Le sfide strategiche dell’ItaliaLa non visione del governo Conte, che cerca di sopravvivere a se stesso senza governare

L’obiettivo dell’esecutivo è rimanere in piedi per evitare il peggio. Con la fine dell’alleanza Partito democratico-Cinque stelle il premier scomparirebbe dalla scena politica, accompagnato dall’eclissi dei grillini e dalla vittoria dello schieramento di centro destra. Nel frattempo i veri interessi del paese sono del tutto trascurati

ANDREAS SOLARO / AFP

Nella fase più complicata della vita della Repubblica, il governo decide di sopravvivere a se stesso senza governare e senza mettere in atto alcuna scelta che possa metterne a rischio la durata, anche a danno dell’interesse del paese. La logica peraltro è coerente con la partenza del governo e gli interessi dei suoi sostenitori o almeno la maggior parte di essi. Il governo nasce “contro” e non “per”, come la maggior parte delle coalizioni di sinistra negli ultimi 30 anni.

Invece dello storico nemico Berlusconi, oggi il nemico è Salvini, ma la logica è sempre la stessa. Impedire un governo alternativo alla sinistra, indipendentemente dal fatto che la maggioranza del paese lo sostenga e senza alcuna considerazione per le scelte da fare nell’interesse del paese. Il vero unico obiettivo del governo Conte è sopravvivere a se stesso nella consapevolezza che cadendo si avrebbero i seguenti disastrosi risultati:

– Conte diventerebbe immediatamente un comune cittadino non più sconosciuto ma senza alcuna base di potere politico

– la quasi totalità dei parlamentari Cinque stelle tornerebbe nel totale anonimato (senza uno stipendio che è sempre circa 5-10 volte quello che prima di entrare in parlamento mediamente incassavano nella vita )

– il Partito democratico non avrebbe il pressoché totale monopolio delle nomine e delle scelte politiche pur con la sparuta minoranza dell’11% dei senatori (35 su 320)

– in caso di elezioni la vittoria dello schieramento di centro destra sarebbe molto probabile e quindi il presidente della repubblica non sarebbe di osservanza Partito democratico.

Tutte queste motivazioni sono il vero è unico collante della maggioranza di governo e le scelte di questi mesi ne sono la prova evidente. Per contro gli interessi del paese, quelli veri, quelli che dovrebbero orientare l’azione di un governo che in teoria dovrebbe lavorare a beneficio del paese intero, vengono del tutto trascurati. Gli esempi sono evidenti e sotto gli occhi di tutti, ma la stampa allineata sulle posizioni del governo non li evidenzia come sarebbe invece successo in modo molto forte laddove il governo fosse di altra matrice. Alcuni esempi eclatanti.

– Il Mes: è evidente come sia negli interessi italiani accedere a un prestito a tasso bassissimo. Qualsiasi condizionalità se anche esistesse, ed è tutto da dimostrare, potrebbe essere immediatamente evitata restituendo il prestito con apposita emissione di titoli di stato, gli stessi titoli che i sovranisti vorrebbero utilizzare da subito. Quindi non decidere sul Mes è solo una necessità di Conte per evitare di cadere sull’ostilità preconcetta dei Cinque stelle. Il danno è di 5 miliardi, ma il rimando a settembre è ormai evidente. Solo Emma Bonino porrà il problema a metà luglio e immagino si troverà un escamotage parlamentare per evitare il voto.

– Alitalia: è ovvio che non esiste alcuna possibilità di sopravvivenza nel nuovo mondo del trasporto aereo per Alitalia che non ha di fatto alcuna possibilità di competere nel lungo raggio. Nonostante questo il governo spreca 3 miliardi per evitare di riconoscere l’ovvio e gestirne le conseguenze, e cioè la gestione degli esuberi. Il risultato saranno esuberi di identica entità tra 3 anni, ma anche 3 miliardi persi per nulla.

