Era la fine del XIII secolo quando il mercante veneziano Marco Polo riportò dalla Cina la notizia dell’uso di cartamoneta, ricavata dalla scorza del gelso. Settecento anni dopo la Banca centrale europea si prepara all’emissione dell’euro digitale, una moneta elettronica assimilabile al contante in grado di ispirare lo stesso grado di fiducia di carta e metallo.
È quanto si legge nel rapporto della task force presieduta da Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Bce. Sulla base del rapporto è partita proprio in questi giorni una consultazione pubblica, prologo alla sperimentazione che potrebbe prendere il via già dalla metà del prossimo anno.
Finora la Banca centrale europea ha creato moneta in due forme: il contante, una moneta fisica fatta di banconote e monete metalliche; e le riserve costituite dalle banche private presso la banca centrale, uno scudo per alimentare la stabilità della moneta unica.
Sono entrambe passività nel bilancio della Bce, come pure la nuova forma di moneta, che combinerebbe le caratteristiche della prima e della seconda: sarebbe ovviamente digitale, come le riserve, ma al pari del contante disponibile anche per famiglie e imprese.
L’euro digitale affiancherebbe il contante senza sostituirlo, ha spiegato Panetta, e offrirebbe ai cittadini «i medesimi servizi che oggi l’euro offre loro, ossia l’accesso gratuito a un mezzo di pagamento di facile utilizzo, accettato da tutti, affidabile e privo di rischi». Un’operazione di inclusione finanziaria, con un occhio ai trenta milioni di europei sprovvisti di conto corrente e sempre più esclusi dalle transazioni commerciali.
A quale prezzo ancora non è dato saperlo. Affinché sia davvero equiparabile alle banconote, l’euro digitale dovrebbe possedere alcune proprietà imprescindibili: la garanzia di anonimato, per dirne una, l’obbligo per tutti di accettarlo nelle transazioni (il potere liberatorio) e la possibilità di effettuare pagamenti offline. Ma i giuristi e i tecnici al lavoro sul prototipo già sanno che nessuna soluzione tecnologica sarà capace di soddisfare tutti i desiderata. A meno che gli utenti non accettino di portarsi appresso l’ennesimo dispositivo, in barba all’essenza “digitale” dell’euro digitale. Quindi in virtù della sicurezza e della facilità d’uso si faranno certamente compromessi.
Quanto al suo funzionamento, possiamo immaginare che ogni cittadino europeo disporrà di un conto digitale e gratuito presso la Banca centrale europea. E per effettuare i pagamenti potrebbe usare una tessera come quella sanitaria oppure il proprio smartphone. La “user experience” non subirà particolari scossoni. La vera differenza sarà impercettibile fisicamente, ma non per questo meno sostanziale: «Oggi usare moneta elettronica significa avvalersi di almeno un intermediario, quasi sempre più d’uno» spiega a Linkiesta Luca Fantacci, professore di storia economica all’Università Bocconi e studioso della moneta, «e il rischio che l’intermediario fallisca è sempre dietro l’angolo. Se la controparte non è più un istituto bancario privato ma la Banca centrale europea, per definizione si azzera il rischio finanziario. La Bce non può fallire».
Certo è difficile figurarsi la Banca centrale europea che dialoga direttamente con milioni di correntisti. E infatti il progetto prevede che siano le banche private o i prestatori di servizi a pagamento a gestire i nuovi conti correnti. Il creditore resta però la Bce, beninteso; è questa la migliore garanzia di sicurezza e affidabilità.
Sicurezza che potrebbe anche diventare un boomerang. Perché infatti detenere un conto presso una banca privata, se quello aperto presso la Bce è più sicuro e per giunta usufruibile in tutta l’Eurozona senza commissioni? È uno dei rischi evidenziati dallo stesso Panetta: che il nuovo euro digitale sia di ostacolo all’attività delle banche e ne comprometta la capacità di raccolta, specialmente in presenza di tassi di interesse negativi sui conti correnti.
Motivo per cui, riferiscono a Linkiesta fonti di Bankitalia, si sta pensando di limitare la quantità di euro digitale disponibile sul conto, prevedendo dei massimali o introducendo delle penalità via via che la somma depositata aumenta. Non certo il miglior presupposto per acquistare una casa in euro digitale, ma del resto chi pagherebbe una casa in contanti? L’idea non è infatti rimpiazzare in toto l’attuale sistema dei pagamenti, bensì prevenire uno scenario futuro in cui non sia più possibile pagare cash. E se pensiamo che già oggi sono pochi i caselli autostradali che accettano contanti, un simile scenario non sembra poi così fantascientifico.
