Non cambia molto, Emmanuel Macron, nel nuovo governo che lo accompagnerà fino alla fine del suo mandato. Il primo ministro Jean Castex, nominato venerdì scorso, guiderà una squadra molto simile a quella del suo predecessore, anche se più ampia: 31 ministri (17 donne e 14 uomini) contro 19.
Dal punto di vista politico, Macron conferma la tendenza già osservata durante i primi anni di presidenza: il leader di En Marche! ha scelto, un po’ per vocazione un po’ per necessità, di rivolgersi agli elettori moderati, e il nuovo esecutivo è figlio di questo posizionamento.
Tra le varie nuove nomine, una ha sorpreso tutti i commentatori politici: il ministro della Giustizia sarà Éric Dupond-Moretti, tra gli avvocati penalisti più famosi di Francia, molto presente nei media (aveva appena accettato di tenere una rubrica quotidiana alla radio Europe 1), e soprattutto al centro di numerosissime polemiche.
In primo luogo contro il Front national e Marine Le Pen, da lui attaccati più volte, addirittura proponendo di «vietare il Front national», ma soprattutto contro la magistratura, che ora dovrà guidare, definita nell’ordine: «codarda», «incompetente», «inaffidabile», «moralista».
Dovrà gestire un ministero molto complesso, dove il peso dei giudici è elevato, e sostituire una ministra, Nicole Belloubet, molto contestata.
È interessante notare anche il grande peso dell’eredità di Nicolas Sarkozy. Non soltanto per il primo ministro, Jean Castex, è un uomo a lui molto legato (suo vice segretario generale dell’Eliseo dal 2011 al 2012), ma anche per il nuovo ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, già titolare del Budget, ex direttore della campagna elettorale di Sarkozy alle primarie del 2016.
Darmanin, già molto apprezzato da Macron per il suo lavoro da ministro del Budget, passa ora alla guida di uno dei ministeri più potenti e sostituisce Christophe Castaner, uomo vicinissimo al presidente della Repubblica ma molto deludente, che abbandona il governo e tornerà probabilmente semplice parlamentare. Un chiaro segnale di fiducia per Darmanin, e anche una provocazione: il nuovo ministro dell’Interno è accusato di stupro ed è sotto inchiesta.
Roselyne Bachelot, scelta per il ministero della Cultura, è l’altra sorpresa del nuovo governo, e anch’essa conferma la volontà di Macron di affidarsi a persone vicine a Nicolas Sarkozy. Ex membro dei Républicains, la destra post gollista, amica di François Fillon (che ha votato al primo turno delle presidenziali 2017), ha alle spalle una lunghissima carriera politica. Deputata dal 1988 al 2007, è stata ministra della Sanità, dell’Ecologia e della Solidarietà, prima di diventare commentatrice politica in televisione.
Il suo nome, un po’ dimenticato negli ultimi anni, era tornato molto apprezzato grazie alla crisi sanitaria: nel 2010, da ministra della Sanità, Bachelot fu molto criticata per aver costituito una grande riserva di dispositivi medici per affrontare eventuali pandemie: «Uno spreco», si disse all’epoca. In pieno lockdown, la sua esperienza era stata in qualche modo “riabilitata”, e probabilmente anche per questo Emmanuel Macron ha deciso di integrarla nella squadra di governo.
Il presidente ha anche mostrato di ascoltare i recenti risultati elettorali, che hanno visto una netta affermazione delle liste ecologiste alle elezioni municipali, nominando Barbara Pompili al ministero dell’Ecologia. Nell’ordine protocollare del governo Pompili è numero 2, segno dell’attenzione particolare che il presidente ha voluto segnalare, e ha una lunga militanza nelle liste dei verdi francesi.
Infine, da notare è l’allontanamento di Sibeth Ndiaye, ex portavoce del governo, protagonista di numerosissime gaffe in televisione e davanti ai giornalisti, che aveva probabilmente creato più problemi che altro alla comunicazione presidenziale. Al suo posto è stato nominato Gabriel Attal.
Qui la lista completa di tutti i ministri con relativo curriculum, pubblicata dal Monde.