– Ilva: Anche qui la soluzione evidente è impopolare sui social e quindi si rimanda. Ilva e Arcelor rappresentano l’unica soluzione per mantenere in vita un produttore siderurgico e evitare un massiccio import. Togliere immunità penale è stato l’ennesimo errore clamoroso e puramente ideologico dei Cinque stelle. Non si sa come uscirne e si rimanda. Il contratto con Arcelor era vincolante ed è stato sacrificato sulla base dell’ideologia. Il costo per lo stato (sempre e solo per l’ideologia) sarà elevatissimo probabilmente superiore a 1 miliardo. Anche qui il rimando della decisione serve a evitare il problema dello sfaldamento dei Cinque stelle sull’inevitabile epilogo.

– Semplificazioni: La bozza del decreto è un cumulato di regole più che nuove semplificazioni, che le persone esperte del tema hanno già duramente criticato. Sabino Cassese ha scritto parole durissime sul tema e ovviamente non è stato ne consultato ne ascoltato. L’impostazione ideologica di Partito democratico e Cinque stelle impedisce qualsiasi accettazione del principio del controllo a posteriori rispetto alla creazione di una moltitudine di enti e autorità che rappresentano un potentissimo bacino di clientelismo e di incarichi per burocrati “amici”. Un’occasione perduta. Sfido chiunque a identificare concretamente riduzioni del peso burocratico a valle del “poderoso” ( sono certo che Conte userà questo aggettivo per qualificare il decreto ) sforzo del governo. Per contro il centro studi Cottarelli ha identificato 1 settimana fa e senza lo staff (questo si poderoso) della presidenza del consiglio 93 iniziative di ottimo spessore che sarebbero immediatamente  attuabili

– Liquidità alle imprese: Il dato a 3 mesi dal decreto è imbarazzante. A parte i prestiti sotto i 25mila euro, le erogazioni sono tra 3 e 5 bn invece dei “poderosi” 400 miliardi della conferenza stampa del 6 aprile. Nessuna azione in merito.

– Piano Colao: Il piano con 104 iniziative giace senza alcun tipo di riscontro. Sembra proprio che il governo e Conte/Casalino abbiano subito il pressing di Mattarella in merito alla commissione e alla fine abbiano deciso di trascurarne completamente l’esito. L’enfasi giornalistica sulla commissione e il nulla assoluto che ne è conseguito sono la rappresentazione plastica della capacità del governo di gestire gli annunci e l’incapacità assoluta di gestire le realizzazioni

– Leggi sui migranti: pur di non irritare alcune frange dei Cinque stelle che non vogliono abrogare la legge, si ritarda per giorni e giorni la gestione del caso Ocean Viking. La stessa politica fatta da Salvini avrebbe generato giorni e giorni di vibranti proteste nei giornali. Nessuna traccia della revisione legge sugli sbarchi

– Quota 100 e reddito di cittadinanza: il reddito di cittadinanza è uno spreco talmente evidente da rasentare l’imbarazzo. I 3000 navigator sono palesemente totalmente inutili. Entrambi i provvedimenti hanno costi molto elevati e sono inutili (quota 100) o dannosi (reddito di cittadinanza) particolarmente in un contesto dove la crisi economica porrà ben altri problemi. Tuttavia la cancellazione di entrambi i provvedimenti susciterebbe reazioni nei Cinque stelle per il loro provvedimento bandiera ( che è In realtà la bandiera dell’incompetenza più assoluta) o In una parte dell’opinione  pubblica (quota 100). Quindi nonostante sia evidente l’interesse pubblico nella cancellazione di entrambi,  non si toccano e non se ne parla.

