NewsletterIl Piano Marshall di Parigi e Berlino, “Mark” e i suoi fratelli tech, e il grande equivoco dell’Unione europea

Piccoli paragrafi con domande e risposte per capire cosa succede in Europa. Cosa vuol dire il piano di Merkel e Macron, l’avvertimento del commissario Thierry Breton al fondatore di Facebook e le cose da segnarsi in settimana. C’è anche la selezione dei migliori articoli usciti nel Continente

Cos’è l’immagine di corredo a questo articolo? Uno dei tanti manifesti che giravano in Europa tra il 1947 e il 1948 per sponsorizzare la bontà del Piano Marshall nel Continente dopo la Seconda guerra mondiale. «Cooperazione inter-europea per migliori condizioni di vita» c’è scritto in tedesco.

E che c’entra il Piano Marshall con la newsletter di oggi? C’entra, fidatevi. Guardate cosa c’è scritto sulla pentola: Erp. Quell’acronimo è lo sconosciuto nome ufficiale del piano Marshall: European Recovery Program. Vi ricorda qualcosa?

Ah, giusto il Recovery fund. Che fine ha fatto? Il 27 maggio la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen dovrebbe presentare il piano dettagliato. Ma la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron l’hanno anticipata, presentando ieri un’Iniziativa per far ripartire l’economia europea.

Oddio, ti prego. Non sarà mica un piano di 400 pagine come l’ultimo decreto del governo Conte. Ma no, due pagine stringate. Con quattro punti precisi: 1) ritrovare una strategia sanitaria sovrana per l’Europa, oggi dipendente dall’estero per i materiali medici di base, 2) Far fronte alle maggiori spese causate dal coronavirus con un recovery fund per la solidarietà europea e la crescita dotato di circa 500 miliardi di euro, 3) Aumentare lo sforzo per la transizione ecologica, 4) Rafforzare la capacità e la sovranità industriale europea e dare nuovo impulso al mercato unico. Qui il testo completo, in italiano. Si legge in 4 minuti.

Dicci il succo, oltre i quattro punti. Francia e Germania propongono alla Commissione europea di prendere 500 miliardi sul mercato, emettendo dei bond (obbligazioni), per poi dare questi fondi ai Paesi più in difficoltà attraverso prestiti ma soprattutto sussidi che saranno restituiti con molta calma dai Paesi membri nel loro complesso. Questa è la novità: la Germania si schiera a favore dei sussidi e al concetto che tutti pagheranno per aiuti dati singolarmente agli Stati.

Quindi arriveranno banconote gettate da un elicottero? No, non sarà come ne “La Casa di carta”. Perché prima o poi bisognerà restituire i finanziamenti e i due Paesi chiedono «un’ambiziosa agenda di riforme». Mancano tantissimi dettagli e molte idee non passeranno. Ma è un messaggio politico importante: Francia e Germania sono tornate a collaborare. Berlino potrà convincere il Nord-Est europeo, Parigi i Paesi mediterranei. Non sono una vera coalizione ma il motore dell’integrazione europea. Quando si mettono d’accordo l’Europa accelera, se sono su fronti opposti l’integrazione si ingolfa. E questo accordo potrebbe salvare il mandato di Emmanuel Macron:

Ma scusa, del Recovery fund non doveva occuparsene la Commissione europea? Sì, e in effetti questa mossa politica di Merkel e Macron ha colto in contropiede Von der Leyen. I due leader le hanno rubato la scena, perché per una settimana si parlerà solo della proposta francotedesca. Ma la cosa si può vedere anche da un altro punto di vista. Dà la possibilità alla Commissione di proporre un Recovery fund più coraggioso, integrando il piano dei due Paesi più importanti dell’Unione.

Vabbè quindi la Commissione europea non conta niente. Non è questo il punto. La Commissione europea è il guardiano dei trattati, non li scrive mica. Deve occuparsi di mandare avanti la macchina dell’Unione e renderla concreta giorno per giorno. Frenare e accelerare l’integrazione spetta agli Stati. Il compito della Commissione è più quello di “accompagnare solo” (cit.) i processi ed eventualmente attutire il colpo. Poi questa tendenza varia in base al carisma e alla credibilità del presidente in carica. Il grande equivoco dell’Unione europea è che ai cittadini non hanno spiegato chi può fare cosa. Ma ne parleremo qualche paragrafetto sotto, nel video della settimana.

