Nonostante il cambiamento dei costumi e una certa tendenza a realizzare pubblicità meno edulcorate e più vicine alla realtà, rimangono degli ambiti in cui sia le aziende sia i pubblicitari fanno ancora molta fatica a raccontare la verità delle cose.
Uno di questi ambiti è sicuramente quello che riguarda assorbenti e tamponi per l’igiene intima femminile. La tendenza, almeno nella comunicazione in Italia, è stata sempre quella di ignorare certe realtà, respingendo la vergogna e generando orgoglio, arrivando al punto che una donna durante “quei giorni” (sic) era ancora più ganza che poteva fare la ruota o gettarsi col paracadute (da qui le famose parodie della “Tv delle Ragazze” di Dandini & co e la canzone di Elio e le Storie Tese “Essere donna oggi”).
Nel Regno Unito, generalmente più tranchant di noi, c’è sempre stata una marca – Bodyform-Libresse, praticamente la versione inglese del nostro Nuvenia – che si è sempre distinta realizzando spot piuttosto espliciti, raccontando il ciclo mestruale tra verità, ad esempio mostrando il vero sangue, e ironia – celebre l’inno caleidoscopico “Viva la Vulva” di qualche anno fa. Ma questa volta sono andati oltre con l’ambiziosa campagna “Womb stories” (storie dell’utero, agenzia AMV BBDO) raccontando i mille problemi femminili legati a mestruazioni, fecondazione in vitro, crampi dell’endometriosi, vampate di calore della menopausa e altri fastidiosi eventi talvolta alternati a gioie e sollievi.
Per raccontare tutto questo, i due direttori creativi Nadja Lossgott e Nicholas Hulley hanno realizzato uno spot insolitamente lungo e intenso dove si intrecciano storie ed esperienze femminili intrise di verità con diverse tipi di animazioni con la funzione antropomorfizzare l’utero e ciò che succede al suo interno.
Lo spot racconta differenti situazioni reali di donne in vari momenti critici della propria vita intima, intrecciando la loro storia con il punto di vista dell’utero, utilizzando ogni volta con un’animazione differente: l’appartamento avvolto dalle fiamme di una donna in menopausa, un mostro che si strappa dall’utero di chi soffre di endometriosi o una landa desolata di donna che ha scelto di non avere figli e il viaggio spesso turbolento di un’astronave nel tentativo di concepire.
«La complessità che fa parte della vita di gran parte delle donne è spesso complicata e disordinata, e questo dovrebbe essere riconosciuto e comunicato» spiega la Lossgott che, utilizzando un cast tecnico interamente composto da donne, ha deciso di andare contro quella narrativa semplicistica e lineare che viene raccontata alle ragazze fin dalla tenera età, ma invece illustrare la complessa natura dell’utero nonché le emozioni e gli umori contrastanti che genera.
Per mettere insieme tutte queste cose hanno arruolato la regista Nisha Ganatra già vincitrice di un Golden Globe e ora sugli schermi in streaming con il suo ultimo film “L’assistente delle star”, qui nel difficile compito di mescolare molti materiali differenti con anche parole come amore e odio, dolore e piacere, che difficilmente si vedono all’interno di uno spot pubblicitario.
Ottima anche la scelta musicale, “Priestess” di Pumarosa, emotivamente coinvolgente. L’insight di questa campagna è arrivata dai risultati di una ricerca sulle esperienze intime delle donne da cui emergeva che il 62% ritiene che la salute delle donne non viene sufficientemente raccontata, mentre il 40% delle donne dichiara che il loro benessere mentale è stato influenzato dal fatto di non essere in grado di condividere apertamente esperienze su problemi quali aborto spontaneo e questioni riguardanti la fertilità.
Da qui l’esigenza di affrontare tutti questi problemi nel lungo commercial, che è uscito da solo una settimana ed è già diventato un fenomeno di costume in Inghilterra, non solo per lo spot in sé, ma anche perché alla campagna è associato un invito e un incoraggiamento alle donne a condividere le proprie esperienze di “womb stories” e i canali social dei due marchi sono stati inondati di messaggi che magari possono essere utili per tutti. La pubblicità fatta bene serve anche a questo.