Mister TvStartup Economy è la trasmissione che ci voleva per illuminare il mondo dell’innovazione

Condotto da Carlo Massarini e Francesco Sacco, il programma esplora l’universo delle aziende che, con le loro idee, ridisegnano il futuro. Una maniera semplice e accogliente per svecchiare il palinsesto e aprire le porte al mondo che verrà

Il successo dell’innovazione dipende anche da come la si racconta. E in questo senso, uno dei maestri è Carlo Massarini.

La sua ultima creatura, realizzata insieme a Francesco Sacco, docente di Digital Economy all’Università dell’Insubria e alla SDA Bocconi, è la trasmissione “Startup Economy”, da maggio in onda su La7 la domenica, dalle 14:00.

Ormai si può dire: ha inventato una formula nuova per esplorare una realtà in continua ebollizione, quello delle idee che vogliono cambiare il mondo.

Il risultato è un programma accogliente, che riesce a raccontare con chiarezza e semplicità – senza nulla concedere al banale che tiranneggia in televisione – le aziende innovative più interessanti, esplorando le idee che disegneranno (chissà) il futuro ma senza dimenticare il lato economico, quello del mercato.

Sarà merito, come sostiene lo stesso Massarini, anche dell’esperienza acquisita sul campo di Rai Educational, dove ha condotto dal 1995 al 2002 “MediaMente”, uno dei primi format che raccontava la tecnologia.

Ma “Startup Economy” è un caso di buona divulgazione, che affronta argomenti spesso ostici, ma li rende comprensibili senza banalizzare.

«Siamo partiti pensando a un pubblico già informato, e via via abbiamo allargato», spiega Massarini a Linkiesta. E così, per accompagnare i numerosi collegamenti con gli imprenditori/ricercatori (gli startupper, per capirsi) «abbiamo deciso di inserire la nostra “Wiki”, cioè la spiegazione scritta delle parole e dei concetti a nostro avviso più difficili», una tecnica non invasiva che permette a tutti di seguire il filo, imparare nuovi concetti e capire come sta cambiando il mondo.

La selezione è accurata, «ed è stata anche il bello della preparazione del programma: cercare nomi nuovi, idee nuove, da raccontare», incastonata in uno schema efficace. «Puntate tematiche, che si aprono con personaggi originali, non il classico “tecnocrate”, con cui cerchiamo di dare un taglio diverso all’argomento».

Il primo è stato Luciano Floridi, ordinario di filosofia e dell’etica dell’informazione presso l’Oxford Internet Institute dell’Università di Oxford.

Ma sono intervenuti anche lo scienziato e imprenditore Riccardo Sabatini, o il trombettista Paolo Fresu (che confessa di sentirsi già da tempo “musicista virtuale”), o il professor Mario Calderini, della School of Management del Politecnico di Milano, «con cui abbiamo parlato del Sociale», introducendo temi e idee per l’invenzione e lo sviluppo di nuovi prodotti per risolvere problemi specifici, «come l’utilizzo di un sistema di messaggistica per sordi, o le sedie a rotelle elettriche, ricaricabili».

Tutti incontri che, per necessità televisive, «abbiamo dovuto tagliare del 50%». Ma c’è una buona notizia: presto saranno caricate, in forma intera, sul sito della trasmissione (ancora in fieri), e di sicuro si potranno vedere in autunno.

Insomma, “Startup Economy” è una garbata lezione di creatività, inventiva, fantasia, «anche se non è detto che queste idee diventeranno per forza grandi successi: per questo si devono avverare altre condizioni, che riguardano il mercato, il management, i competitor», cioè tutto l’altro aspetto – quello economico – dell’innovazione.

Purtroppo, nota, «non sempre il secondo sorregge il primo». Soprattutto in Italia, dove il ritardo tecnologico è un problema strutturale e di mentalità. «Per comprendere appieno le potenzialità di internet – e non le abbiamo nemmeno sviluppate tutte – è servito svuotare scuole e uffici, fare stare tutti a casa, e scoprire la rete».

Il classico incidente necessario. «Ma la questione rimane: noi cerchiamo di raccontare e dare voce a un settore che ha enormi potenzialità, che davvero potrà aiutarci a stare al passo con i grandi, ma in Italia, per capirsi, manca ancora una banda larga in tutto il Paese», con tutte le conseguenze importanti in termini di sviluppo, di collegamenti e di business.

Ma prima o poi le cose cambieranno, forse anche grazie a programmi come questo.

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