Rocco e il suo anelloCasalino, la mille euro e la stangata alla vaccinara

Cubano che sta col portavoce del Presidente del Consiglio percepisce indennità di disoccupazione e se la gioca in Borsa fornendo gli scontrini dei croccantini. La realtà supera la commedia all’italiana

Alberto PIZZOLI / AFP

«È Shakespeare? È Pirandello? È un Sordi a cui manca solo un “Li mortacci!”, un “Pussa via!”, e una “s” di più, “Chi ssei tu?”». (Tatti Sanguineti sul processo Fenaroli, in Il cervello di Alberto Sordi – Rodolfo Sonego e il suo cinema) 

L’inizio tradisce ogni direttiva di Mike Nichols, ogni regola sulla prima scena che deve dirti quale sia la chiave del racconto. L’inizio è una prima pagina di tabloid. La verità (che ineleganza, tocca citare La verità) titola: «L’Antiriciclaggio indaga sulle puntate on line del fidanzato di Rocco Casalino». 

È sabato, e l’articolo è in antilingua calviniana (sì, insomma: sembra un verbale dei carabinieri). 

I due dettagli più interessanti che contiene sono: José Carlos Alvarez Aguila (il quale nel titolo non aveva dignità di nome ma, non essendo una donna, ciò non ha suscitato alcuna indignazione sui social) pagava le speculazioni con una carta prepagata (come le mogli d’una volta cui i mariti accorti limitavano il fondo spese); Rocco Casalino è residente a Ceglie Messapica. 

Il nome era così da film di Monicelli che ho controllato se esistesse davvero: comune in provincia di Brindisi con meno di ventimila abitanti, ha una commissaria prefettizia al posto del sindaco (ma quindi si può, ma quindi perché a Roma no), è noto alle cronache perché un paio di settimane fa Fabio Volo ha fatto la spesa in un supermercato locale e perché lo scorso ottobre è stato proprio lì che si è tenuta la pubblica intervista d’un direttore di giornale a Giuseppe Conte (la scelta del luogo è stata certamente meritocratica). 

La notizia era interessante, il fidanzato di Casalino (che Casalino ha presentato a Mattarella all’epoca del giuramento del primo governo Conte, ci ricorda La verità, ed è lì che s’inizia a intravedere un prologo, un flashback, un qualcosa che trasformi la notizia in un soggetto cinematografico) scommette in Borsa non si capisce con quali soldi. Ma è uno spunto flebile. La parte migliore – i soldi che José avrebbe chiesto in prestito per aprire un sushi bar – non si può usare, stava già nel film scritto da Zalone e Virzì, la vita imita l’arte e al secondo giro diventa riciclaggio. 

Poi ieri, domenica, di botto arriva l’intero soggetto, chiaramente scritto da Sonego. Arriva la commedia all’italiana d’una volta; di quelle che, quando nelle cene tra sceneggiatori si fantastica di scriverne una, c’è sempre qualcuno che chiede eh ma poi a chi la fai fare, ce l’abbiamo un Sordi, De Luigi è troppo belloccio, ci serve una maschera, ma quel dettaglio lì non sarà esagerato, ma nel terzo atto serve la redenzione, e finisce che qualcuno ha portato una bottiglia di limoncello, lo si finisce e il film non si farà mai. 

«In confidenza ti dico che un soggetto simile così è sprecato» (lettera a Sonego della fidanzata, 1949). 

Interno giorno. Una casa romana normale, un cronista (del Corriere) determinato a descriverla come straordinaria. «Un’enorme tv modernissima» (accipicchia, invece che l’abituale Brionvega a tubo catodico nelle case degli italiani); «casse di Coca Cola» (sarà product placement? A settembre sono vent’anni dal primo Grande Fratello, quello che portò Rocco da Ceglie a Roma: qualche multinazionale sarà stata abbastanza furba da contattare gli ex concorrenti); «in mezzo al soggiorno, la cuccia del cagnolino, Lucky» (abbiamo anche il ricatto morale massimo: se ce l’avete coi Casalino, non siete amici degli animali); «due quadri, niente male, dipinti dallo stesso Casalino» (il Leonardo Da Vinci che ci meritiamo: non c’è proprio nulla che non sappia fare, ’sto ragazzo). 

Il Corriere è abbastanza indeciso circa lo stato della coppia. Nel titolo José è «ex», nell’incipit è «amico», cinque righe sotto quella è «la loro casa», venti righe dopo «vivono ancora insieme ma sono in crisi da molti mesi. Casalino mostra la mano, senza fede». (Forse la prima scena è questa. Il segno bianco della fede tolta sulla mano abbronzata. Rodolfo, tu che dici?). 

