La pandemia ha portato gli scacchi in una nuova età dell’oro. Quando le vite di tutti erano scandite dai ritmi dello smartworking, dai bollettini della Protezione civile o dalle conferenze stampa di Donald Trump che facevano fare facepalm a Anthony Fauci, gli scacchi registravano una crescita verticale in termini di popolarità.
Il gioco è rimasto sempre lo stesso: una simulazione di guerra tra armate di pedoni, cavalli, torri, alfieri, re e regine, che si sfidano su una scacchiera di 64 caselle. Ma ad essere cambiata è la percezione del gioco come fonte di intrattenimento. Non è solo una moda o una passione per il vintage: c’è un fil rouge che collega la disciplina nata in India nel VI secolo, i nativi digitali – che si appassionano al gioco e ai suoi migliori interpreti – e la pandemia.
Da anni gli scacchisti, amatoriali e non, giocano anche al Pc contro un bot o contro altre persone online, e questo ha favorito una maggior diffusione degli scacchi. La federazione mondiale (Fide) stima circa 605 milioni di giocatori in tutto il mondo. Ma fino a poco tempo fa molti di loro erano invisibili, nascosti nel mare magnum dei siti: contarli diventava una missione impossibile.
«Con l’arrivo delle restrizioni e del lockdown le federazioni sono state costrette a trasformare le competizioni ufficiali in digitale. Buona parte degli appassionati che oggi partecipano online già giocavano, ma con la pandemia hanno avuto la possibilità di iscriversi ai tornei ufficiali delle varie federazioni, e in qualche modo è come se fossero usciti allo scoperto», dicono a Linkiesta dalla Federazione italiana scacchi (Fis).
A maggio l’Unione scacchistica europea (Ecu) ha organizzato il campionato Europeo online, che ha riscosso un successo inatteso: quasi cinquemila partecipanti, una sessantina gli italiani. «Quando si giocava a tavolino (in presenza) si arrivava al massimo a 400», dicono dalla Fis.
Allo stesso modo a fine aprile la federazione mondiale aveva promesso ben duemila tornei online entro metà giugno: alla fine gli scacchisti registrati erano nell’ordine dei 5 milioni. «Numeri che fino a poco tempo fa – spiega la Fis – non erano contemplati nemmeno nelle previsioni più ottimistiche».
Il trend di crescita ha avuto un’impennata negli ultimi mesi, ma era iniziato già qualche anno fa grazie a social come Twitch (la piattaforma video di proprietà di Amazon), che oggi ha un canale interamente dedicato agli scacchisti. E grazie anche ad alcuni giocatori che hanno saputo trascinare in questa bolla diversi follower, anche molto giovani: non era scontato dal momento che si tratta di un gioco che sa essere cervellotico e complesso, pur essendo accessibile a tutti – almeno a un livello base – con il suo regolamento facilmente comprensibile.
A livello mondiale la star del momento è Hikaro Nakamura, 33enne nato in Giappone da madre americana. È stato 5 volte campione americano e oggi è nei primi venti del ranking mondiale. Soprattutto, è uno dei migliori delle partite blitz, quelle che durano pochi minuti e riducono al minimo il tempo per pensare la prossima mossa: è il format più spendibile su piattaforme come Twitch, dove il tempo medio di fruizione del singolo utente potenzialmente è basso e c’è bisogno di highlights molto frequenti per non far cambiare idea allo spettatore.
Nakamura ha iniziato a trasmettere le partite di scacchi sul suo canale Twitch nel 2018, ma buona parte dei suoi 528mila follower sono saliti sul carro all’inizio della pandemia. La sua popolarità si può misurare anche in altri termini: ad agosto una delle migliori squadre di eSport al mondo, il Team SoloMid, ha battuto la concorrenza per far vestire a Nakamura i suoi colori, offrendogli un contratto a sei cifre. Un investimento che il team vedrà ripagato verosimilmente da sponsorizzazioni e merchandising.
Ma filmare le proprie partite di scacchi, per quanto Nakamura possa essere bravo – 288 vittorie in 302 partite in streaming -, non è l’unico ingrediente per il successo: solo su Twitch, ad esempio, ci sono streaming di altri campioni di eSport, che fanno giochi più avvincenti, come i titoli sportivi o Fortnite.
Allora devono esserci altre spiegazioni per questa nuova età dell’oro degli scacchi. Nakamura ad esempio ci mette del suo per farsi seguire: all’abilità nel gioco – che comunque è nell’élite – aggiunge spesso sottofondi musicali ad accompagnare le sue partite e una telecronaca avvincente che fa lui stesso commentando ogni mossa. Insomma, sa anche come farsi guardare.
Un articolo del New York Times che racconta le ragioni della nuova popolarità del gioco aggiunge altri elementi all’equazione, spiegando che «molti appassionati hanno detto di essere stati risucchiati nella passione degli scacchi dopo averli riscoperti mentre erano bloccati in casa. Sono prevalentemente persone che già si erano cimentate nel gioco da bambini». Inoltre in primavera l’assenza di altri sport da seguire ha dimezzato le scelte possibili in fatto di intrattenimento live, favorendo opzioni alternative, come appunto gli scacchi.
Così, riporta il quotidiano americano, «dall’inizio della pandemia, il numero di spettatori delle partite di scacchi dal vivo è aumentato vertiginosamente. Da marzo ad agosto Twitch ha calcolato 41,2 milioni di ore di scacchi seguite sui suoi canali, il quadruplo rispetto ai sei mesi precedenti. A giugno, un torneo di scacchi amatoriale chiamato PogChamps è stato per un po’ di tempo lo streaming più visto su Twitch, con 63mila persone collegate contemporaneamente».
I numeri sembrano essere compatibili con le indagini demoscopiche. Il sito della Fide, la federazione mondiale, ha riportato un recente sondaggio di YouGov che rivela il numero di adulti che attualmente giocano a scacchi (settimanalmente o mensilmente o anche solo qualche partita durante l’anno): «Sono oltre 6 milioni di persone nel Regno Unito, 35 milioni negli Stati Uniti, 16 milioni in Germania, 50 milioni in Russia e 85 milioni di persone in India che giocano a scacchi regolarmente, e più della metà sono nella fascia d’età 18-34».
Con una simile popolarità il mondo degli scacchi potrebbe avere velleità di realizzare un desiderio che si trascina da anni: partecipare alle Olimpiadi. Oggi esistono le Olimpiadi degli Scacchi, un torneo con una denominazione concessa dal Comitato olimpico internazionale (Cio) che però non ha niente in comune con le Olimpiadi.
Per la disciplina si tratterebbe di un ritorno ai Giochi. Gli scacchi sono stati una disciplina olimpica per due edizioni, quella del 1924 (Parigi) e quella del 1928 (Amsterdam), proprio come l’atletica o la scherma.
Poi in occasione delle Olimpiadi del 1932 il Cio (Comitato Olimpico Internazionale) ha deciso di togliere dal programma gli sport che rientravano nel professionismo: quindi calcio e tennis soprattutto, ma anche gli scacchi dal momento che nei tornei erano previsti premi in denaro.
«Tornare alle Olimpiadi – dicono dalla federazione italiana – sarebbe di grande prestigio. Ma bisognerebbe trovare la formula giusta per portare sul palcoscenico più importante un gioco accattivante e veloce. Non è così semplice perché portare un torneo blitz, la prima soluzione che viene in mente per rientrare nei tempi, significherebbe togliere una componente, quella delle lunghe riflessioni, che per molti è parte integrante degli scacchi».