Se un turista vi raccontasse di essere stato raggirato da una banda di truffatori che avevano promesso di vendergli la fontana di Trevi, e che solo dopo avere intascato i soldi hanno ammesso candidamente di non averla mai posseduta, potreste reagire in diversi modi. Il modo che oggi va per la maggiore in Italia è dire: «Beh, però sono maturati».
Fuor di metafora, il fatto che una volta al governo il Movimento 5 stelle abbia abbandonato molte delle più estreme scelleratezze alimentate e diffuse quando era all’opposizione, dalle campagne No vax a quelle No euro, non dimostra che siano maturati, ma solamente che l’hanno fatta franca.
Se e quanto siano maturati lo vedremo, semmai, quando torneranno all’opposizione: quando sarà un governo diverso dal loro a raccomandare vaccinazioni di massa e app per il tracciamento, o a rivendicare questo o quell’accordo raggiunto con l’Unione europea.
Allora vedremo, per esempio, se esprimeranno la sincera preoccupazione cui dà voce oggi il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, a proposito della scarsa diffusione di Immuni, o se grideranno al complotto del governo per schiavizzare il popolo italiano a forza di app-spia, vaccini e scie chimiche.
Sulle loro evoluzioni future, ovviamente, ogni opinione è legittima: tanto la tesi della definitiva conversione sulla via della politica democratica, europeista, responsabile e razionale, quanto l’idea che alla fine siano sempre i soliti e non cambieranno mai.
Il fatto che nel frattempo Giuseppe Conte continui a tergiversare sul Mes e tenga a precisare che il vaccino del covid non sarebbe comunque obbligatorio, tuttavia, non depone a favore della prima ipotesi.
Paradossalmente, ciò che maggiormente impedisce di credere alla loro maturazione è proprio il trattamento di favore di cui i grillini hanno beneficiato fin qui, da parte di alleati e osservatori. Di fronte a qualunque genere di pentito, è naturale dividersi sull’opportunità di credere o meno alla sincerità delle sue parole e dei suoi comportamenti.
Il problema è che qui non si è pentito nessuno, nemmeno per finta. Il massimo di autocritica che sia venuto dai Cinquestelle rimane scolpito nelle surreali parole di Vito Crimi a proposito della virulenta e spregiudicatissima campagna di odio su Bibbiano: «Forse abbiamo esagerato nel generalizzare fatti specifici attribuendoli a tutto il Partito democratico».
Giusto per curiosità, secondo voi, nelle parole di Luigi Di Maio sul Partito democratico che «in Emilia-Romagna toglieva alle famiglie i bambini con l’elettroshock per venderseli», quali sarebbero di preciso i «fatti specifici» ingiustamente generalizzati?
Intendiamoci, non si tratta di questioni di principio, e tantomeno di garbo. Finché i Cinquestelle mostreranno tanta attenzione nel difendere tutti i provvedimenti ultra-populisti del governo gialloverde e tutte le parole d’ordine ultra-populiste di quando erano all’opposizione, per non parlare dei metodi delle loro campagne di odio, nessuna svolta apparirà mai credibile. Ma sempre tattica, di comodo e soprattutto reversibile.
In ogni scelta e in ogni dichiarazione di qualunque esponente del Movimento 5 stelle è evidente l’intenzione di non bruciarsi mai i ponti alle spalle. Un atteggiamento che dovrebbe perlomeno insospettire gli interlocutori e consigliare un sovrappiù di cautela, prima di correre a comprare da loro un’alleanza usata.