Voters without bordersLa proposta per introdurre il suffragio universale europeo

Grazie al Diritto di iniziativa legislativa (Ice) è nato un progetto, partito dal basso, che in caso di approvazione permetterebbe a tutti i cittadini dell’Unione di partecipare alle elezioni nazionali, regionali e referendarie del Paese di residenza. Ma la strada è ancora molto lunga

ATTILA KISBENEDEK / AFP

I cittadini europei che risiedono in un Paese dell’Unione diverso da quello di origine per motivi di studio o lavoro sono circa 17 milioni. Un numero significativo che dà la misura di quanto importante sia all’interno dell’Unione la mobilità, uno dei pilastri su cui la stessa Comunità si fonda.

L’appartenenza a più di una nazione – tra origine e residenza – ha però delle problematicità: una volta che un cittadino si trasferisce in un altro Stato europeo subisce una limitazione dei propri diritti civili e politici. Risiedere in un dato Paese, pagare le tasse e lavorare o studiare in quel medesimo territorio non comporta in un automatico l’acquisizione del diritto di voto nelle elezioni nazionali, regionali o referendarie.

La problematica era emersa con maggiore forza nel 2016 con il referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione: 3,7 milioni di cittadini europei residenti nel Paese anglosassone e 1,3 milioni di cittadini britannici presenti in altri Stati dell’Unione non hanno potuto esprimere il proprio voto.

A ciò si aggiungono anche alcune legislazioni messe in campo da certi Paesi dell’Unione: alcuni, trascorso un certo periodo di tempo all’estero, privano i cittadini del diritto di voto; e non vanno sottovalutate le più comuni difficoltà nell’invio delle schede elettorali per chi risiede all’estero.

Per cercare di superare questo problema è stata lanciata l’iniziativa “Voters without borders”, promossa dalla Ecit Foundation. Come spiega a Linkiesta uno dei promotori, Bruno, si tratta di un progetto che punta da una parte al miglioramento degli esistenti diritti di voto e dall’altra all’introduzione del suffragio universale completo per tutti i cittadini dell’Unione, che potrebbero in questo modo partecipare alle elezioni nazionali, regionali e referendarie del Paese di residenza.

Le motivazioni alla base della proposta, spiega ancora Bruno, sono principalmente due: «Se pago le tasse devo avere anche il diritto a partecipare alle elezioni, ma l’iniziativa ha anche il merito di rafforzare il concetto di cittadinanza europea».

Uno dei maggiori punti di forza dell’estensione del diritto al voto è che «si tratta di un tema sì politico, ma non politicizzato e che pertanto può avere solo ricadute positive. L’iniziativa sta avendo un ottimo riscontro e stiamo coinvolgendo anche il Parlamento europeo per avere una connessione indiretta con gli Stati membri. Abbiamo già 5-6 parlamentari che promuovono attivamente la proposta».

Ice: cos’è, come funziona e quali sono i problemi
Il progetto “Voters without borders” prende il via dal Diritto d’iniziativa dei cittadini europei (Ice), uno strumento di democrazia diretta sancito dallo stesso Trattato Ue che permette di proporre un cambiamento di legge a livello europeo.

Le regole del meccanismo sono contenute nel regolamento n.211/2011 che stabilisce che, per proporre un’iniziativa all’Unione, è prima di tutto necessario creare un Comitato formato da sette membri provenienti da sette Paesi differenti.

La Commissione ha il compito di registrare la richiesta e da quel momento il Comitato ha un anno di tempo per raccogliere un milione di firme da almeno un quarto dei paesi membri. Raggiunta la cifra richiesta, la palla passa nuovamente alla Commissione: se il progetto viene accolto, si procede con la sua presentazione nel corso di un’audizione pubblica al Parlamento, che invia il testo alla commissione competente.

Alla fine dell’iter non è però scontato che la petizione si trasformi in un atto legislativo, che può invece proporre altre misure ritenute ugualmente appropriate per la sua implementazione.

