Ho un’amica che ha persino più tempo libero di me. Ogni mattina guarda i siti dei giornali italiani (che io apro circa ogni cinque anni), e mi manda foto dello schermo con sotto maiuscole ed esclamativi «Di nuovo?!» o «Ma perché?!».
La sua esasperazione è dovuta al fatto che ogni giorno, sui siti dei giornali italiani, c’è qualche articolo sulle Loro Noiosità Reali, cioè l’ex attrice Meghan Markle e lo scognomato Harry. Sì, insomma: il figlio di Diana Spencer e la di lui moglie.
Prima di loro era ancora peggio. Perché almeno la scusa per parlare di questi due è che si sono dimessi dalla famiglia reale (il che ha reso lei l’eroina dei gruppi di nuore insoddisfatte su Facebook: dimettersi dalla famiglia del marito, che sogno). E perché almeno, essendo lei di discendenza africana da parte di madre, si può insinuare che nella freddezza dell’accoglienza dei reali nei suoi confronti ci fosse del razzismo, che è un tema che fa fare un sacco di clic.
E infatti la risposta che do sempre alla mia amica è che evidentemente funzionano, quando si parla di siti in cerca di clic facili si citano sempre i video di gattini, ma magari la famiglia reale inglese fa più clic d’un cucciolo che gioca con un gomitolo. Sapranno quel che fanno, quelli che fanno i giornali, no?
Glielo dico, ma non ci credo. Perché, dicevo, prima di quei due era ancora peggio: c’erano quegli altri due. William e Kate, l’articolo-tipo sui quali era che lei si era messa un vestito e quel vestito era andato esaurito nei negozi. Una cosa da tagliarsi le vene per il lungo per la noia.
Sul mio frigorifero è appiccicata una prima pagina del Daily Mail di 28 anni fa. Era il 24 agosto del 1992, e – nello stesso giorno! nella stessa prima pagina! – Sarah Ferguson veniva cacciata dal castello perché fotografata a farsi ciucciare l’alluce da un americano, e su Diana Spencer si allungava l’ombra di Squidgy (il nomignolo con cui veniva chiamata da un amante di cui quel giorno ancora non si conosceva l’identità, in una registrazione di telefonata; registrazione che venne spacciata per fatta per caso da un radioamatore, finché si venne a sapere che le avevano messo sotto controllo il telefono).
Se all’epoca davo le mie non poche migliaia di lire all’edicola di piazza Colonna per comprare i quotidiani inglesi, e adesso neanche m’incomodo a cliccare sui loro siti, una ragione c’è: che all’epoca c’era un sacco di trama, e adesso le case reali hanno vite meno movimentate di quelle dei gruppi di mamme su Facebook.
È per quello che non credo fino in fondo all’acclamazione popolare, al pubblico che vuole le noiosissime storie dei figli di Diana e delle loro consorti. Perché so che chi fa i giornali ha vissuto quei formidabili anni in cui come ti giravi c’era una principessa scandalosa; certo, l’Inghilterra, ma pure Montecarlo mica scherzava: Caroline si era sposata con uno che nelle didascalie, là dove s’indica il mestiere, aveva scritto “playboy”; Stéphanie figliava con la guardia del corpo.
Tra gli anni 80 e i 90, le famiglie regnanti hanno fatto per i rotocalchi quel che Liz Taylor aveva fatto negli anni 60.
Adesso, è una gara a chi sposa più buone cause, fa più beneficenza, si mette gli abiti più economici. Sto per slogarmi la mandibola dagli sbadigli solo a riferirne, figuriamoci se leggessi uno dei cento articoli al giorno che narrano le unghie incarnite delle Loro Noiosità Reali. Non posso credere che chi li commissiona, li scrive, li pubblica, le trovi davvero interessanti. È un tentativo di tornare giovani. Una nostalgia di come eravamo. Un’illusione che insomma, sono le nuore di Diana Spencer, prima o poi faranno qualcosa per cui sarà valso la pena non perderle di vista. (Tutti i settimanali hanno una qualche rubrica di psicologia, e nessuno psicologo di redazione ha ancora spiegato loro che no, quando resti orfano d’una madre che ha combinato così tanti casini poi ti pigli una moglie il meno interessante possibile).
All’inizio di agosto, i quotidiani (ci si mettono pure i quotidiani) intervistavano (naturalmente tutti “in esclusiva”) i due derelitti biografi di Meghan e Harry, il cui avvincentissimo tomo era appena uscito. Avrei voluto assistere alle riunioni di redazione, in cui un caporedattore diceva «ci sarebbe la possibilità di intervistare i biografi», e nessun direttore rispondeva «ma per farci dire cosa? Non è che avranno succulenti aneddoti che non hanno messo nel libro per svelarli in esclusiva a noi, no?».
