Rule of (Eu) lawLa proposta di PiùEuropa per sanzionare gli Stati che violano i valori fondamentali dell’Unione

Nei trattati comunitari non ci sono strumenti efficaci per togliere i benefici economici e il godimento dei diritti per i Paesi membri come Ungheria o Polonia che infrangono i princìpi europei

Nel settantesimo anniversario della “Dichiarazione Schuman”, che il 9 maggio 1950 segnò l’avvio del processo comunitario, PiùEuropa ha lanciato cinque petizioni federaliste, perché l’Ue avanzi nel processo di integrazione politica e economica, e un disegno di legge per far diventare Festa nazionale in Italia la Giornata dell’Europa, fissata proprio il 9 maggio. Questa settimana presentiamo la petizione  per salvaguardare la democrazia e lo stato di diritto nell’Ue, sanzionando le violazioni di cui si rendono responsabili alcuni Paesi membri.

Se è possibile per uno stato membro uscire dall’Unione europea non è possibile per gli altri espellerlo, neppure in caso di palese violazione dei principi fondamentali dell’Unione europea. Da un certo punto di vista l’espulsione rischierebbe di diventare un istituto discriminatorio, più che un’extrema ratio di garanzia dell’Unione e non ci si può troppo dolere che non sia stata prevista tra le “armi” a disposizione di maggioranze contro minoranze di stati membri.

Però l’assenza di meccanismi alternativi fa pensare che, nella stagione dell’allargamento, ci sia stata una eccessiva fiducia nella natura irreversibile della convergenza dei “nuovi” membri dell’Ue a standard di libertà e democrazia politica.

Il caso ungherese, da questo punto di vista, tiene banco da anni e dimostra la trappola che si apre quando un Paese deroghi apertamente ai principi dello Stato di diritto in materia di libertà di parola, divisione dei poteri, salvaguardia della libertà politiche, senza che le istituzioni Ue possano né intervenire direttamente per ripristinare i diritti fondamentali, né sanzionare la violazione. 

In teoria l’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea prevede una procedura sia per denunciare sia, in seguito, per accertare e sanzionare una grave violazione dei valori fondamentali dell’Ue, ma prevede maggioranze politiche in seno al Consiglio – i quattro quinti dei Paesi membri per la “denuncia”, l’unanimità per la “condanna” – che rendono di fatto impraticabile una strada che era stata pensata, da un certo punto di vista, proprio per non dovere essere mai percorsa. 

Così alla sospensione di «alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio», pure prevista dall’articolo 7 non sarà di fatto mai possibile arrivare.

È sufficiente che due stati membri, come sta avvenendo con Polonia e Ungheria, si sostengano reciprocamente coprendo in seno al Consiglio le rispettive violazioni dei diritti fondamentali, per paralizzare l’Ue e lasciarla alla mercè dei suoi dichiarati nemici interni. 

Partendo da questa constatazione, PiùEuropa ha lanciato una petizione, che prende le mosse da una proposta che prevede una modifica dei meccanismi di autotutela politica dell’Unione europea.

La prima forma di intervento, che è la più semplice, ma è ovviamente la più complicata da realizzare, è la modifica del paragrafo 2 dell’articolo 7  del Trattato sull’Unione europea, di modo che non sia più prevista l’unanimità ai fini della costatazione della esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di libertà, democrazia e rispetto dello Stato di diritto menzionati nell’art. 2 del Trattato.

La seconda via, non necessariamente alternativa, è rappresentata da un uso della giurisdizione della Corte di Giustizia, cui si è spesso rivolta la Commissione europea – con la procedura di infrazione di cui all’art. 258 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) – denunciando alcuni Stati Membri per violazione del “principio di leale cooperazione” (oggi presente all’art. 4.3 TUE), che impone a tutti i Paesi di adottare «ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione».

La Corte di Giustizia ha già assunto in passato decisioni importanti rispetto a leggi che violano principi politici fondamentali dell’Unione (come il rifiuto dell’Ungheria di accogliere migranti e il tentativo in Polonia di imporre controllo politico la magistratura).

La terza richiesta è che siano immediatamente approvati il “Regolamento sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri” proposto dalla Commissione e il “Meccanismo globale, obiettivo e permanente per monitorare, proteggere e migliorare la democrazia, i diritti fondamentali e lo Stato di diritto in tutti gli Stati membri” proposto dal Parlamento Europeo.

L’obiettivo è quello di escludere i Paesi responsabili delle violazioni dei principi di diritto dal godimento di benefici economici legati all’appartenenza al mercato comune o direttamente all’Unione europea, visto che tutti i paesi più recalcitranti a rispettare i valori dell’Ue sono beneficiari netti del bilancio comune.

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