Milano Digital WeekRipensare la tecnologia e la società dopo l’emergenza

Fra smart working, sistemi di tracciamento e dirette streaming, il coronavirus ci ha fatto capire potenzialità e limiti degli strumenti digitali. Nicola Zanardi, curatore del festival, ci spiega che lo sviluppo va progettato in maniera critica e soprattutto condivisa

Milano Digital Week
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Oltre 500 eventi, fra hackathon, conferenze, live talk, webinar e lectio magistralis. Una rassegna online ancora più ricca e rilevante di quanto non sarebbe stata se fosse rimasta quella classica, offline. E un appuntamento necessario per riflettere concretamente non solo su quanto il coronavirus abbia cambiato le nostre vite e gli equilibri dell’intero Paese, ma per iniziare a capire in che direzione indirizzare la ricostruzione e lo sviluppo nel lungo periodo.

È l’edizione “trasformata” di Milano Digital Week, l’appuntamento annuale che anima il capoluogo lombardo sui temi del digitale. Arrivato oggi alla sua terza edizione, da oggi al 30 maggio sul suo sito raccoglierà interamente in digitale centinaia di contenuti (200 speaker, oltre 300 incontri, 8 hackathon, 9 lectio magistralis, 7 centri del sapere fra università e accademie, un final party con live concert in streaming, e oltre 300 ore di contenuti multimediali gratuiti).

Non si parlerà soltanto di digitale. Sarebbe riduttivo. Si tratta di un’edizione speciale, che ha richiesto un cambio di paradigma sostanziale, da città aumentata a città trasformata. «Milano sul fronte dell’innovazione è stata la prima in tanti sensi, anche quello sociale. Quando a settembre scorso abbiamo iniziato a programmare la nuova edizione, ragionavamo rispetto a quanto stava succedendo con la realtà aumentata e l’intelligenza artificiale e gli interrogativi che queste tecnologie pongono», spiega a Linkiesta Nicola Zanardi, consulente digitale, imprenditore, docente all’università Bicocca di Milano e curatore del festival.

L’avvento del Covid-19, però, ha cambiato tutto. «Dopo il lockdown, a livello istituzionale ci si sta occupando di gestire il dopo emergenza, ma non c’è ancora stata una vera riflessione su quali sono gli orizzonti. Eppure, la trasformazione è pervasiva e parte della vita quotidiana: l’abbiamo visto in questi mesi con tutti i suoi pro e contro – nella formazione, per esempio, dove le fasce più deboli e i più piccoli sono rimasti indietro nei provvedimenti adottati nei decreti. Su questi argomenti abbiamo voluto costruire il palinsesto», racconta Zanardi.

Le proposte di eventi giunte alla cabina di regia del festival sono state il 60-70% in più rispetto ai 500 dell’offerta finale. Se già le scorse edizioni avevano radunato fino a 80mila partecipanti, quest’anno si allargano ulteriormente le frontiere. In termini geografici, oltre la città di Milano, ma anche abbracciando temi universali su cui riflettere. «La pandemia ha potenziato certi aspetti in ambito digitale, basti pensare al tema dello smart working, di cui ora vediamo anche tutti gli effetti collaterali», dice Zanardi.

Il lavoro è uno dei grandi temi che la rassegna affronta, ma si spazia dal turismo all’ambiente, dalla salute alla privacy, dalle disuguaglianze alla governance. Grandi argomenti in cui la tecnologia entra trasversalmente e che, come il digitale vuole, sono interconnessi fra loro, chiamando grandi riflessioni etiche.

Si aprirà dunque oggi (alle 15) con la lectio magistralis di Alessandro Rosina “Per una ripartenza demografica”, chiudendo poi il 30 maggio con quella di Mauro Magatti “L’economia generativa” per riflettere su come dare vita ad una nuova era del lavoro che crea valore e genera sviluppo. «Saranno privilegiati i temi della cultura, della musica e dell’arte, che in questa emergenza sono rimasti indietro, trattati come un orpello, mentre invece sono fondamentali», spiega Zanardi.

