«Ormai i due paesi non giocano più nella stessa categoria», scrive il Point, principale settimanale francese, nel suo ultimo numero, dedicando una lunga inchiesta alla “coppia franco-tedesca”, giudicata ormai squilibrata in favore della Germania.
L’iniziativa di ieri sembra indicare tuttavia il contrario. Angela Merkel ed Emmanuel Macron hanno tenuto una conferenza stampa congiunta per annunciare il piano di rilancio franco-tedesco per l’Europa articolato in 4 punti:
1-Ritrovare una strategia sanitaria sovrana per l’Europa, oggi dipendente dall’estero per i materiali medici di base
2-Far fronte alle maggiori spese causate dal coronavirus con un recovery fund per la solidarietà europea e la crescita dotato di circa 500 miliardi di euro
3-Aumentare lo sforzo per la transizione ecologica
4-Rafforzare la capacità e la sovranità industriale europea e dare nuovo impulso al mercato unico
La proposta di 500 miliardi assegnati direttamente all’Unione europea, che potrà così finanziare il recovery fund sui mercati e poi distribuire le risorse alle zone più colpite dalla crisi, rappresenta una piccola rivoluzione. Così come, sembra, la blanda condizionalità: gli Stati che riceveranno i fondi dovranno impegnarsi a portare avanti politiche economiche convergenti e «un’ambiziosa agenda di riforme».
Non è ancora chiaro quali saranno i criteri con cui la Commissione assegnerà i fondi agli Stati membri né in che modo questi andranno restituiti, tantomeno quali saranno le riforme ambiziose richieste. Ciò che conta, al momento, è un accordo senza precedenti tra i due principali paesi dell’Unione, che ora dovranno convincere gli altri paesi membri.
In una delle fasi più complesse della storia dell’integrazione europea, Merkel e Macron rilanciano innanzitutto il rapporto tra Parigi e Berlino, in grande freddo in questi due mesi.
Il lungo articolo del Point ripercorre proprio l’ultimo periodo partendo da un momento simbolico: il 16 marzo i tedeschi decidono, senza avvertire l’Eliseo, di chiudere in fretta e furia la frontiera con la Francia per evitare che il focolaio del Grand Est francese si estendesse anche in Germania a causa dell’interconnessione tra i due paesi, specialmente a Strasburgo, area urbana transfrontaliera da 1,2 milioni di abitanti.
All’epoca i giornali francesi parlarono di crisi, di rapporti ai minimi storici, di una relazione tra Merkel e Macron mai davvero decollata. La narrazione è andata avanti per tutta la durata dell’epidemia: da un lato la Francia sommersa dai malati e impotente di fronte all’incapacità dello Stato di affrontare un’epidemia senza sufficienti scorte di dispositivi medici; dall’altro la Germania, guidata da un governo sicuro, in grado di tenere a bada la malattia senza imporre una quarantena stringente e soprattutto capace di non arrestare la propria industria.
Da parte francese la relazione bilaterale e l’invidia per la capacità economica tedesca è quasi un’ossessione, tanto che le riforme promesse da Emmanuel Macron durante la campagna elettorale venivano lette anche come un modo per trattare da pari a pari con la virtuosa Germania.
E prima del lockdown e della conseguente crisi economica, Emmanuel Macron sembrava, con tutte le difficoltà interne dovute a un profondo rigetto della sua agenda politica da parte di ampi strati della società francese, effettivamente a suo agio in un mondo dove il peso economico degli Stati cominciava a essere meno rilevante rispetto alla loro capacità geopolitica.
Aiutato da un’economia in ripresa (Pil +2,2 % nel 2017, +1,7% nel 2018 e +1,2% nel 2019) e da una disoccupazione ai minimi dalla crisi del 2008 (8,1% nel 2019), il presidente francese poteva concentrarsi sulla leadership europea e occupare l’agenda internazionale decretando l’Alleanza atlantica «in morte cerebrale» e aprendo in più occasioni a un nuovo rapporto, più disteso e inclusivo, con la Russia.
Un protagonismo sconosciuto a Berlino, soprattutto se si pensa a queste due particolari posizioni, molto lontane da quelle della Germania, attaccata alla Nato in quanto garante della propria sicurezza a basso costo (i tedeschi spendono l’1,3% del Pil in difesa), e diffidente nei confronti della Russia di Vladimir Putin. Per non parlare della differente ambizione europea: Macron ha sempre spinto per maggior integrazione fiscale, per strumenti di politica economica comune, per aumentare l’impianto sovranazionale del Parlamento europeo; Merkel per mantenere lo status quo.
La parabola personale dei due leader sembrava prestarsi bene al passaggio di testimone: Macron, 40 anni, al primo mandato, con un Parlamento totalmente sotto controllo; Merkel 65 anni, al quarto mandato, costretta a negoziare tutte le proprie scelte in un governo di grande coalizione, incapace di scegliere un vero e proprio successore.
I due mesi di coronavirus hanno ribaltato i rapporti. Angela Merkel è uno dei capi di governo che ha affrontato meglio la crisi del coronavirus (il 50% dei tedeschi è soddisfatto del suo operato secondo un sondaggio Ipsos), Macron è il leader dei grandi paesi occidentali meno apprezzato (soltanto il 24% dei francesi si dichiara soddisfatto).
Il presidente francese, da erede designato per guidare l’Unione europea dopo un ventennio segnato dalla cancelliera tedesca, appare di colpo meno influente e decisivo di quanto sembrava fino a pochi mesi fa.
E anzi, ha ancora molto da imparare, come già aveva notato Angela Merkel il 17 marzo 2019 in un’intervista al Süddeutsche Zeitung, con una punta di malignità: «In Europa porta ancora oggi, in qualche modo, uno sguardo nuovo. È un bene per noi vedere l’Europa da angoli diversi. […] Ci sono differenze di mentalità tra me ed Emmanuel Macron, come differenze ci sono nella concezione dei nostri rispettivi ruoli. Ma è sempre stato così, Macron non è il primo presidente francese con cui lavoro».
Emmanuel Macron aveva in questo momento un grande bisogno di aiuto da parte di Angela Merkel, perché la Francia non ha i margini fiscali per affrontare la crisi economica senza una forma di solidarietà europea.
È possibile che il peso politico di Parigi abbia convinto Berlino a dare il via libera a misure economiche continentali in grado di affrontare la crisi e trasferire in parte risorse dai paesi meno più ricchi a quelli più in difficoltà. In questo senso, Merkel potrebbe concludere il proprio mandato salvando quello di Macron. «Un successo europeo utile al presidente francese», scrive il Figaro nel suo editoriale.
La coppia franco-tedesca ha resistito e resiste alle fisiologiche diverse fasi politiche dei due paesi; i rapporti sono troppo stretti, le amministrazioni troppo interconnesse, gli interessi troppo intrecciati a livello europeo per poterla considerare archiviata. I leader contano meno delle nazioni che rappresentano.
Basta ascoltare Angela Merkel: «Malgrado le nostre differenze di punti di partenza riusciamo sempre a trovare un compromesso. Questo ci permette di fare molto per l’Europa, oggi come ieri».