Nella mia testa sta già diventando un film sulle coppie devastate dalla quarantena, sono in crisi ma non possono lasciarsi, e poi lo dice anche il Corriere che le speculazioni in Borsa dipendono da quello, «Arriva il lockdown. Il giovane Alvarez si annoia e smanetta su Internet» (il giovane ha 31 anni, nota a margine). 

È chiaramente un film matrimoniale con moglie annoiata a casa e marito in carriera, e Casalino non so proprio chi possa farlo se non Sordi: «Mentre Casalino è a palazzo Chigi, Alvarez investe» (una volta noi massaie annoiate commerciavamo in belletti). 

Bisognerà trovare, in questa pellicola, un ruolo da guest star per Maria Elena Boschi, che ieri twittava che lei è garantista, mica come loro che sputtanano i parenti altrui indagati (lo twitta ogni volta che qualcuno di qualche altro partito ha un qualsivoglia parente indagato, è la sua cifra stilistica, è la scena sulla spiaggia di In nome del popolo italiano ma in 280 caratteri). 

«José mentre parla s’infervora. Dice qualche parola di troppo e Casalino lo placa: “Amo’, non ti fare querelare”». «Amo’, non ti fare querelare» potrebbe essere il «mammetta» prestato da Sordi alla Valeri, sento che il film sta prendendo forma. (Sempre ieri, domenica, Libero – che ineleganza, tocca citare Libero – riferisce che Mondadori darebbe centomila euro d’anticipo a Casalino per le sue memorie, ma vai a sapere se ci sia da fidarsi: nel trafiletto, chiamano il presidente del consiglio «Antonio Conte»). 

Ci sono però delle contraddizioni, d’altra parte è un soggetto nella fase di prima stesura, va limato. Il marito attento che alla moglie spendacciona lasciava solo la prepagata è improvvisamente uno disinteressato ai bilanci famigliari: «Pensavo che i 25mila euro sul conto di José fossero ancora lì, tanto che gli avevo detto di usarli per le vacanze». 

Invece non c’erano, perché José traffica abbastanza da insospettire l’antiriciclaggio, movimenti di centocinquantamila euro; che però, ed è qui che si vede la mano di Sonego e l’età dell’oro del cinema italiano, Casalino spiega così: «Probabilmente il fatto che facesse avanti e indietro con la stessa mille euro crea quella movimentazione. Perché quando guadagnava mille la riportava sul conto, quando le perdeva le rimetteva. Ma era sempre la stessa mille euro che faceva avanti e indietro». 

Non distraetevi chiedendovi se l’intervistatore abbia obiettato a questa lunare ricostruzione (certo che no, avete mai visto un intervistatore italiano obiettare? Non s’interrompe un’emozione). Ammirate piuttosto il dettaglio di genio. Chiunque abbia avuto un’infanzia meridionale ha avuto la mille lire per il mottarello. La mille euro. È da questi particolari che si giudica un grande dialoghista. (Un grande dialoghista rende verosimile anche la fantascienza, roba tipo: cubano che sta col portavoce del presidente del consiglio percepisce indennità di disoccupazione italiana e se la gioca in Borsa). 

Nel terzo atto, invece di redimersi, José, che ha perso diciottomila euro scommettendo sul petrolio durante la più gran crisi degli ultimi non so quanti decenni, decide che il trading è il suo mestiere: «Ho comprato un corso da 500 euro, voglio imparare». 

È a quel punto che Sonego metterebbe un flashback finale. Quello dello scontrino delle crocchette. «[Alvarez] fa lavori in casa, fa la spesa e poi gli invia gli scontrini via Whatsapp. Eccoli sul cellulare: crocchette per il cane, 22,08 euro. Subito dopo, il bonifico». Nel flashback si vede Alvarez sottrarre scontrini alle massaie che fanno la spesa. Cresta sulla spesa dopo cresta sulla spesa, la dieci euro dopo la dieci euro, ecco che si arriva alla centocinquantamila euro. Magari lo vendiamo anche all’estero, La stangata alla vaccinara. 

«In realtà quasi quarant’anni dopo si scoprirà che dietro questa euforia del boom si celava l’antichissimo verminaio italico. Però intanto Sonego ci sguazza dentro». (Tatti Sanguineti, Il cervello di Alberto Sordi, Adelphi)

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