«Consideriamo Milano Digital Week come una grande assemblea generale, perché questa trasformazione dobbiamo orientarla», dice ancora il curatore. «Abbiamo bisogno di lavorare sulla nostra identità. La nostra generazione è vissuta a cavallo di un millennio, un fatto abbastanza particolare nella roulette della vita. Finora si è ragionato con le logiche di ciò che avevamo visto prima, ma nel frattempo sono cambiate tante cose».

È chiaro che il digitale rappresenta un pezzo importante di questo processo, ma rimane un mezzo. «Il digitale è sempre al servizio di qualcosa», spiega il curatore. «Io non sono mai stato fautore delle tecnologie in sé. Ma è anche vero che la pandemia ha messo in crisi i modelli, perché la tecnologia è ciò che in questi mesi ci ha salvato e ci ha aiutato a connetterci». Ora bisogna fare un passo in più. «Sul lavoro, ad esempio, stiamo toccando con mano come nella ricostruzione si scelga di tutelare alcune figure e non altre, soprattutto in certi ambiti. Il tema è di capirci qualcosa in più, portando ognuno un pezzettino. Lungi dall’avere risposte, qualche domanda però ce la siamo posta. Anche grazie alla grande disponibilità e interesse dei partner a dare uno sguardo su temi di questo millennio. Si tratta di ragionare su che tipo di trasformazioni vogliamo, non solo quali ci hanno investito».

Si comprende come il coronavirus non sia una parentesi da superare, piuttosto una nuova premessa. «Praticamente una ripartenza del millennio», dice Zanardi, perché tutto investe, dal turismo alle nuove generazioni. «Forse per troppi anni abbiamo guardato ai numeri e meno alla qualità del nostro futuro. La nostra qualità della vita non è inferiore a quella di altri paesi, però come italiani siamo sempre molto centrati sul qui ed ora, mentre riuscire a guardare un po’ più in là è fondamentale».

Da questo dibattito nessuno deve essere escluso. E questo è il principio cardine dell’edizione di quest’anno, a maggior ragione perché può essere seguito da tutti, ovunque: «Il tentativo è sempre stato quello di includere più persone e target possibili. In questa edizione vorremmo raggiungere più del solito bambini e ragazzi. E poi vogliamo che sia un primo passo per iniziare a ragionare con cadenza regolare su cosa si potrà cambiare. Le infrastrutture che mettiamo a disposizione vorremmo fossero una piattaforma da utilizzare anche nei prossimi mesi».

Milano, malgrado o forse proprio in virtù dell’emergenza coronavirus, si afferma così come un grande laboratorio di sperimentazione. «Oggi le parole “talenti” e “startup” sono abusate, ma questa cosa è sempre avvenuta. Milano accoglie, sa caricare a bordo persone e capacità di fare. Ai miei studenti dico sempre: dovete pensare che ognuno di voi è artefice di un pezzo». Si tratta di una missione intergenerazionale, oltre che interculturale: «mentre la mia generazione anela la pensione, non bisogna dimenticare tutto il dietro dei giovani che vorrebbero una rete di protezione. Nel ‘900 l’identità delle persone era chiara, io sono perché lavoro. Ora non sono sicuro che sia più così», dice Zanardi.

In questo senso la Milano Digital Week è anche un’occasione per contribuire al piano Milano 2020 di ricostruzione della città. «Anche qui ognuno può portare il suo contributo. È una grande assemblea per confrontarsi su come combinare la tecnologia e gli habitat ambientali, per riflettere su quale tipo di turismo vogliamo supportare, che tipo di industria, che in parte ha già un ruolo nel sistema e si mette a discutere. Il digitale dà tempi molto più stretti. Questo a me piace molto e rende il dibattito ancora più rilevante. Ciascuno deve portare il suo contributo».

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