In ogni caso, ciò che è annunciato non è l’emissione imminente di una nuova moneta, ma semplicemente l’intento di esplorare una possibilità. Secondo il rapporto della task force, sono diverse le circostanze in cui l’emissione di euro digitale si renderebbe necessaria. Per esempio, qualora i cittadini divenissero riluttanti a usare il contante; e gli ultimi dati messi a disposizione dall’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano mostrano che nel 2019 i pagamenti digitali in Italia, che si mantiene fanalino di coda in Europa, sono comunque aumentati dell’11%.
Oppure qualora eventi estremi – quali calamità naturali o pandemie – rendessero inutilizzabili altri mezzi di pagamento. Senza contare il pericolo che altre banche centrali emettano la propria valuta digitale rimpiazzando gli attuali mezzi di pagamento, sollevando rischi per la stabilità finanziaria e la sovranità monetaria dell’Eurozona. Attenzione: si scrive “altre banche centrali” ma si legge “Cina”, che è la più aggressiva su questo campo da gioco e ha cominciato le sperimentazioni nel 2014.
E poi c’è Facebook, che ha spinto l’Eurotower a premere sull’acceleratore. Trasferire denaro con la semplicità con cui si invia una foto su WhatsApp: è questo l’obiettivo del progetto Libra, la moneta digitale ideata dal colosso di Menlo Park ancorata a un paniere delle principali valute mondiali. Entrare nel business dei sistemi di pagamento consentirebbe a Facebook di capitalizzare la propria base clienti: considerando tutte le piattaforme che appartengono alla galassia di Mark Zuckerberg, si tratta di una comunità globale di circa 3 miliardi di utenti, più di Visa e MasterCard insieme. «Se per un terzo della popolazione mondiale Facebook custodisse il salvadanaio oltre che il diario, la Bce perderebbe il controllo sull’offerta di moneta e sarebbe Zuckerberg a fare la politica monetaria» spiega il professor Fantacci.
Per non parlare delle incognite legate all’architettura monetaria, a cui si aggiungono questioni di privacy potenzialmente ancor più serie di quelle che Facebook ha dovuto affrontare fino a oggi. Benché il progetto Libra sia ora in fase di stallo, l’emissione dell’euro digitale consentirebbe alla Bce di rispondere in modo efficace anche alla potenziale concorrenza di entità private (specialmente se con vocazione monopolistica).
C’è però un punto su cui il rapporto della Bce resta dichiaratamente oscuro: le implicazioni della nuova valuta sulla politica monetaria. L’emissione di euro digitale, creando un legame diretto fra la banca centrale e i cittadini, diventerebbe in effetti uno strumento di controllo dell’offerta di moneta; con la possibilità per la banca centrale di erogare denaro direttamente a cittadini e imprese per sostenere l’economia reale. Un’opportunità straordinaria in tempi di Covid.
Ma questo comporterebbe anche il rischio di sconfinamento della politica monetaria nella politica fiscale, senza che la Bce abbia il mandato politico per farlo. «La banca centrale non è titolata per “lanciare soldi dagli elicotteri”» commenta Fantacci «quando si tratta di trasferimenti sotto forma di sussidi, sono i governi a dover decidere. Quando si tratta di prestiti, è il sistema bancario privato in regime di concorrenza. In quest’ottica, l’introduzione dell’euro digitale pone anche il tema di una possibile ridefinizione dei rapporti tra autorità monetaria, governi e banche». Ma da chi conosce il dossier in Banca d’Italia arriva un freno: la Banca centrale europea non romperà gli argini del suo mandato.
Insomma, creare un contante digitale resta una questione aperta: questa nuova forma di moneta non ha ancora una fisionomia definitiva, non esiste un unico prototipo di cui soppesare costi e benefici. La sua architettura dovrà essere il risultato di un lavoro di concertazione con tutti gli stakeholder in gioco. Ma se due anni fa la Bce mostrava scetticismo, ora si avverte solo il senso di urgenza. Per evitare che un nuovo mercante come Marco Polo torni dalla Cina o dall’America con la notizia di una nuova moneta digitale, pronta per i portafogli degli europei.