hanno un’importanza enorme per evitare nuovi ritorni del contagio»