Sono trascorsi quasi due mesi, e alcune manifestazioni occasionali passano ancora sotto la mia finestra, a volte pedalando en masse in bicicletta.
Ecco qui venti giovani ragazzi neri che, con una carrozzina e qualcuno che pedala, avanzano lungo la via in modo così timido che si tengono vicini al marciapiede.
Alla guida, una donna con un megafono elettrico. Grida «Black Lives Matter!» e i venti giovani che marciano al suo fianco rispondono: «Black Lives Matter!». La donna grida ancora: «I neri vivevano qui», e, di nuovo, i giovani ripetono il suo grido.
È un grido sorprendente. Alcune persone di colore vivono ancora qui nei dintorni. Ma questo era forse un quartiere nero? Non mi risulta. Ma apprezzo il bisogno di nuovi slogan.
Una marcia di circa un centinaio di persone, bianchi e neri, fa sfilare uno striscione in cui c’è scritto: «Abolish Police» («Abolire la polizia»)» e cantano «No landlords, no cops! / All these things we gotta stop!» («Niente proprietari di casa, niente poliziotti! Dobbiamo far finire queste cose!»).
Sono slogan che, con ogni probabilità, non andranno molto lontano. In questo angolo particolare, una buona parte degli edifici è di proprietà di persone che vivono su un paio di piani e affittano gli altri, compresa la vetrina sulla strada. Nessuno vuole abolire nessun altro. Eppure, nessuno mostra antipatia per i manifestanti.
I giovani passano, altri giovani sul marciapiede si fermano a contemplare il piacere di marciare e cantare e quelli più vecchi, compresi i proprietari di casa, li adorano tutti – con un pizzico di cautela.
(Articolo pubblicato in inglese su Tablet)