Mobilità sostenibile Cosa vuole dire Fahrradstraße e perché ora finalmente esistono anche in Italia

Nel Decreto Semplificazioni sono state introdotte le strade urbane ciclabili, create per la prima volta in Germania nel 1997. Una trasformazione che avviene solo ora grazie alla pandemia da coronavirus che ha spinto i sindaci ad accelerare sul tema

Image by Linus Schütz from Pixabay

Con il “decreto Semplificazioni” approvato dal senato a inizio settembre sono state introdotte delle modifiche al Codice delle Strada davvero di ottimo auspicio per la mobilità ciclabile. Ne avrete sentito parlare, del decreto, per la questione più rimbalzata dai giornali che riguarda la possibilità di installare autovelox nelle strade urbane e che ha sollevato il consueto vespaio di polemiche. Ma un aspetto del decreto è passato più in sordina, ed è quello dell’introduzione delle strade urbane ciclabili.

Nessuno se lo è filato troppo, a mio avviso, per due motivi fondamentali: primo, perché nessuno ha capito cosa siano, queste strade urbane ciclabili – si sono tutti limitati a riportare i passi del decreto; secondo, perché non avendo capito nessuno cosa siano, non ci sarebbe stata una categoria che si sarebbe per forza indignata. Quindi non avrebbe fatto notizia.

Anzi a molti è sembrato quasi un arricchimento superfluo del nostro dizionario stradale. Non bastavano le “piste” e le “corsie” ciclabili. Ora pure le “strade”. Letta invece dalla nostra angolazione, dal nostro contesto geografico – più a nord, e in tema di biciclette piú avanti – l’introduzione di questi oggetti misteriosi merita tutta la nostra attenzione. E vi prego di dirlo a gran voce a tutti i parenti che a Natale vi aspettano in Italia: papà, mamma, abbiamo finalmente una traduzione italiana per Fahrradstraße!

Faccio quindi riferimento alla vostra memoria fotografica e vi chiedo di ricordare dove avete visto questo simbolo l’ultima volta:

Fonte Kater

Che è simile a quest’altro qui sotto, ma c’è una differenza sostanziale: quello qui sotto è contenuto in quello qui sopra. Lo ingloba, diciamo. Gli hanno solo messo un contorno quadrato bianco e ci hanno scritto sopra Fahrradstraße. Ma cambia davvero tutto.

Fonte Kater

Per non creare equivoci partiamo dai fondamentali. Il secondo simbolo è una comunissima pista ciclabile (Radweg). “Pista” perché è al di fuori della carreggiata, e si trova di norma sul marciapiede, a fianco dei pedoni. Da circa una ventina d’anni questo simbolo in Germania obbliga il ciclista a utilizzare la pista ciclabile indicata, vietandogli di fatto di viaggiare con le auto sulla carreggiata, o di importunare i pedoni. Eccone una estremamente confortevole a Osnabrück:

Foto: http://www.itstartedwithafight.de

Quando invece sul margine destro della carreggiata c’è una striscia longitudinale per le biciclette, quella è una “corsia” ciclabile. In Germania ci sono le Radfahrstreifen, con linea continua, e le Schutzstreifen, con linea tratteggiata.

Foto: www.wuerzburgerleben.de &  http://www.wn.de

Quindi la Fahrradstraße: che è una “strada” ciclabile perché la carreggiata stessa è dedicata alle bici. Per renderlo chiaro, il simbolo viene talvolta pitturato sull’asfalto.

Foto: https://www.dewezet.de

Ecco: questa cosa qui sembra stia arrivando in Italia. Ancora con le dovute incertezze, con una definizione nel decreto che tiene molte porte aperte – serviranno ulteriori step legislativi per definirla meglio – e l’aggettivo “urbana”, totalmente ridondante, che speriamo di scrollarci presto di dosso.

Chiariamo che se l’obiettivo è promuovere la mobilità ciclabile e in generale, un design urbano più attento alle esigenze degli utenti “deboli”, ben venga la sbirciata dal compagno più bravo. Il guru delle bici Mikael Colville-Andersen esorta ad esempio a copiare eins zu eins il modello “danese”, perché è il risultato di anni di esperimenti, ed errori, che sarebbe un perdita di tempo e di vite umane far ripetere ad altri.

Quindi ben venga la sbirciata del nostro legislatore, perché di sbirciata si tratta. Le Fahrradstraße le hanno inventate i tedeschi, esattamente nell’anno in cui da noi a Sanremo vincevano i Jalisse.

