Copenhagen ha trovato la stradaIl vero modello per affrontare il coronavirus potrebbe essere quello danese

Il governo di Mette Frederiksen è stato tra i primi a introdurre il lockdown per contenere i contagi e il primo a decretarne la fine. Un risultato frutto di strategie mirate, un massiccio numero di test e la creazione di un’agenzia statale per garantire la fornitura di dispositivi di protezione. Adesso la sfida è risollevare l’economia

Mette Frederiksen (Afp)

La Danimarca è stato uno dei primi paesi in Europa a introdurre il lockdown per contenere i contagi. E il primo a mettere fine al lockdown, con la riapertura delle scuole a metà aprile, dei parrucchieri e di altre piccole imprese il 20 dello stesso mese.

Una scelta che ad oggi non ha provocato una nuova accelerazione dei contagi di Covid-19. È questo il bilancio del Paese scandinavo reso noto dallo Statens Serum Institut, che coordina la ricerca pubblica sulle malattie infettive.

Il tasso di riproduzione di base del contagio è solo lievemente aumentato, ma è rimasto sotto la soglia dell’1. I contagiati totali sono 11.512, i decessi 568 (“solo” 12 nella scorsa settimana) e i guariti 10.180, su poco meno di 6 milioni di abitanti totali.

Grazie alla sua risposta rapida la Danimarca sembra essere sulla giusta strada per uscire dall’emergenza sanitaria Covid-19. Un risultato frutto del modello messo in campo dalle autorità danesi, a partire dal massiccio aumento dei test per ridurre al minimo il rischio di una seconda ondata di infezioni.

Sono oltre 10.000 al giorno i test svolti dalle autorità sanitari e il governo ha previsto la creazione di un’agenzia statale per garantire la fornitura di dispositivi di protezione. È stato inoltre ordinato ai consigli comunali di attrezzare luoghi per la quarantena alternativi alle abitazioni dei pazienti, come hotel o strutture ricreative.

La strategia della Danimarca contro il coronavirus ha visto poi una seconda fase di normalizzazione: sono di nuovo consentiti gli sport professionistici, hanno riaperto caffè e ristoranti, e la distanza di sicurezza è stata ridotta da due a un metro.

La scorsa settimana è stata anticipata anche la fase tre: i parchi a tema, i musei e gli zoo sono stati autorizzati ad aprire diverse settimane prima del previsto. Le scuole primarie e dell’infanzia, cioè fino a 11 anni, sono invece state riaperte il 15 aprile.

I bambini rimangono in piccoli gruppi che non entrano a contatto fra di loro. In questo modo si creano delle “bolle protettive”. Per garantire che i gruppi non si incontrino sono state organizzate anche entrate e uscite scaglionate dagli edifici.

In aggiunta, dopo mesi di distanza, le coppie transfrontaliere si possono ricongiungere. Copenaghen ha infatti deciso di aprire i confini per i partner residenti in uno degli altri Paesi scandinavi o in Germania. Per aver libero passaggio, però, dovranno dimostrare di avere una relazione di almeno sei mesi.

Visti i risultati, l’attenzione del Paese e del mondo politico danese si sta spostando sul versante dell’economia. Contando che la quarta fase, prevista per agosto, interesserà altre attività come discoteche e palestre.

«Siamo stati colpiti nel cuore della nostra economia e della nostra cultura. Siamo una nazione rivolta verso l’esterno e al momento non possiamo esserlo, questa è la sfida», ha spiegato Soren Riis Paludan, professore di virologia e immunologia all’Università di Aarhus, al Financial Times.

Mette Frederiksen, primo ministro danese di centro-sinistra, questo mese ha dichiarato che il coronavirus è «sotto controllo» e che l’interesse primario si sarebbe spostato sui commerci e sull’export.

 

Magdalena Andersson ha dichiarato al Financial Times che le principali esportazioni danesi di prodotti farmaceutici e alimentari hanno probabilmente accusato meno «il colpo rispetto all’economia svedese», che si basa maggiormente su auto, camion e industria pesante.

Tuttavia il governo danese ha dichiarato che il Pil nazionale si potrebbe ridurre di circa il 7 per cento. E per questo ha messo in campo un scudo welfare per prevenire la disoccupazione, al momento pari al 4 per cento, aumentando i salari di molti lavoratori a breve termine.

C’è poi la questione turismo. I politici dell’opposizione hanno esortato Frederiksen ad aprire le frontiere alla Germania e alla Norvegia per aiutare il turismo prima della stagione estiva.

«I danesi fanno ciò che viene loro detto. Ciò ha effetto nel blocco. Ma per la fase di apertura, vedo una tendenza verso l’allontanamento culturale e la chiusura dal mondo esterno. Hai messo le persone in una grotta ed è difficile riportarle fuori» ha detto Allan Randrup Thomsen, professore di virologia all’Università di Copenaghen, al giornale inglese.

I problemi per il Pese scandinavo non sono pertanto finiti. Detto questo, sono molti gli spunti da cui prendere ispirazione, anche per l’Italia. E, come ha aggiunto Paludan al Financial Times, per la prossima volta «che vedremo una pandemia l’approccio corretto potrebbe essere una via di mezzo tra la Danimarca e la Svezia: chiudere qualcosa ma non tutto».

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