In ogni caso, come spiegano gli stessi promotori di “Voters without borders”, il meccanismo ha il merito di portare nell’arena politica europea un nuovo tema di discussione su cui Bruxelles può successivamente intervenire.

Tuttavia, negli anni l’Ice ha evidenziato delle problematicità che ne hanno compromesso il funzionamento e limitato le sue potenzialità.

Il meccanismo si è rivelato troppo complesso, il suo iter è particolarmente lungo, e ha dovuto fare i conti con la scarsa conoscenza dei cittadini europei degli strumenti a disposizione per intervenire sulle politiche comunitarie, oltre alla crescente disaffezione nei confronti dell’Unione.

Consapevole di questi ostacoli, nel 2019 la Commissione ha approvato una riforma del regolamento per rendere più snelle le procedure e migliorare il meccanismo. È stato introdotto quindi un registro comune elettronico finanziato dal bilancio europeo per incrementare la visibilità delle iniziative dell’Ice; le proposte avanzate dal basso devono ora essere trasmettere al Parlamento, al Consiglio, al Comitato economico e sociale, al Comitato delle regioni e ai parlamenti nazionali perché siano maggiormente visibile; l’iter burocratico è adesso competenza dei Paesi membri, così da rendere più accessibile le diverse procedure.

A pesare sul buon esito dell’Ice, però, sono anche i risultati finora raggiunti: in quasi dieci anni sono state presentate solo 74 iniziative e di queste solo cinque hanno raggiunto il milione di sostenitori, come quella per il riconoscimento del diritto universale all’acqua o per salvare le api dai pesticidi usati in agricoltura, ancora in fase di raccolta firme.

Il parere dei cittadini europei
La proposta di introdurre il suffragio universale europeo è invece tra le ultime proposte avanzate dall’Ice a Bruxelles. Trattandosi di un’iniziativa dal basso prende il via da un’esigenza effettivamente percepita da quei cittadini europei che non risiedono nel proprio Paese di origine per motivi di studio o lavoro.

Ad appoggiare l’iniziativa sono anche alcuni cittadini italiani residenti in Francia, Germania, Norvegia e Lituania contattati da Linkiesta.

Come spiega Sonia, cuoca a Parigi, poter votare alle elezioni nazionali francesi le permetterebbe di integrarsi maggiormente nella comunità. «Adesso mi sento un’italiana all’estero che deve risolvere mille problemi burocratici per avere un posto dove dormire e un’assicurazione sanitaria, anche se dal mio stipendio lo stato francese prende mensilmente la sua percentuale», spiega Sonia.

«Sinceramente non la sento più di tanto questa unità dell’Unione europea. Avere il diritto di votare qui mi incentiverebbe a seguire più da vicino la scena politica francese e a interessarmi alle problematiche nazionali», conclude.

Opinione simile a quella di Maria Domenica, insegnante di musica in Germania: «Io non vivo solo in un paese straniero, ma lavoro e pago le tasse qui, per cui mi piacerebbe votare la classe dirigente senza avere necessariamente la cittadinanza».

Ad esprimere il proprio sostegno al suffragio universale europeo è anche Andrea, ricercatore presso l’Università di Bergen in Norvegia. «Le elezioni e le politiche nazionali – spiega – hanno delle conseguenze anche sulla mia vita, quindi vorrei poter votare anche senza avere la cittadinanza. Credo che l’estensione del voto sarebbe una misura d’integrazione indiretta efficace».

Secondo Daniele, ricercatore dell’Università di Kaunas in Lituania, «dare l’opportunità di eleggere i rappresentanti di uno Stato anche ai residenti stranieri è una cosa positiva. Tuttavia credo sia necessario fare delle distinzioni tra coloro che sono residenti da anni e parlano la lingua della nazione in cui risiedono e coloro che invece hanno ottenuto la residenza da poco tempo».

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