La Commissione europea ha raccomandato agli Stati membri di non concedere un sostegno finanziario alle società che hanno collegamenti con i paesi che figurano nell’elenco delle giurisdizioni fiscali non cooperative dell’Ue. Ovvero, i paradisi fiscali.
Le restrizioni dovrebbero applicarsi anche alle società che sono state condannate per gravi reati finanziari, tra cui frode finanziaria, corruzione, mancato pagamento di imposte e obblighi di sicurezza sociale. L’obiettivo della raccomandazione è consigliare gli Stati membri su come stabilire condizioni di sostegno finanziario che impediscano l’abuso di fondi pubblici. Oltre e rafforzare le garanzie contro l’abuso fiscale in tutta l’Unione.
Il problema è che si tratta di una raccomandazione, quindi un atto che non vincola gli Stati membri, liberi di decidere se concedere un sostegno finanziario o adeguarsi alla normativa europea. «Non è accettabile che le società che beneficiano del sostegno pubblico si impegnino in pratiche di elusione fiscale (aggirare il fisco con espedienti formalmente ineccepibili, ndr), che coinvolgono paradisi fiscali» ha dichiarato il vicepresidente esecutivo Margrethe Vestager, responsabile della politica di concorrenza. «Si tratterebbe di un abuso dei bilanci nazionali e dell’Unione europea, a spese dei contribuenti e dei sistemi di sicurezza sociale. Insieme agli Stati membri, vogliamo assicurarci che ciò non accada».
Dello stesso avviso anche il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni: «L’equità e la solidarietà sono al centro degli sforzi di risanamento dell’Ue. Siamo tutti insieme in questa crisi e tutti devono pagare la loro giusta quota di tasse in modo da poter sostenere e non compromettere i nostri sforzi collettivi. Coloro che aggirano deliberatamente le norme fiscali o si impegnano in attività criminali non dovrebbero beneficiare dei sistemi che stanno cercando di eludere. Dobbiamo proteggere i nostri fondi pubblici, in modo che possano davvero sostenere i contribuenti onesti in tutta l’Ue».
La Commissione però fa un eccezione, da applicare a condizioni rigorose, per proteggere i contribuenti onesti. È il caso, ad esempio, di chi ha pagato le tasse in uno Stato membro per un determinato periodo di tempo (ad esempio gli ultimi tre anni) o se ha una presenza economica reale nel paese elencato nonostante i legami con le giurisdizioni non cooperative.