Il mite Roberto Speranza, che secondo uno dei soliti sondaggi pagnoncelleschi sarebbe il politico più amato dagli italiani, se n’è uscito con una frase inquietante: «Bisognerà resistere con il coltello fra i denti». Ora, a dire il vero, più che di coltelli gli italiani avrebbero bisogno di un po’ di chiarezza.
E invece si ha come l’impressione che nell’aria ci sia qualcosa di strano, di torbido, di ambiguo. Il contrario della chiarezza. C’è un muro di gomma che fa rimbalzare le domande e le ansie di un Paese intero dinanzi alla ripresa della circolazione del Covid, e le fa tornare indietro sulla testa di cittadini sempre più tesi.
Un po’ si drammatizza e molto si minimizza, così che il giusto mezzo appare un orizzonte che non si raggiunge mai. Si evoca il coltello tra i denti e si rivolgono inviti alla calma e a lavarsi le mani, come sette mesi fa, uguale uguale. Soprattutto si ripete come un training autogeno che «siamo i migliori in Europa», che sarà pure vero (è quanto attestano da giorni i più qualificati media inglesi) ma qui non è la Champions League, purtroppo questa è una guerra che non si riesce a vincere.
E peraltro noi stiamo giocando un po’ troppo all’italiana, passaggi corti, ritmi blandi, si cincischia a centrocampo, palla in tribuna: manca il gioco. Non c’è una strategia aggressiva, si subisce sperando che si arrivi indenni a un novantesimo minuto che però in questa partita non è previsto.
Le notizie purtroppo non sono buone: 2548 nuovi contagi, il dato di ieri. Crescono soprattutto in Veneto, Lombardia, Lazio.
Il virus contagia il Genoa e dunque il campionato, si rinvia la partita col Torino a data da destinarsi e insomma già è caos; al Senato sono tutti isterici per via del contagio di alcuni grillini e malgrado le rassicurazioni di Maria Elisabetta Casellati il problema viene rimosso e la presidente (come il collega Roberto Fico) tutto fanno tranne che studiare come far lavorare il Parlamento da remoto; al Tg1 un dipendente è in terapia intensiva e non si capisce quali provvedimenti la Rai intenda prendere; in Campania i contagi aumentano ma il decisionista De Luca una volta tanto appare incerto sul da farsi.
In tutto questo Giuseppe Conte ha annunciato l’allungamento dello Stato d’emergenza fino al 31 gennaio senza illustrare le ragioni generali e quelle specifiche di questa scelta (anche se lo farà, perché è costretto, in Parlamento). Il ministro della Salute, sempre il mite Speranza, ha promesso la riforma del sistema sanitario ma il ministro più amato dagli italiani ancora non ha fatto molto per quello che riguarda il rafforzamento delle strutture sanitarie di base, né risulta che stia battendo i pugni per avere i 37 miliardi del Mes come qualunque ministro socialista o democristiano dei tempi andati avrebbe fatto al posto suo, strafregandosene di entrare in polemica con qualche alleato (in questo caso il fantasma del Movimento Cinque Stelle).
Non esiste un piano del governo per prevedere lockdown circoscritti e programmati per ostacolare la circolazione del virus come sta pensando di attuare Angela Merkel. E non solo lei: la Regione Lazio sta mettendo a punto piani di chiusura di zone, quartieri, persino singole strade divenute cluster, ma il rischio se il quadro dovesse peggiorare – come prevede la Fondazione Gimbe – è che ogni Regione possa fare di testa sua con un intervento arlecchinesco e pasticciato.
La situazione non è facile, intendiamoci, persino i virologi non sanno più che dire, ma il governo del Paese, proprio perché non è assillato dall’emergenza come in Francia o in Gran Bretagna, dovrebbe essere in condizione di avere un quadro chiaro della situazione e soprattutto di approntare un piano per scongiurare un peggioramento della situazione. Forza Conte, forza Speranza: diteci qualcosa e soprattutto fate qualcosa. Anche senza il coltello tra i denti.