A posto, quindi Francia e Germania hanno deciso tutto. Fermi lì, non è detto. Quella di Merkel e Macron è una proposta, non una decisione. Bisogna convincere gli altri 25 leader europei. E il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha già fatto sapere che non è d’accordo:«La nostra posizione rimane invariata. Siamo pronti ad aiutare i paesi più colpiti con prestiti. Prevediamo che l’aggiornamento (bilancio dell’UE) rifletta le nuove priorità anziché aumentare il tetto». Sarà una lunga battaglia, preparate i pop corn.

E il Parlamento europeo non dice niente? Ma sì durante la sessione plenaria della scorsa settimana ha chiesto con una risoluzione che il Recovery fund abbia almeno 2000 miliardi di euro OLTRE il budget comunitario 2021-2027. E soprattutto chiede che la Commissione non usi la scusa del Recovery fund per diminuire il budget Ue ricorrendo a «dubbi moltiplicatori per pubblicizzare cifre ambiziose» o «sortilegi finanziari».  E non ha fatto solo questo. Qui il sunto preciso e breve di tutte le cose chieste o approvate.

Cosa succederà questa settimana? Mercoledì il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni e il suo collega con delega al Lavoro e diritti sociali, Nicolas Schmit presenteranno lo European Semester Spring Package. Tradotto: una serie di consigli ai governi degli Stati membri su come spendere i loro soldi per i prossimi 12-18 mesi per affrontare meglio la crisi.

Basta soldi, parliamo di cibo. Giusto, sempre mercoledì la Commissione presenterà il suo piano Farm to fork. Si tratta di uno dei dieci capitoli più importanti dello European Green deal. Il vice presidente della Commissione, Frans Timmermans, spiegherà come Bruxelles intende rendere sostenibile l’agricoltura per il nostro Pianeta. La commissaria Kyriakides per la sicurezza alimentare ha chiarito che questa strategia non comprometterà la capacità degli agricoltori di produrre alimenti di qualità. Il tema però è divisivo, soprattutto per l’uso di pesticidi. Vedremo insieme come evolverà la cosa. Sarà anche un’occasione per sapere che faccia ha Virginijus Sinkevičius il commissario europeo per Ambiente, oceani e pesca. Molti non lo vedono da dicembre.

Altre cose rilevanti successe lunedì? C’è stata una interessante diretta Youtube tra il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg e il commissario europeo al mercato interno Thierry Breton. Non è paragonabile all’audizione al Congresso di Zuckerberg per lo scandalo Cambdridge Analytica. Non ci sarà un prima è un dopo, ma guardarlo è utile per capire cos’ha in mente la Commissione europea e come Facebook vuole evitare di finire nei guai, di nuovo.

Non abbiamo un’ora per vedere tutto il video, cosa si sono detti in sintesi? Primo, Zuckerberg ha chiesto all’Europa di stabilire delle regole per i social network che creino uno standard occidentale. Un modello per evitare l’espansione del “framework” cinese. Secondo, Breton, ha spiegato che l’Europa non deve adattarsi ai Big tech ma viceversa. E tutti gli sforzi fatti finora da Facebook per combattere le fake news non saranno mai abbastanza perché è un tema decisivo per la sopravvivenza della democrazia.

E se Facebook non farà nulla per combattere la disinformazione? La Commissione europea farà tre cose: regolerà, regolerà, regolerà. «Alla fine della giornata, se non riusciremo a trovare un accordo ovviamente regolamenteremo. Ogni Ceo rimane da solo con le sue scelte, e Mark sarà l’unico responsabile» di aver fatto o meno una due diigence adeguata delle sue decisioni, spiega Breton.

Avevi parlato di un terzo punto. La Commissione monitorerà con ancora più attenzione i Big tech. «Sono stato anche io un ceo. Non siate troppo furbi, pagate le tasse e non andate nei paradisi fiscali». Breton ha fatto un po’ di scena a favore di telecamera, però ha mostrato anche la tenacia della Commissione europea che non mollerà davanti ai Big tech. Qui per sapere com’è andata. Sì, c’è anche un accenno a una mini gaffe di Breton che nessuno ha colto.

