Uscendo da un’aula di tribunale di Hong Kong dopo essere stato accusato di aver provocato disordini nel corso di una manifestazione, l’attore Gregory Wong, molto noto nella città-stato, si è rivolto ai giornalisti alzando in aria tre dita della mano destra.
Il gesto, preso in prestito dalla celebre saga di film “Hunger Games”, è diffuso in particolar modo in Thailandia, dove indica il sostegno verso le proteste che negli ultimi mesi hanno visto migliaia di cittadini scendere in piazza contro la politica antidemocratica del governo.
Lo scopo del saluto, ha dichiarato l’attore al giornalista Timothy McLaughlin del The Atlantic, era quello di mostrare alle persone vittime di ingiustizia che «siamo tutti in sintonia l’uno con l’altro». Il suo sostegno è raro tra le celebrità di Hong Kong, che temono ripercussioni personali da parte del governo, e per questo Gregory Wong è diventato uno dei volti più noti della protesta.
Wong è un attivista dichiarato della Milk Tea Alliance, un’associazione attiva soprattutto online dove sotto l’hashtag #MilkTeaAlliance si radunano persone che vivono principalmente in Thailandia, Hong Kong e Taiwan. Ad unirle è l’aperto dissenso contro i rispettivi governi autocratici, ai quali chiedono riforme in senso democratico. Il loro nome deriva dalla comune passione per le bevande a base di tè dolce, molto diffuse nei Paesi del sud-est asiatico: si pensi al tè al latte tipico di Hong Kong, al tè freddo thailandese o al celebre bubble tea taiwanese preparato con perle di tapioca (boba).
Il gruppo si è sviluppato durante la primavera con lo scopo di respingere gli utenti più facinorosi e i bot che infestano le piattaforme dei social media. Ma il movimento, spiega McLaughlin, «è andato oltre il trolling online ed è diventato l’emblema della frustrazione che molti giovani in tutta l’Asia provano per l’ingombrante presenza di Pechino nella regione».
La nascita della Milk Tea Alliance è legata in modo bizzarro a Vachirawit Chivaaree, un attore thailandese protagonista di una serie televisiva molto apprezzata intitolata “2gether: The Series”. A metà aprile, l’attore ha messo un “mi piace” a un’immagine su Twitter che mostrava quattro diversi paesaggi urbani, tra cui Hong Kong, accompagnati da una didascalia che recitava: «Queste quattro immagini sono state scattate da quattro Paesi». Il fatto di etichettare Hong Kong come un Paese diverso dalla Cina, per volontario o meno che fosse il gesto, ha scatenato le ire nazionaliste degli haters cinesi.
Nonostante le scuse dell’attore, alcune persone sono andate a scavare negli archivi dei suoi account social. Così hanno trovato il retweet di un messaggio che speculava sul fatto che il Coronavirus fosse nato in un laboratorio cinese, e un commento su un post di Instagram di tre anni prima che secondo alcuni si riferiva a Taiwan come un Paese distinto dalla Cina.
«I fan di Chivaaree», commenta Timothy McLaughlin, «hanno poi infranto la principale regola di Internet: non dare da mangiare ai troll». Quindi hanno replicato a loro volta a suon di prese in giro e insulti spesso xenofobi, alimentando una guerra senza quartiere da un milione di tweet. È stata questa proprio questa guerra ad unire i sostenitori della democrazia di Hong Kong agli utenti taiwanesi e filippini avversi al regime cinese.
«Tutti sono vittime della Cina e del suo autoritarismo», spiega all’Atlantic Parit Chiwarak, uno studente e attivista di scienze politiche di 22 anni che è diventato uno dei leader più importanti delle proteste thailandesi. «Per questo [nell’Alleanza] c’è amicizia per natura». In questo modo, il messaggio della Milk Tea Alliance si è allargato, e ora l’Alleanza «avvolge le persone in tutta l’Asia che sono stufe dell’autoritarismo in espansione e chiedono riforme democratiche», ha dichiarato all’Atlantic la Taiwan Alliance for Thai Democracy, un gruppo di studenti che hanno organizzato manifestazioni a sostegno delle proteste thailandesi a Taiwan.
