La pandemia ha impartito una dura lezione al mondo intero: le catene dell’import-export possono interrompersi da un momento all’altro, mettendo così in crisi tanto le economie che dipendono dalle importazioni quanto quelle che fanno affidamento sui mercati esteri.
Ad aver imparato a proprie spese quanto la dipendenza de altri Paesi possa avere un impatto negativo in tempi di crisi è stata anche l’Unione europea, in particolare nel settore delle materie prime, ma non solo. L’Ue è fortemente dipendente dal mercato cinese per quanto riguarda anche farmaci, automobili, componenti tecnologiche e manifattura, settori strategici che Bruxelles sta cercando di riportare all’interno dei confini comunitari. Come affermato dal commissario per l’Industria europea Thierry Breton, «il tempo di un’Europa naïve che fa affidamento sugli altri per i suoi interessi è finito».
La nuova strategia Ue
Il 3 settembre la Commissione europea ha annunciato l’avvio di una nuova Alleanza industriale con l’obiettivo di diminuire la dipendenza comunitaria dall’import di materie prime dalla Cina, principale esportatrice di tali prodotti a livello internazionale. Nello specifico, l’interesse dell’Ue è diretto verso il litio, la bauxite e lo stronzio, necessari per portare avanti il Green Deal europeo e rendere l’Unione un’area carbon free entro il 2050.
Il litio, per fare un esempio, è la materia prima delle batterie usate per le auto elettriche, quindi l’import o l’estrazione di questa materia prima avranno un ruolo via via più rilevante nel prossimo futuro, sempre più green e meno dipendente dai combustibili fossili.
È in questo contesto che si inserisce quindi il progetto europeo, che prende le mosse dall’Alleanza europea per le batterie del 2017, nata per garantire agli Stati membri l’accesso alle materie prime necessarie per la produzione di batterie. Come spiegato dal commissario per l’Unione energetica Maroš Šefčovič, l’idea è quella di dar vita a un consorzio industriale per le materie prime utili «per l’economia del futuro: stiamo parlando di pale eoliche, pannelli fotovoltaici, dell’elettronica e della robotica».
Uno degli step preliminari per la creazione di questa nuova Alleanza industriale è l’aggiornamento della lista europea per le materie prime, ferma al 2017, in cui sono inserite le materie prime – per l’appunto – ritenute strategiche per l’Ue e il cui import può essere soggetto a interruzioni. Tra queste dovrebbe rientrare prima di tutto il litio, insieme a bauxite, stronzio e titanio.
L’Ue dovrebbe ridurre drasticamente l’importazione di queste materie prime ed estrarle invece all’interno dello spazio comunitario riuscendo a raggiungere l’indipendenza prima del 2030, secondo quanto affermato dal commissario Šefčovič.
A oggi, la situazione è ben lontana dallo scenario a cui la Commissione punta ad arrivare. Come riportato dal Financial Time, la produzione di materie prime europee è stata fortemente danneggiata dalla crisi del 2008 e non è mai riuscita davvero a riprendersi. Di conseguenza, l’Ue non solo ha perso un terzo della propria produzione di alluminio, ma anche ceduto quote importanti di mercato alla Cina, che al momento occupa il 60 per cento del mercato internazionale. L’Ue è rimasta indietro anche nel settore del cobalto, del litio e delle terre rare, indispensabili per la realizzazione delle auto elettriche.
Elevato è anche il volume dell’import di magnesio dalla Cina, di niobio dal Brasile e di borato dalla Turchia, Paese con cui l’Ue ha rapporti sempre più tesi a causa delle contese nel mar Mediterraneo. L’unico Stato membro con una buona quota di mercato nel settore delle materie prime è il Portogallo, ma gli elevati costi di produzione rendono poco competitivo il prodotto lusitano. Secondo alcune ricerche, giacimenti di un certo valore dovrebbero trovarsi anche in nord ed est Europa, in particolare in Serbia.
Miniere e ambiente
A determinare la riduzione dell’estrazione di materie prime in Europa non è stata solo la crisi del 2008, ma anche i costi che questo settore ha in termini ambientali. L’impatto delle miniere sull’ecosistema è ben noto, così come gli scandali legati all’attività estrattiva in Cina o nel continente africano. Il progetto europeo quindi solleva diverse domande sulle modalità di estrazione delle materie prime nello spazio comunitario e su come tale iniziativa – ritenuta importante proprio nell’ambito dell’implementazione del Green Deal – possa essere portata avanti nel rispetto dell’ambiente.
Su questo punto si è già espresso il commissario Šefčovič, secondo cui l’estrazione in Europa avverrà in maniera sostenibile e nel rispetto dei diritti umani, della salute e dei lavoratori, solitamente ben poco tutelati dall’industria mineraria. L’estrazione di litio e altre materie prime in Europa, secondo il progetto della Commissione, dovrebbe inoltre limitare l’import proveniente da Paesi extra-Ue che non rispettano gli standard green dell’Unione e che non tutelano i diritti dei loro lavoratori.
In questo modo, parte della competitività della produzione europea dovrebbe basarsi sulla tutela dell’ambiente e dei diritti umani, rendendo l’Ue leader nella sostenibilità e garantendo al compratore il rispetto di determinati standard. A questo proposito, Bruxelles punta ad utilizzare un nuovo metodo di esplorazione di possibili miniere basato sui raggi X che dovrebbe ridurre tempi di ricerca e impatto sull’ambiente.
L’Ue dunque si trova davanti una doppia sfida: ridurre la dipendenza dall’import di materie prime- e non solo – provenienti dalla Cina e da altri mercati stranieri e garantire il rispetto dell’ambiente, adottando e garantendo il rispetto di standard green. Solo così potrà convincere i cittadini europei del valore della nuova Alleanza industriale, portare avanti il Green Deal e far uscire l’Ue dall’ombra cinese.