– Riforma fiscale: Dopo l’estemporanea trovata sull’IVA agli Stati generali si parla di riforma fiscale. Anche qui gli interessi del paese sono l’ultima preoccupazione. è evidente come in un contesto di crisi occupazionale potenzialmente esplosiva si debba intervenire per incentivare in tutti i modi il lavoro e quindi agire sul cuneo fiscale e sugli incentivi alle assunzioni che saranno purtroppo pochissime. Però diminuire l’IVA va a vantaggio anche della base elettorale di Partito democratico e Cinque stelle (pensionati e garantiti in primis) e quindi  l’unico risultato della surreale kermesse degli Stati generali è stato introdurre nel dibattito questo tema

Come si vede la tecnica consolidata del governo è rimandare qualsiasi decisione che possa risultare controversa o indigesta per la base parlamentare di supporto al governo stesso. L’implosione in atto tra i Cinque stelle che tra vincolo del secondo mandato e crollo del consenso vedono il proprio posto in parlamento come il baluardo ultimo di sopravvivenza ma nello stesso tempo soffrono della assoluta inconsistenza di praticamente tutte le posizioni ideologiche portate avanti in passato, rende inattuabile qualsiasi gestione concreta della crisi.

L’unica azione condivisa è la pioggia di sussidi assistenziali, che rappresenta debito futuro, tasse per le future generazioni, ma consenso elettorale nel breve. Il dramma vero è la differenza rispetto a altri paesi europei in cui la ripartenza è concreta (Germania, Francia) e che hanno prontamente agito sul tema centrale dei prossimi 5-10 anni e cioè la creazione di condizioni di sviluppo del lavoro e dell’occupazione con poderosi (davvero però, senza virgolette) aiuti alle imprese.

Il governo nasce contro e nasce nella pervicace convinzione della Sinistra italiana egemonica nelle università, nei giornali e nelle istituzioni, di essere moralmente superiore, nella convinzione che il debito pubblico sia solo un problema portato dal vincolo europeo che il Covid ha “finalmente” cancellato, e nella assoluta incapacità di percepire le imprese e il lavoro privato come  l’asse su cui poggia tutta la capacità impositiva dello stato nonostante non rappresentino la base elettorale della sinistra. Tutte queste convinzioni ideologiche sono profondamente sbagliate e purtroppo, all’opposto di come sembra, il Covid rappresenta un fortissimo acceleratore dell’evidenza di questi errori storici.

L’Italia è cresciuta dello 0,2% l’anno negli ultimi 20 anni proprio perché questa visione del mondo è stata dominante e ha costruito burocrazia, vincoli, cultura illiberale, scuola di bassa qualità è scarsissima propensione all’innovazione. È facile prevedere che a breve/medio termine gli elettori avranno l’evidenza di questi errori e penalizzeranno in modo molto forte qualsiasi forza politica che non privilegi lavoro, sviluppo e imprese. Ma come nella storia della rana e dello scorpione, a fronte della domanda posta allo scorpione sulla motivazione di pungere la rana cha lo stava portando in salvo sull’altra riva e quindi scegliere la sua morte, la risposta è una sola.

«È la mia natura». Peccato che la rana siamo tutti noi mentre la natura statalista, assistenzialista, tendenzialmente illiberale e pervicacemente anti-impresa di questo Governo  sia esattamente l’opposto di ciò che abbiamo bisogno per sopravvivere per arrivare all’altra sponda della riva post Covid.

Speriamo che una cultura più liberale, una saldatura tra imprese e sindacati (quellI  di Bentivoglio…) di cui si ravvisa qualche spiraglio, un parte del Partito democratico più moderna e riformista (Gori e Nannicini) e soprattutto la consapevolezza crescente che lo stato siamo noi e non l’interesse autoreferenziale dei partiti possa portare a un movimento di opinione che prenda rapidamente consenso anche elettorale e influenzi il dibattito politico a breve.

Un’occasione è il referendum confermativo per la riduzione del numero parlamentari. Provvedimento assolutamente populista, il cui impatto sui conti dello stato è assolutamente trascurabile per non dire irrisorio. Votare NO rappresenterebbe la prima risposta anti populista dei cittadini e una cocente sconfitta per i Cinque stelle. Speriamo che gli italiani riescano a capire che avere parlamentari di qualità sia un antidoto al populismo. Trasformare Il voto nel referendum in una scelta sulle disastrose politiche dei Cinque stelle rappresenta una prima occasione  importante per la “rinascita” culturale di questo paese.

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