E così, alla fine, il vero incontro “politico” degli Stati Generali dell’Economia c’è stato. Non con l’opposizione di Salvini, Meloni e colleghi, che hanno disertato l’appuntamento. Ma con la nuova opposizione del presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che si è presentato a Villa Pamphilj con tanto di mascherina con il logo degli industriali. E, come lasciavano intendere le critiche della vigilia, non è stato certo un incontro di cortesia.
Le richieste avanzate al tavolo del governo dagli industriali le sintetizza subito Bonomi su Twitter appena concluso il vertice. «L’impegno contro una nuova dolorosa recessione può avere successo solo se non nascondiamo colpe ed errori commessi da tutti negli ultimi 25 anni. Ora si onorino i contratti/debiti verso le imprese», scrive. E poi l’accusa alle politiche messe in atto finora dal governo: «La cassa integrazione è stata anticipata in vasta misura dalle imprese e così sarà per le ulteriori 4 settimane. Gravi ritardi anche per le procedure annunciate a sostegno della liquidità. Le misure economiche italiane si sono rivelate più problematiche di quelle europee». Critiche sul fisco: «Non possiamo operare restando in attesa per oltre 60 mesi in media della regolazione da parte dello Stato dei crediti Iva alle imprese, quando nei Paesi concorrenti europei avviene in meno di 6 mesi». E poi l’affondo finale: «Confindustria non crede in uno Stato cattivo contrapposto al privato buono. Ciò che chiediamo è una democrazia moderna con istituzioni efficienti e funzionanti, cioè con una Pa “buona”, come già indicato e chiesto da Governatore di Bankitalia». Con in più una richiesta diretta al governo: «Chiedo immediato rispetto per la sentenza della magistratura che impone restituzione di 3,4 miliardi di euro di accise energia, impropriamente pagate dalle imprese e trattenute dallo Stato nonostante la sentenza della Corte di Cassazione che ne impone la restituzione».
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in conferenza stampa ha risposto alla richiesta in modo piccato: «Qui voliamo più alto, oggi il tema è il rilancio del Paese. Questa è una questione di dare e avere che i nostri uffici risolveranno». Ma il discorso tenuto dal premier a porte chiuse non è stato da meno. Le dieci pagine del documento “Progettiamo il rilancio” erano rivolte a tutti i rappresentanti dell’industria presenti in sala, ma molti passaggi sono apparsi un chiaro messaggio a Bonomi. Una a una, il premier ha risposto alle critiche sferzanti partite all’indirizzo del governo ancora prima che la nomina dell’ex capo di Assolombarda alla guida di Confindustria venisse ufficializzata, continuate poi in ogni fase della pandemia.
Conte ha elencato quanto fatto in questi mesi, ben conoscendo il giudizio contrapposto di Bonomi. «Era impensabile», si è difeso Conte, che «tutte queste misure da adottare nel ciclo di qualche settimana o addirittura dei giorni, potessero dispiegarsi a terra di punto in bianco. Quasi che potessimo confezionarle per mesi avendo pure la possibilità di sistemare preventivamente il quadro burocratico del Paese». Quindi, ha continuato il premier, «è chiaro che delle criticità si sono rivelate e, come sapete bene, anche sulla prospettiva della liquidità non è sufficiente disegnare un modello normativo pensando che possa conformarsi all’unisono in maniera perfetta. Facciamo ammenda per eventuali carenze che si stanno dimostrando e abbiamo l’umiltà di ammettere ritardi ed errori. Fermo restando che certo non possiamo essere chiamati a rispondere di carenze strutturali che il sistema Italia si porta dietro da circa 20 anni».
Al tavolo del presidente del Consiglio, Bonomi ha portato quello che ha definito il suo piano per il rilancio, contenuto nel libro “Italia 2030. Proposte per lo sviluppo”, curato dall’economista Marcello Messori ed edito da La Nave di Teseo, che sarà presentato il 18 giugno. Scritto prima della pandemia e poi aggiornato alla luce della crisi Covid, è una raccolta di analisi firmate da dieci autorevoli professor, con la prefazione scritta dallo stesso Bonomi. Dove si trovano, condensate, tutte le critiche del capo degli industriali verso il governo conclusesi poi con la dichiarazione tagliente della «politica che rischia di fare più danni del virus».
