Da molti mesi ci stiamo domandando quale dovrebbe essere la normalità a cui tanto aneliamo tornare una volta concluso il processo di migrazione dal mondo pre covid a quello post covid, e non è la prima volta che personalmente mi espongo nel suggerire una riflessione generale sul significato collettivo che diamo al concetto di normalità, visto che quella normalità nella quale ci siamo accomodati negli scorsi anni è in realtà un habitat in rapido degrado a causa della crescita dei consumi.
Non sono certo il solo a sostenere che questa pandemia sia il fattore imprevisto che tra i tanti effetti avrà anche quello di accelerare il cambiamento di rotta che lentamente la nostra società si stava accingendo ad attuare. Tuttavia, non sempre l’accelerazione nel processo di cambiamento, o la velocità con cui esso si perfeziona, è una garanzia di successo. Non lo è di certo quando si corre nella direzione sbagliata.
Interessanti per capire in quale direzione stiamo correndo noi italiani, sono i risultati del “Rapporto Coop 2020 – Economia, Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di GfK, GS1 Italy con l’Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Npd, Crif e Tetra Pak Italia.
Dunque, secondo il Rapporto, la nostra prossima normalità sarà ambientata all’interno dei confini domestici. La nostra casa sarà la nostra confort zone all’interno della quale lavoreremo (siamo passati dalle 600mila persone del 2019 ai 3,3 milioni che si stimano per il 2021 lavorino da casa), studieremo e ci formeremo (il 15% dei nostri connazionali frequenterà webinar e formazione online), ci informeremo (il 29% degli italiani l’anno prossimo aumenterà il proprio tempo trascorso su Internet, il 19% incrementerà videochiamate e chat con la propria famiglia e gli amici, il 29% passerà più tempo sui media online), socializzeremo (il 25% frequenterà di più gli amici nella propria abitazione), coltiveremo le nostre passioni (il 36% praticherà l’hobby della cucina, il 17% lo farà in un’ottica di salutismo poiché mangiare bene è il primo passo per la personale ricerca della felicità), ci intratterremo (il 23% dedicherà più tempo a guardare film e serie tv in streaming).
E quando sarà tempo di vacanze le scelte cadranno entro i confini nazionali (saranno il 49% degli italiani coloro che l’anno prossimo faranno un viaggio in Italia) e saremo sostenibili (il 41% rispetto all’anno scorso ridurrà dell’oltre il 5% la spesa per viaggi. Il 27% degli executive ritiene che la mobilità dolce, cioè quella a piedi in bicicletta o su monopattino, sarà la tendenza che caratterizzerà in positivo la nostra società nei prossimi 3/5 anni).
Vivremo sempre più in una bolla destinata a rimpicciolirsi via via che ciascuno di noi ridurrà il raggio della propria mobilità e delle attività outdoor. Il 45% dei nostri connazionali ha dichiarato che rispetto all’anno scorso ridurrà la spesa destinata a discoteche, eventi live, spettacoli e, purtroppo, cinema e musei. Parallelamente aumenterà la dedizione per i videogiochi (26%), l’enigmistica (21%), la realizzazione di video (16%), i giochi con le carte (16%).
E saremo sempre più orientati allo spending review rinunciando all’aiuto domestico e a far ricorso a badanti a supporti per i nostri familiari (il 29% inizierà o aumenterà il tempo dedicato ai familiari non autosufficienti).
Quello a cui pare proprio che non siamo disposti a rinunciare è il focus sulla sostenibilità (il 35% degli executive intervistati ritiene che lo sviluppo del green economy è uno dei trend che caratterizzeranno positivamente il nostro futuro post covid e nella realtà dei fatti il 21% dei nostri connazionali ha aumentato gli acquisti in punti vendita che promuovono prodotti sostenibili contro il 17% degli americani e il 15% dei tedeschi).
C’è da considerare anche quel milione e settecentomila italiani che proveranno gli acquisti green per la prima volta a emergenza finita. A questi, che non sono pochi, e a tutti gli altri, che sono tanti, torno a dire che tocca a loro, a tutti e a ciascuno di loro, prendere consapevolezza della non piccola differenza che corre tra l’avere una coscienza green e l’avere una coscienza sostenibile.
Il salto che siamo chiamati a fare è rendere sostenibili tutti i sistemi a partire da quello economico. Perché ciò avvenga dovremo potenziare la nostra capacità di innovare non solo per inseguire la trasformazione digitale. Perché ciò avvenga dovremo dare libero sfogo a quell’attitudine che io chiamo Innovability, cioè innovation for sustainability.