L’incontro tra Rutte e MacronFrancia e Paesi Bassi negoziano sul Recovery fund, ma l’accordo è ancora lontano

Ieri il presidente francese e il primo ministro olandese hanno provato a fare un piccolo passo in avanti nella trattativa sul fondo di 750 miliardi per affrontare la crisi causata dal coronavirus, ma i progressi sono stati pochi. Ecco perché, come ammesso dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il Consiglio europeo del 17 luglio non sarà decisivo e ci vorrà un nuovo incontro

FRANCOIS GUILLOT / AFP

Il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro olandese Mark Rutte si sono incontrati ieri all’Aia per discutere del Recovery fund, il piano di rilancio europeo da 750 miliardi di euro proposto da Francia e Germania e fatto proprio in larga parte dalla Commissione europea. 

Il vertice fa parte dei tanti incontri preparatori del prossimo Consiglio europeo del 17 luglio, quando i 27 Stati membri si incontreranno per provare a trovare un (improbabile) accordo sul dossier. Secondo quanto riporta David Carretta, corrispondente a Bruxelles per Radio Radicale e per il Foglio, martedì pomeriggio la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha spiegato che difficilmente si troverà un accordo in quella data, e che sarà necessaria una nuova riunione tra tutti i capi di governo.

Un’eventualità che non piace all’Eliseo, come riporta il settimanale francese Le Journal du Dimanche, che cita un virgolettato di un consigliere di Macron: «Se non ci sarà unanimità il 17 luglio la delusione provocherà ancora più tensione» tra gli Stati europei. 

Insomma, l’incontro tra Macron e Rutte non è stato risolutivo, come prevedibile, ma è uno dei tanti piccoli passi necessari per provare a raggiungere un compromesso «molto difficile, molto complesso», come ha detto Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, dopo l’ultima riunione virtuale dei capi di Stato, il 19 giugno.

Il presidente francese è in questo momento il portavoce dei paesi del Sud Europa, che sarebbero i beneficiari del Recovery fund e dei trasferimenti, di fatto, da Stati più ricchi a Paesi in difficoltà.

D’altro canto, Macron stesso è protagonista interessato: nel 2020 il debito pubblico francese supererà ampiamente il 100% del Pil («senza dubbio oltre il 115%», ha detto il ministro del Budget, Gérald Darmanin), e dunque i fondi messi a disposizione dalla Commissione europea per sostenere gli investimenti sono benvenuti. 

L’aumento della spesa pubblica servirà a finanziare i circa 58 miliardi di euro che lo Stato francese stanzierà per far fronte alla crisi economica causata dal coronavirus (all’interno di un pacchetto di 463 miliardi di euro che comprende anche prestiti e rinvio di scadenze fiscali). 

Per il presidente francese la questione non è soltanto economica, ma anche politica: Macron ha basato parte dei suoi sforzi diplomatici in campo europeo per convincere gli Stati più refrattari ad aumentare la cooperazione in campo fiscale e di politica industriale, un eventuale accordo sul piano di rilancio da 750 miliardi rappresenterebbe quindi una vittoria per Parigi.

La posizione di Mark Rutte è però molto distante, non soltanto sull’ammontare della cifra, considerata troppo alta, ma anche sul modo di erogazione, sbilanciata sugli aiuti rispetto ai prestiti. I Paesi Bassi, insieme ad Austria, Danimarca e Svezia, vorrebbe inoltre condizioni più stringenti per ottenere i fondi e un programma dettagliato su come gli Stati che li riceveranno intenderanno spenderli. 

I rapporti tra i due Stati sono buoni, come dimostra l’intesa trovata in poche settimane per salvare la compagnia aerea franco-olandese Air France-KLM, che riceverà un prestito di 7 miliardi da Parigi e tra i 2 e i 4 da L’Aia nonostante le tensioni ricorrenti tra i sindacati che rappresentano i lavoratori delle due filiali. 

I partiti dei due capi di Stato e di governo fanno anche parte dello stesso gruppo europeo, Renew europe, senza che però questo li abbia aiutati nel negoziato, almeno finora: non conta l’appartenenza partigiana, ma quella nazionale.

Mentre Emmanuel Macron incontrava Mark Rutte, Luigi Di Maio riceveva a Roma Stef Blok, suo omologo olandese per parlare, tra le altre cose, del piano di rilancio europeo. 

Dalla Farnesina spiegano che l’incontro è stato cordiale, e ritengono che la posizione olandese si stia ammorbidendo: Blok ha scelto l’Italia come primo paese per una missione all’estero dopo la riapertura delle frontiere (ha già incontrato all’Aia il ministro degli Esteri tedesco e la ministra degli Affari europei francese), e non ha tenuto una posizione di chiusura.

Certo, ammettono dal ministero degli Esteri, bisogna capire se alle parole seguirà una reale volontà di trovare un accordo. Anche perché subito dopo Blok ha avuto un colloquio con il ministro degli Affari europei Enzo Amendola e ha ribadito che per arrivare a un’intesa bisogna prima garantire che gli accordi prevedano «un’economia competitiva e sostenibilità delle finanze pubbliche». Non proprio un’apertura. Lo stesso Amendola il 20 giugno aveva ammesso la difficoltà del negoziato in un’intervista al Corriere della Sera: «Non nascondo che persistono ancora interessi differenti su bilancio e Fondo per la ripresa».

X