Il video della settimana. È quello in cui appare il greco Margaritis Schinas, vice presidente della Commissione con delega alla “promozione dello Stile di vita europeo”. Non ridete, si chiama così. No, non parlo del nome greco, ma della delega. Sì ci sono state polemiche su questo, qualche mese fa. Anche perché il suo portafoglio riguarda l’immigrazione.

Non divaghiamo.Giusto, allora lo abbiamo scelto perché Schinas spiega un concetto semplice di cui non si parla MAI: quello che possono fare davvero le istituzioni europee e quello che si aspettano da loro i cittadini europei. «Dobbiamo colmare questa asimmetria di aspettative tra ciò che gli europei vogliono dall’Europa in aree in cui l’Europa non ha nulla in termini di competenze legali. Questo è un grosso problema. Ciò contamina l’opinione pubblica e proietta l’Europa in una luce negativa». Per esempio nella sanità e nel turismo l’Unione può solo coordinare, ma cittadini hanno chiesto fin da subito: “dov’è l’Europa?”.

Chi alimenta l’equivoco? Noi giornalisti, sempre meno a dire il vero. Ma soprattutto i politici locali e nazionali. Quando un sindaco inaugura una pista ciclabile o musei, scuole/teatri/ ristrutturati con fondi europei, spesso si dimentica di citare l’intervento dell’Europa. Certo che i soldi sono “nostri” ma il modo in cui sono spesi, gli alti requisiti per assegnare e indirizzare i fondi e i luoghi individuati per farlo fanno parte di un metodo che ha fatto il bene di tanti cittadini europei, senza che loro lo sapessero davvero.

Ma cosa può fare e non fare l’Unione? Un’immagine vale più di mille parole (cit)

Il podcast della settimana. A causa del Covid-19, l’Europa sta andando incontro a una recessione. I policy maker dei paesi dell’Unione europea hanno messo a disposizione risorse importanti per alcune delle più importanti aziende nazionali. Ma lo scenario economico potrebbe peggiorare. Serve una strategia europea che rispetti quattro principi. Quali? Ne parlano July Anderson, Simone Tagliapietra e Guntram Wolff nell’ultimo episodio della serie podcast, The Sound of Economics, sul network Europod.

Continentale. Su Publico come insegnare il distanziamento sociale ai bambini più piccoli attraverso un videogioco in cui le vite dei personaggi vengono salvate evitando di avvicinarsi troppo alle altre persone. Si guadagnano punti collezionando maschere e rotoli di carta igienica. Si chiama Can You Save the World? ed è già stato giocato da 15.000 persone in tutto il mondo.

Su El Paìs come hanno fatto le Asturie a sfuggire al Covid-19. Difficoltà di accesso alla regione, dispersione demografica, terribili vie di comunicazione e lontananza da Madrid. Un po’ come l’Umbria. Ma anche un efficace sistema di controllo e tracciamento, una reazione immediata ai primi contagi e un sistema sanitario efficiente.

Su Le Monde una notizia per coloro che amano Asterix, come il curatore della newsletter. I druidi Bretoni hanno dovuto adattare le loro celebrazioni all’emergenza covid.

Su Le Figaro il geografo Laurent Chalard afferma che si sarebbero potute prendere decisioni diverse e importanti grazie a una migliore conoscenza della geografia e degli scambi, dalla scala locale a quella planetaria.

Su L’Observateur si spiega perché Macron ha omaggiato Charles De Gaulle domenica a Montcornet, che fu però un luogo di sconfitta per il colonnello francese.

Sul Suddeutsche Zeitung come la crisi del covid ha costretto il mondo della cultura a scoprire la digitalizzazione.
Sul Faz  C’è un nuovo conflitto generazionale ai tempi del Covid: quello tra ragazzi ben educati, distanziati e i loro genitori indisciplinati e amanti del divertimento.

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Cos’è l’Ombudsman e perché non vuole che l’ex capo di un’autorità europea diventi lobbista

Scrittori d’Europa. Questa settimana abbiamo intervistato lo scrittore bulgaro Georgi Gospodinov, autore di “Tutti i nostri corpi”.  Per lui il Continente «è stata come prima cosa una vecchia radio di legno con nomi di varie città scritti sulla scala: Londra, Parigi, Milano, Berlino». L’Europa non è una geografia, ma la malinconia dell’infanzia e di tutte le vite che non abbiamo avuto.

Calendario. L’agenda degli eventi della settimana seguente a livello europeo. Ci sono tutti, ma proprio tutti

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