La cifra del nostro tempoDel concetto di continenza e del perché Camilleri non fa rima con carabinieri (di Piacenza)

Il libro postumo dello scrittore siciliano ha fatto più di centomila copie in tre giorni. Ma, a differenza di altri, lui non sarebbe mai scaduto nella penosa condivisione delle foto delle classifiche sui social. Cosa che invece si apprestavano a fare i militari arrestati per il racket in Emilia, immortalandosi con il loro bottino. Più fessi di così

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Qual è il legame tra il Montalbano postumo e i carabinieri che gestivano un giro di spaccio a Piacenza? Temo sia solo nella mia testa, se sarete così gentili da seguirmi in questa visita guidata proverò a illustrarvelo.

Ieri sono arrivati agli abbonati al servizio i dati Gfk: i rilevamenti delle vendite dei libri relative alla settimana precedente, quelli che dicono agli editori se l’anticipo che vi hanno dato era un buon investimento (quasi mai) o se ancora una volta non si arricchiranno col vostro capolavoro letterario.

Riccardino, il Montalbano postumo, è uscito giovedì della scorsa settimana, quindi i Gfk registrano il venduto di tre giorni. In tre giorni, nelle sue due edizioni (quella definitiva e la prima stesura, fatta uscire per deliziare i collezionisti e mungere gli incassi), l’ultimo Camilleri ha superato le centomila copie.

E io non riuscivo a mettere a fuoco un pensiero che suonava più o meno come: che fortuna essere morti. Poi ho capito. Quel che intendevo era: che fortuna, da ancora vivi, essere stati troppo vecchi per farsi le foto col cellulare e pigolare sui social. Camilleri non l’ha mai fatto, quindi andava bene anche vivo: non l’avrebbe fatto neanche questa volta.

Neanche questa volta sarebbe stato un fotografatore di classifiche, un declamatore in diretta Facebook di recensioni lasciate su Amazon dai lettori, un vanesio da social che con un trentacinquesimo delle copie fa quella cosa che a Roma si chiama «sentirsela calda».

Che disastro, non essere quindicenni da balletti su Tik Tok ma non essere abbastanza venerati maestri da schifare la promozione di sé, essere convinti di doverci essere, di dover promuovere la propria rutilante personalità e già che ci siamo anche il proprio volume, che disastro essere un maschio nell’età di mezzo con un telefono connesso al mondo.

Ieri su tutti i giornali c’erano i carabinieri di Piacenza, e sulla foto in cui avevano in mano le banconote si possono fare due riflessioni.

La seconda la lascio ad altri, ed è quella sui diritti dell’imputato a non venire sputtanato in ogni dove, diritti di cui l’accusa si ricorda solo quando gli imputati sono delle forze dell’ordine: mai viste, prima di ieri, foto in cui le facce degli accusati venissero schermate, invece che esposte al pubblico ludibrio.

La prima è quella sull’esistenza della foto. Gli articoli raccontavano che è stata recuperata dai telefoni degli accusati: proviamo a pensare a cosa diamine sia successo ai nostri cervelli nell’era di Facebook. Degli uomini adulti (con l’aggravante d’essere militari) mettono su un giro criminale e cosa pensano bene di fare? D’immortalarsi col bottino.

Nessuno ci ha detto se si fossero anche postati in qualche gruppo social di quelli cui sono iscritti soltanto tremila dei tuoi più intimi amici, di quelli dai quali gli adulti pretendono riservatezza e s’indignano se non la ottengono. (Se questo film lo sceneggiassi io, le indagini sarebbero partite perché una del gruppo, offesa perché nessuno di loro le metteva mai like, ne ha denunciato le malefatte).

Nessuno ce l’ha detto, ma io scommetto di sì, perché l’uomo adulto non si fa una foto se non per condividerla, l’uomo adulto col cervello liquefatto dall’essere diventato adulto nell’età di mezzo tra non avere l’internet e avercela non concepisce di tenere per sé un pensiero, un’immagine, un ricordo. Cosa devi farci, se non la posti? Mica esistono più gli album in cui incollare le foto. Mica le stampi e le attacchi al frigo.

Quindi questi quattro pirla (nessuno si senta offeso) si fotografano col bottino; non hanno la vocazione da Scarface quindi nei mazzi di banconote che tengono in mano si vedono tagli da 5 euro, roba che nessun regista serio farebbe passare; si fotografano col bottino perché non ci possono credere loro stessi, a quanto sono Al Capone; si fotografano col bottino perché se un albero cade nella foresta o una mazzetta di banconote finisce in tasca a uno a stipendio fisso e nessuno lo sa è come se non fosse mai accaduto; si fotografano col bottino perché sì.

Perché non hanno continenza, che pubblichino un libro o organizzino un racket.

Sono stretti parenti dei politici che mandano vocali compromettenti a chiunque, tutto il giorno, tutti i giorni, e ognuno di quelli cui li mandano li inoltra sghignazzando a decine di persone, e la più grande inspiegabilità statistica mai occorsa è che gli unici usciti sui giornali siano un paio di vocali di Rocco Casalino, che come tutti non ha continenza e come tutti non si rende conto della prima legge che regolamenta il tempo in cui abitiamo: tutto ciò che è inoltrabile verrà inoltrato.

È tuttavia altrettanto inspiegabile che nessuno di costoro abbia un amico, un cugino, un qualcuno che dica loro «non usare con tanta disinvoltura il telefono, non fotografare corpi del reato, non lasciare in telefoni altrui registrazioni che non vorresti venissero riprodotte in mondovisione».

O forse gliel’hanno detto, ma è una patologia: una volta che dai a un adulto un telefono connesso al resto dell’universo, egli lo utilizzerà per sputtanarsi. A meno che l’adulto non sia di sufficiente spessore umano e antichità anagrafica da avere in uggia l’internet e le sue sconfinate praterie di pubblico.

In Succession, non potendo citare l’aborigeno di Guzzanti, un personaggio citava Thoreau: «Credo avesse detto del telegrafo “Il Maine può parlare col Texas, ma se poi non hanno niente da dirsi?”: dovrebbero inciderlo sul bordo di ogni iPhone del mondo».

In alternativa, inciderci «Non immortalare sempre proprio tutto, sennò fai la fine di Anthony Weiner». Se non ve lo ricordate, era quel politico americano che s’è stroncato la carriera a furia di fotografarsi l’uccello e mandare i reperti in giro. Che comunque è più dignitoso che fotografare le classifiche dei libri in cui sei finito vendendo meno di quanto ti servirebbe a rientrare dell’anticipo. Almeno è un bottino che non hai rapinato.