Cortina di gasI länder dell’Est si oppongono al blocco del Nord Stream 2 per non guastare i rapporti con la Russia

Dopo l’avvelenamento di Navalny, il governo tedesco potrebbe bloccare i lavori sugli ultimi 150 km del gasdotto come sanzione a Putin. Ma le sei regioni della vecchia DDR vogliono il progetto anche per rilanciare le loro economie e raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050

Mukran, il porto di Sassnitz, è solo il sedicesimo tra i porti tedeschi per movimento merci. Ai tempi della Repubblica Democratica Tedesca erano arrivato a occupare circa 2000 lavoratori, oggi ridotti a 70. Situato nell’isola di Rügen, la più grande isola della Germania, rientra amministrativamente nel Land del Meclemburgo-Pomerania Anteriore. Un posto spesso poco conosciuto dal resto del mondo, che negli ultimi giorni è al centro di un dibattito che coinvolge la Germania, la Russia, l’Europa e i Paesi dell’area. 

Dopo che l’avvelenamento di Alexei Navalny ha fatto riemergere divisioni profonde nella società e nella politica tedesca in merito al progetto Nord Stream 2, il gasdotto che dovrebbe raddoppiare le forniture di gas russo della Germania. Partendo da Vyborg e arrivando a Lubmin, proprio in Meclemburgo, il progetto dovrebbe affiancare quasi per intero Nord Stream, il gasdotto già presente. Nonostante l’opera sia quasi ultimata (mancano solo 150 chilometri dei 1224 lungo i quali si svilupperà) nelle ultime settimane la pressione sul governo è crescita al punto che l’ipotesi di fermare tutto è sempre più concreta.

Il ministro degli Esteri socialdemocratico Heiko Maas (SPD) ha detto chiaramente che fermare Nord Stream 2 può essere una possibile sanzione verso la Russia; soluzione che oggi non viene esclusa nemmeno dalla cancelliera Angela Merkel, nonostante fino a poco tempo fa invitasse a non coinvolgere il progetto in questioni politiche più ampie.

Venerdì scorso, tutti i presidenti dei sei Länder orientali si sono espressi contro l’ipotesi di fermare la costruzione del gasdotto, un atto che rende chiaro come il dibattito sul tema vada oltre le divisioni dei partiti: solo i Verdi e i liberali della FDP esprimono una netta contrarietà, mentre sia nella CDU che nella SPD, partiti di maggioranza, vi sono posizioni diverse. La questione sembra piuttosto riproporre una divisione tra est e ovest, con i Länder orientali che sottolineano l’enorme importanza che il progetto avrebbe per le economie locali.

Proprio a Sassnitz, del resto, dieci giorni fa Manuela Schwesig, presidente socialdemocratica del Meclemburgo divenuta uno dei volti più noti tra coloro che difendono il progetto, ha detto che il porto di Mukran non può diventare l’oggetto del contendere di scontri tra diversi interessi politici, e che il suo compito è difendere i lavoratori del porto (che dovrebbero prendere parte al progetto costruendo i chilometri mancanti). 

Ma oltre alle preoccupazioni economiche, sullo sfondo si stagliano anche i rapporti con la Russia, che negli ex Länder della DDR molti vedono come utili, quando non identitari. Michael Kretschmer, il cristiano-democratico a capo del governo della Sassonia, ha affermato chiaramente che il progetto “è necessario non solo dal punto di vista economico, ma anche per mantenere i rapporti con la Russia”. Il rapporto con la Russia torna anche nelle parole di Axel Vogt, sindaco CDU di Lubmin, la città di 2000 abitanti dove dovrebbe terminare il gasdotto.

Parlando con la Zeit, anche lui ha sottolineato l’importanza economica del progetto: già con Nord Stream il suo comune incamera circa un milione di euro all’anno in imposte, entrate che aumenterebbero con la costruzione del secondo gasdotto. Subito, però, ha aggiunto che per l’est i rapporti con la Russia sono importanti anche sul piano culturale. Ha detto di aver lui stesso, da bambino, imparato un po’ di russo, ha parlato di una connessione culturale che è rimasta anche dopo la riunificazione. 

In effetti, sul fronte prettamente economico la Russia è un partner secondario: secondo i dati dell’Istituto Ifo per la ricerca economica, ad esempio, solo l’1,3% delle esportazioni totali della Sassonia va in Russia (e prima delle sanzioni del 2014 non si andava oltre il 4%), mentre il Meclemburgo esporta molto più verso Polonia e USA di quanto faccia con Mosca. 

Il progetto, però, potrebbe avere un’importanza strategica per la Energiewende, la strategia con cui la Germania ambisce a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050: abbandonando il nucleare entro il 2022 e il carbone entro il 2038, il gas naturale diventerà una fonte fondamentale, anche se temporanea, per la produzione di energia elettrica. Questo non vuol dire però che Nord Stream 2 sia irrinunciabile.

Anche non volendo rivedere l’abbandono del nucleare (come qualcuno propone) ci sono diverse opzioni alternative, e si potrebbero trovare altri fornitori. Gli Stati Uniti, ad esempio, guardano con preoccupazione al gasdotto russo, e da tempo cercano di indurre la Germania a cercare altrove, arrivando a minacciare sanzioni verso le aziende coinvolte. Anche per questo, secondo quanto rivelato dalla Zeit, il Ministro delle Finanze Olaf Scholz avrebbe proposto agli USA un compromesso: accettare Nord Stream 2, a fronte di investimenti pubblici fino a un miliardo di euro per la costruzione di due terminali (a Brunsbüttel e Wilhelmshaven, nell’ovest) per la ricezione del gas americano. 

Non mancano, ovviamente, anche nell’est politici e amministratori locali contrari al progetto, confermando che sul tema gli schieramenti travalicano i partiti. Di sicuro, però, è nella CDU che la situazione potrebbe pesare di più: con Merkel che non esclude le sanzioni e con la segretaria del partito Annegret Kramp-Karrenbauer che ha dichiarato di non essere grande sostenitrice dell’opera, i presidenti e gli amministratori locali contrari allo stop si troverebbero di fatto a costituire una fronda interna. Una situazione che non trova corrispettivo tra i socialdemocratici, dove ci sono certamente voci critiche (come Heiko Maas, appunto), ma il cui leader Norbert Walter-Borjans è in linea con i presidenti orientali.

Che sulla vicenda di Nord Stream 2 si ripropongano divisioni tra est e ovest, inoltre, è sintomo di differenze storiche, economiche e politiche ancora presenti in Germania, e del loro peso nel dibattito tedesco su questioni in grado di influenzare il futuro del Paese.

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