Nel 1997 in Germania è infatti uscita una modifica al Codice della Strada (una StVO-Novelle) abbastanza speciale, ribattezzata informalmente Fahrradnovelle. Il motivo era che in un colpo solo sono state introdotte le seguenti novità:

  • bici in contromano nei sensi unici
  • bici nelle corsie dei bus
  • corsia ciclabile con striscia tratteggiata (Schutzstreifen)
  • chiarimento del concetto di corsia ciclabile con striscia continua (Radfahrstreifen)
  • obbligo di utilizzo della pista ciclabile solo se contrassegnata dal simbolo (il tondo blu)
  • le Fahrradstraßen, appunto

Immagino non sia tutto chiaro, ma concorderete con me sul fatto che il 1997 in Germania sia stato un annus mirabilis per la legislazione ciclabile. Di cui oggi vediamo i frutti, ma il semino è stato piantato appunto 23 anni fa.

Ed ecco invece i semini appena piantati dal legislatore italiano:

  • bici in contromano nei sensi unici
  • bici nelle corsie dei bus
  • chiarimento del concetto di corsia ciclabile
  • le strade urbane ciclabili, appunto.

Non ho confuso l’ultimo nostro decreto con la Fahrradnovelle del 1997: è solo che si somigliano tantissimo. Il motivo di questa incredibile somiglianza? Che per migliorare la mobilità ciclabile le cose che noi, in Italia, dovevamo fare erano poche, chiare e risapute. E sono le stesse a cui i tedeschi sono arrivati semplicemente prima. Noi ci siamo arrivati solo ora in buona parte grazie alla pandemia da coronavirus, che ha spinto i sindaci italiani ad accelerare sul tema della mobilità ciclabile e quindi a fare pressioni sul governo perché gli fossero serviti gli strumenti legislativi consoni.

E mentre starete ancora canticchiando Fiumi di parole (prometto di linkarvelo alla fine dell’articolo), propongo come di consueto qualche botta e risposta per raccontarvi qualcosa di più su queste Fahrradstraßen.

Come si è arrivati all’idea di una Fahrradstraße?
Per rendere le zone urbane a misura di bici fino al 1997 in Germania, a livello di codice della strada, si poteva esclusivamente inglobare le strade in questione all’interno di una 30-Zone, che non è niente di più che imporre un limite di 30 km/h per omogeneizzare la velocità di tutti gli utenti della strada (con enormi vantaggi sulla sicurezza stradale e riduzione dell’inquinamento acustico e ambientale). Tuttavia – e lo sapete bene – i viaggi in bicicletta più piacevoli, nonchè quelli che ci viene voglia di ripetere, sono quelli in cui:

  • nessun’auto ha il diritto di superarci
  • si può viaggiare in coppia, uno di fianco all’altro

Da qui l’idea della Fahrradstraße, in cui valgono appunto questi due principi. Il vantaggio non è solo per i residenti, ma anche per chi abita ben più distante e vuole evitare una pista ciclabile accanto a una strada trafficata, che ha lo spiacevole svantaggio di avere dei semafori che interrompono costantemente la corsa.

Ha funzionato?
No, è stato un fiasco (un Mißerfolg!). Nella Fahrradnovelle c’era la clausola che la Fahrradstraße dovesse essere pavimentata con una materiale e una trama che non richiamasse l’asfalto, per distinguerla appunto da una strada normale. Dietro c’è un concetto cardine del design stradale: che non basta apporre un semplice cartello, ma serve prima di tutto costruire l’ambiente stradale nel modo in cui si vuole venga utilizzato (la gente guarda l’ambiente, non il cartello!). Nel 2009 però questa clausola è stata rimossa per venire incontro alle casse dei comuni, quindi a facilitarne l’impiego. E boom: nel 2014 c’erano in tutta la Germania 140 Fahrradstraßen. Successivamente sempre di più; nel 2019 solo a Monaco ce n’erano 83.

Chi ha la precedenza?
Agli incroci vige come regola di base il rechts vor links (la precedenza a destra detto con eleganza tedesca). Salvo eccezioni: se la strada che interseca da destra ha al suo ingresso una pavimentazione diversa dall’asfalto o una strettoia, allora chi viaggia sulla Fahrradstraße mantiene la priorità.

Le auto?
Gli automobilisti, sono di regola esclusi da queste strade. Però (c’è un però) se c’è il simboletto Auto frei (che si trova nel 96% delle Fahrradstraße) allora possono accedervi, ma con la forte limitazione che devono stare dietro di voi e adattarsi alla vostra velocità. Loro sono gli ospiti, voi gli inquilini. C’è un tetto massimo dei 30 km/h, che vale sia per le auto, che per i ciclisti più sportivi.

Continua a leggere su Kater un blog collettivo che parla di Germania – o almeno ci prova – al di là di semplificazioni, stereotipi e luoghi comuni.

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