In epoca di pandemia anche la raccolta differenziata è cambiata. Dallo scorso marzo l’Istituto Superiore di Sanità ha previsto alcune regole speciali per il trattamento dei rifiuti dei positivi al Covid-19, al fine di preservare dal contagio i lavoratori del settore. Regole come gettare tutto nell’indifferenziata, chiudere i sacchetti uno dentro l’altro e fare attenzione al trattamento dei fazzoletti di carta sono diventate quasi la prassi per molti italiani al tempo del coronavirus.
La raccolta differenziata rimane una questione centrale in un Paese che dal 2006 al 2016 ha visto crescere il volume di materiali riciclati da 78 a 106 milioni di tonnellate, secondo il rapporto “L’Italia del riciclo 2019”. Dati che evidenziano il buon lavoro svolto negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda gli imballaggi di plastica, i più tossici per l’ambiente, di cui nel 2019 è stato recuperato più del 90 per cento, secondo i dati che Corepla ha diffuso in occasione dell’Earth Day 2020. Un beneficio incredibile per l’economia circolare, perché ha permesso di riutilizzare 2082 tonnellate di materiale plastico.
Di plastica e non solo si occupa la Revet SpA, azienda toscana leader nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti. «Ci occupiamo di preparare e selezionare per il riciclo plastica, vetro, acciaio, alluminio e tetrapak per un totale di 180mila tonnellate l’anno. Né noi né le aziende che fanno parte delle nostre filiere abbiamo smesso di lavorare durante la pandemia: infatti i nostri 200 dipendenti hanno continuato il loro lavoro, rispettando regole come il distanziamento sociale e igienizzando gli strumenti di lavoro», spiega Diego Barsotti, responsabile comunicazione della società.
Il tema ambientale rimane al centro delle preoccupazioni della Revet. «A maggio sarà inevitabile un aumento del volume di imballaggi trattati a causa del maggiore delivery, così come è probabile che aumenti anche il volume del vetro, calato nell’ultimo periodo per la chiusura di ristoranti e pizzerie». L’attenzione maggiore però è riservata ad altri rifiuti. «È inevitabile un aumento dei volumi delle plastiche non riciclabili, come quelli utilizzati per mascherine e guanti. È un dramma se finissero nella raccolta differenziata e sarà necessario per loro prevedere un adeguato smaltimento», spiegano.
Il coronavirus non ha fermato i piani dell’azienda. «Il piano industriale dell’azienda è quello di investire 42 milioni di euro nei prossimi tre anni, raddoppiando la linea del riciclo che significa triplicare la capacità produttiva e quindi trattare molto più materiale. Per questa ragione abbiamo colto la possibilità di revisionare le nostre macchine sospendendo la produzione del granulo, un prodotto ottenuto dal plasmix, un derivato della plastica usato per gli imballaggi. Uno stop reso possibile anche dal prezzo basso del petrolio, che rende sconveniente il trattamento della plastica».
*In collaborazione con il Forum Compraverde – Buygreen