«In quanto giovane generazione in ascesa», spiega l’alleanza taiwanese, «speriamo di arginare la marea della dittatura e mostrare al mondo che i valori democratici in cui crediamo, così come la società più equa e giusta per la quale ci battiamo, non sono “occidentali”, ma un sentimento universale ovunque le persone desiderino l’autodeterminazione e una maggiore libertà».
L’hashtag #MilkTeaAlliance diventa popolare ogni volta che si riaccendono le proteste. È stato molto utilizzato quando a giugno di quest’anno la Cina ha emanato una legge sulla sicurezza nazionale riguardante Hong Kong, o ancora in seguito al boicottaggio del film Disney Mulan, la cui attrice protagonista Yifei Liu si è espressa a sostegno della polizia di Hong Kong nel corso delle manifestazioni. Il film è stato criticato anche per la decisione di girare diverse scene nella regione dello Xinjiang, accusata di ospitare campi di internamento e di perseguitare la minoranza uigura.
Un altro caso è scoppiato a febbraio di quest’anno, quando il governo thailandese, salito al potere nel 2014 con un colpo di stato militare e auto-rielettosi in forma democratica nel 2019, ha bandito per 10 anni i dirigenti di Future Forward (FFP), un giovane partito d’opposizione di area progressista ritenuto responsabile di aver ricevuto fondi illegalmente.
Le ragioni che stanno dietro alle proteste, però, non sono di carattere esclusivamente politico, ma riguardano anche la disuguaglianza sociale che penalizza le nuove generazioni sul mercato del lavoro. Come spiega a The Atlantic Matthew Wheeler, analista dell’International Crisis Group con sede a Bangkok, i giovani hanno la sensazione che «se non hai il cognome giusto e le giuste conoscenze, il tuo percorso sarà più difficile delle persone ben inserite».
Col passare del tempo, la Milk Tea Alliance ha iniziato ad essere presente anche offline. Sono nate così le Milk Tea Girls, eroine a fumetti che si battono per l’Alleanza, e una linea di abbigliamento omonima con sede a Hong Kong che produce magliette con slogan in thailandese, inglese e cinese. Il proprietario del marchio, che si fa chiamare soltanto Marcus, senza cognome, per paura di ripercussioni da parte delle autorità, ha dichiarato a The Atlantic che le t-shirt servono a far sapere alle persone «che non stanno combattendo da sole».
Ad agosto, durante le proteste di Bangkok, i manifestanti esponevano cartelli a sostegno della Milk Tea Alliance. Phuthanawat Chaphuwong, uno studente di 18 anni dell’Università di Bangkok, ha partecipato a numerose proteste indossando un elmetto giallo e un respiratore magenta e grigio, l’uniforme non ufficiale dei manifestanti di Hong Kong. «Lottano per la libertà come noi», ha dichiarato lo studente a The Atlantic, e le ragioni della sua protesta, osserva Timothy McLaughlin, erano simili a quelle degli abitanti di Hong Kong: «un governo che non ascolta, buie prospettive economiche e autorità che sembrano agire impunemente».
Al momento la Milk Tea Alliance è per lo più limitata a Hong Kong, Taiwan e Thailandia, ma gli attivisti sperano di espandersi ulteriormente in tutta l’Asia. Joshua Wong, un noto attivista di Hong Kong che spesso twitta a sostegno dell’Alleanza, ha dichiarato all’Atlantic la sua speranza che il gruppo crei un movimento “pan-asiatico” che porti maggiore attenzione sulle cause sociali nella regione.
In occasione della festa nazionale di Taiwan il 10 ottobre, il vicepresidente Lai Ching-te ha twittato un post con l’hashtag #MilkTeaAlliance che ha raccolto oltre 47.000 like. Ma «che si tratti della Bielorussia, della Thailandia o di altri luoghi in cui stanno accadendo ingiustizie», ha ribadito ancora una volta l’attore Gregory Wong, «lottiamo costantemente per le stesse convinzioni».