Ci hanno tenuto a celebrarlo così, il mese dell’alluce ciucciato (ventotto anni fa) e di Diana sfracellata in auto a Parigi (oggi, ventitré anni fa): ricordandoci che le nuove generazioni vivranno vite lunghissime facendoci morire di noia.
Per fortuna c’è la vecchia guardia novecentesca. C’è Andrea – già marito di Sarah – accusato di varie sconcezze, dall’aver messo le mani sulle tette a una tizia all’aver fatto sesso con una diciassettenne pagata per l’atto quindicimila dollari dal defunto Jeffrey Epstein, fino all’essersi fatto massaggiare i piedi da due tizie a una festa: un evidente omaggio a quando la valle era verde e le principesse si facevano ciucciare gli alluci.
Ma soprattutto c’è Corinna Zu Sayn-Wittgenstein-Sayn (è il cognome del primo marito, lei da nubile si chiamerebbe Larsen, ma fa meno scena). Cinquantacinquenne danese della quale fino a poche settimane fa nessuno di noi aveva mai sentito parlare, poi un giudice svizzero ha deciso d’indagare su un bonifico da 65 milioni di euro fatto da un conto svizzero, appunto, sul conto di lei (alle Bahamas: foss’in lei direi al giudice che noialtri del Novecento abbiamo tutti conti alle Bahamas, l’ha detto anche il governatore della Lombardia).
Il bonifico veniva da Juan Carlos. Sì, quello che regnava sulla Spagna quando le famiglie reali sapevano come intrattenerci. Due anni fa venne pubblicata una registrazione in cui una donna diceva che l’ex re tornava con valigette piene di milioni da imprecisati «paesi arabi»: era la voce di Corinna? Non si sa, nella registrazione non c’era l’iban delle Bahamas. Ma nel 2008 l’allora re dell’Arabia Saudita bonificò a Juan Carlos 100 milioni, su un conto offshore a Panama (spero che stiano prendendo appunti gli sceneggiatori, e Meghan Markle: non è mai troppo tardi per diventare interessanti).
Juan Carlos conobbe Corinna quando lei era quarantenne (e lui già ultrasessantenne, ma ormai un uomo a sessant’anni è nel fulgore dell’età da rimorchio); lei aveva due figli, lui le telefonava dieci volte al giorno (e non aveva ancora abdicato: pensavo di avere più tempo libero di tutti, e invece non solo le mie amiche ma anche i re mi battono). Dopo cinque anni d’amore, Juan Carlos chiede al padre di Corinna la mano della figliola (era sposato, lo è ancora; ma non cavilliamo).
Poi, ha raccontato Corinna alla Bbc (la rete alla quale Diana disse «eravamo in tre: era un matrimonio un po’ affollato»), la deluse con una scena che pare di vederla girata da Pietro Germi: al funerale del padre di lei, l’ancora re le svelò che da tre anni aveva anche un’altra amante, oltre a lei (tantissimo tempo libero, e i danni della farmaceutica contemporanea sugli uomini anziani).
Delusissima, ella lo piantò.
Tre anni dopo (nel tentativo di riconquistarla?), l’ancora re pensa bene di, come regalo di compleanno a uno dei figli di lei, organizzare un safari in Botswana, durante il quale uccide un elefante (scandalo scandalosissimo) e si rompe un’anca. Per farsi perdonare, prende gli avanzi dei 100 milioni arabi, 65 milioni, e li versa a Corinna. Chi di noi non ha avuto un amante che ha ritenuto meritassimo una consistente buonuscita per il trauma d’aver visto un elefante morto, diamine. Ha detto Corinna alla Bbc che glieli aveva dati perché aveva paura che, se glieli avesse lasciati in un testamento, la famiglia poi non avrebbe rispettato la sua volontà. La famiglia, dice Corinna, l’aveva in antipatia: ma che cosa bizzarra.
Il regalo era, dice Corinna, perché l’amava ancora, ma anche perché si sentiva in colpa: a causa della relazione, lei aveva ricevuto minacce di morte che alludevano ai molti tunnel in cui passava in macchina (Diana morì in un tunnel: se devi mitomaneggiare, fallo avendo come riferimento il più inarrivabile dei modelli).
Nel 2014 Juan Carlos le chiese di restituirgli i soldi, ma Corinna assicura che lo fece solo perché era stizzito che lei non volesse tornare con lui. Intanto, gli spagnoli raccolgono firme perché i soldi le vengano requisiti e dati al personale sanitario che lavora per i malati di Corona.
E tutto questo lo dobbiamo a un ottuagenario ex monarca, relitto del secolo in cui le famiglie reali non venivano meno al dovere d’intrattenerci.
(Attualmente Juan Carlos è negli Emirati Arabi: è scappato dalla Spagna temendo l’arrestassero. Se qualcuno non ne fa una serie di almeno venti puntate, vuol dire che ci meritiamo Meghan Markle).