Nella prefazione al libro, anticipata da Askanews, Bonomi mette in fila gli errori dell’esecutivo. Rinfaccia a Palazzo Chigi di non aver ascoltato le esigenze delle imprese nella decisione sulle misure anti-Covid. Definisce «impensabile» l’accumulazione di «nuove forme di cassa integrazione». E critica duramente la fase tre: «È mancata finora una qualunque visione sulla Fase 3, da far seguire a chiusure e riaperture».
Parole che alla vigilia dell’incontro avevano irritato (e non poco) Conte, che in un’intervista a FanPage aveva commentato: «Mi dicono che quando c’è un nuovo insediamento c’è una certa ansia da prestazione politica. Io dal dottor Bonomi e da tutti gli associati mi aspetto un’ansia da prestazione imprenditoriale, è questo il loro scopo».
E a Villa Pamphilj il premier s’è voluto togliere più di un sassolino dalla scarpa. «Sembra che qualcuno pensi che questo governo abbia un pregiudizio nei confronti della libera iniziativa economica», ha detto Conte, riferendosi al «sentimento anti-industriale» più volte evocato da Bonomi. «Non c’è alcun pregiudizio», risponde il premier. «Per noi l’impresa è un pilastro della nostra società. Possiamo avere diversità di opinioni, ci mancherebbe che intorno a un tavolo del genere con tante sensibilità dovessimo pensarla tutti allo stesso modo, ma qui non c’è nessuna remora culturale, nessun pregiudizio ideologico».
Quanto alle accuse rivolte da Bonomi sulla presenza dello Stato nell’economia, anche qui Conte risponde: «Non abbiamo una concezione collettivista della produzione o statalista dell’economia. Non ci appartiene, non è nella filosofia della linea politica economica di questo governo e non accarezziamo neppure un modello cripto-dirigista in campo economico. Il nostro modello rimane quello classico, di uno Stato regolatore che però non è disattento rispetto ai meccanismi del mercato».
Per poi sfidare Bonomi sui contenuti del piano di rilancio: «Si può discutere sulle misure e non c’è dubbio che ci sia una costante attenzione del governo per il sostegno alle imprese. E in questo progetto che avete davanti voi troverete anche una misura che il dottor Bonomi ci voleva “rubare”: qui c’è il piano di transizione 4.0 ma c’è anche il nuovo piano di transizione impresa 4.0 plus, dedicato a chi vorrà volgere le sue attenzioni e innovare in modo ancora più spiccato».
Ma oltre alle stoccate c’è anche l’invito al dialogo: «Vogliamo avere un confronto ampio e costruttivo, vi chiediamo suggerimenti su queste proposte, valutazioni e critiche. Nei prossimi giorni vi preghiamo di farci pervenire delle osservazioni specifiche. Se volete, al di là degli appunti che ci farete pervenire, possiamo anche ritrovarci in presenza. Detto ciò, finito questo ciclo di incontri, inizieremo subito a lavorare con celerità: già dalla prossima settimana inizieremo a ricavare la versione finale».
Che si tratti dell’avvio di quel metodo della «democrazia negoziale» evocato da Bonomi nel suo libro non si sa. Mentre da Confindustria si correggono con la penna rossa e blu i 187 punti del piano del premier, lo scontro con gli industriali però resta aperto. Tanto da spingere Andrea Orlando, vicesegretario del Pd, a scrivere un tweet durissimo: «Se si facessero i campionati mondiali di luoghi comuni il presidente di Confindustria vincerebbe a mani basse».
In attesa di mettere mano al piano Conte, Bonomi, intanto, ha lasciato sul tavolo di Villa Pamphilj la sua “lista della spesa” per i fondi che arriveranno da Bruxelles. Meno tasse, con una riduzione del cuneo fiscale e una riforma del fisco «barocco e distorsivo»; più investimenti e riforme di lungo respiro, che non si esauriscano il giorno dopo. Con un utilizzo «rapido e massivo» delle risorse europee, da affiancare a un piano di riduzione del debito che, fa notare Bonomi, non viene neanche citato nel Def.
Ma se all’avvio degli Stati Generali il capo degli industriali si era detto deluso perché si sarebbe aspettato che «il governo presentasse un piano ben dettagliato, un cronoprogramma con gli effetti attesi, una tempistica, gli effetti sul Pil», neanche nel volume di Bonomi sembra esserci ancora traccia di date e scadenze. A quanto pare, così come Conte, anche Confindustria presenterà a settembre il suo piano di riforme. Fino ad allora, ci sarà tempo per mettere in piedi quella «grande alleanza pubblico-privato» auspicata da Bonomi nella prefazione a “Italia 2030”. C’è da dire che le premesse, almeno fino ad ora, non sono confortanti.