Fremdschämen a cinquestelleLa guerra sotterranea tra Conte e Di Maio è sempre meno sotterranea e sempre più surreale

Il ministro dice che Draghi gli ha fatto «un’ottima impressione» e che Merkel lo stima, il premier assicura di avere l’appoggio della Cancelliera e dichiara di aver trovato in lei «consapevolezza del momento storico»

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Se fossimo al Fatto quotidiano direi che due indizi fanno una prova. Trattandosi di grillini, sarei comunque tentato di dire che fanno almeno una scia chimica. Sta di fatto che nella giornata di ieri le dichiarazioni di Luigi Di Maio prima e quelle di Giuseppe Conte poi sui rispettivi rapporti internazionali sembravano parte di una competizione sempre meno sotterranea e sempre più surreale, specialmente considerando come, fino a non molto tempo fa, personalità come Mario Draghi o Angela Merkel venissero giudicate nel Movimento 5 stelle.

Comincia Di Maio, che in una lunga intervista al Foglio parla con nonchalance del suo incontro con Mario Draghi. E già qui, nel leggere le parole «Guardi è stato un incontro istituzionale come ne tengo molti altri», e «In qualità di ministro degli Esteri è naturale che io interloquisca e abbia un dialogo anche con l’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi» e «Non ci vedo nulla di strano», per chiunque abbia visto una qualsiasi versione cinematografica o televisiva di Orgoglio e pregiudizio, è impossibile non sentirle pronunciare con la voce di Mrs. Bennet mentre spiega agli amici di non avere alcun particolare interesse per quei presuntuosi dei Bingley o dei Darcy.

Ma il finale è oltre ogni opera letteraria, inattingibile persino per la penna di Jane Austen, con quel secco: «È stato un incontro cordiale e proficuo, mi ha fatto un’ottima impressione». Avete capito bene: Draghi. A Di Maio.

Come se non bastasse – evidentemente al ministro dev’essere sembrato che non bastasse – al suo personale giudizio sull’ex presidente della Bce ha voluto aggiungere quello della cancelliera tedesca su di lui: «Vi racconto uno scambio avuto con la cancelliera Angela Merkel durante la conferenza di Berlino quando, quasi nessuno lo sa, si è avvicinata e mi ha detto: “Io ho sentito parlare bene di lei Di Maio. Mi parlano bene del suo lavoro”».

Dove non si sa se fa più tenerezza quel «quasi nessuno lo sa» con cui prepara il pubblico al colpaccio o la sincerità – starei per dire il momento di lucidità – con cui lo commenta subito dopo: «Insomma, è stata una cosa che era difficile da immaginare nella mia vita». E pure nella nostra, onestamente.

Non starò adesso a rivangare cosa diceva Di Maio della Germania, della cancelliera Merkel e di tutti i politici italiani accusati di genuflettersi ai suoi piedi, se non per rivolgere un pensiero commosso ad Alessandro Di Battista (sono lontani quei momenti, in cui bastavano una Merkel o un Macron a provocare turbamenti, e i due giovani leader grillini se ne partivano in macchina alla volta di Strasburgo per minacciare di sfratto il Parlamento europeo, tuonando contro l’Europa dell’austerity e il franco coloniale).

C’è un tempo per ogni cosa, ed evidentemente questo è il tempo delle relazioni ad ampio raggio, che suscitano inevitabilmente diffidenze, rivalità e gelosie. Colpisce infatti che nella stessa giornata di ieri Conte, dal palco della conferenza stampa congiunta con Merkel, senta il bisogno di interromperla e riprendere la parola perché non aveva capito o si era dimenticato una domanda troppo importante per lasciarla cadere, e cioè se si senta o meno appoggiato dalla Germania.

E dunque, scandisce rivolgendosi direttamente a lei: «Lo posso dire pubblicamente in modo molto franco e sincero, tutte le volte che ho parlato con la cancelliera Merkel, anche in qualche passaggio in cui ci siamo ritrovati semmai con delle differenti posizioni, ho sempre trovato una grande sensibilità politica, grande capacità di visione strategica, ho sempre cioè trovato in Angela, e te lo dico pubblicamente, la consapevolezza del momento storico che stiamo vivendo».

È un vero peccato che in quel momento il volto della cancelliera non fosse inquadrato, perché doveva essere la migliore rappresentazione di quel concetto squisitamente tedesco che va sotto il nome di «fremdschämen», o «imbarazzo per altri».

Del resto, non possiamo sapere nemmeno che faccia abbia fatto Draghi leggendo sui giornali di avere fatto un’ottima impressione a Di Maio, sebbene secondo i bene informati trasparisse piuttosto chiaramente come rimuginasse tra sé quel detto squisitamente mitteleuropeo che recita: «Dicette ‘o ceceniello ‘nfaccia ‘o squalo: pur’io so’ pesce» («ciciniello» è il nome con cui in Campania si definiscono i bianchetti, pesci di piccola taglia che si cuociono in genere fritti in pastella).

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