Peggiora la situazione, da Nord a Sud, è la seconda ondata che sommerge tutte le regioni italiane e non si capisce bene cosa fare. La cosa è tanto più strana in quanto la situazione, pur preoccupante, è assolutamente gestibile: ma guardando la politica sembra ineluttabile passare dall’inerzia al panico senza una via di mezzo, un’azione seria di governo.
Purtroppo si stanno rivedendo tutte le magagne strutturali di questo Paese, fra le quali il sistema sanitario – pur con la sua forza, come dire, morale che ha espresso nei mesi scorsi – si evidenziano casi che fanno veramente impressione.
In un ottimo servizio della collega Giulia Cerino a Piazzapulita abbiamo potuto vedere la follia di un ospedale napoletano con il pronto soccorso chiuso – avete letto bene: chiuso – per la presenza di un caso Covid. Un ragazzo con la testa rotta arrivato in quel frangente è stato medicato alla buona sull’uscio, praticamente sulla stradina che conduce fuori.
Davanti al pronto soccorso del Cardarelli, il più importante ospedale di Napoli, si è potuta vedere una ressa di persone come se fosse il mercato del pesce: parenti dei ricoverati, persone che volevano il tampone, cittadini che accusavano altri disturbi. Scene che immaginiamo si stiano ripetendo non solo a Napoli.
Abbiamo poi visto in tutti i telegiornali le chilometriche file ai drive-in per fare ‘sti benedetti tamponi. Scene drammatiche, da paese del terzo mondo. Crisi di nervi di gente rinchiusa nelle loro auto per ore e ore, di notte, aspettando il proprio turno, e magari poi via al lavoro.
«E gli asili nido, dove sono?», grida nei Giardino dei ciliegi il personaggio Trofimov, il giovane intellettuale che si ribella al conservatorismo inane della Russia di fine Ottocento. E allo stesso modo possiamo noi chiedere nell’Italia di 120 anni più tardi dove sia la medicina di base, dove le strutture di primo intervento, dove le modalità umane per effettuare i tamponi, dove la medicina a domicilio e anche dove siano i vaccini antinfluenzali.
Ancora una volta Cristo si è fermato a Eboli, le strutture più moderne e diffuse stanno dall’altra parte del Paese, e se la situazione dovesse precipitare chissà cosa succederebbe in Campania (De Luca è già con l’elmetto in testa), in Calabria, in Sicilia. E a Roma sarà il solito casino, anzi già lo è.
In guerra servono le armi, inutile girarci intorno. Certe volte si ha la sensazione che il buon Roberto Speranza vada al fronte con la cerbottana: cosa trattenga il giovane ministro a reclamare l’adozione immediata del Mes nessuno l’ha capito, al di fuori dell’ormai insopportabile ossequio alle bizze dei grillini.
Ma è anche la destra a far cadere le braccia. Con la meritevole eccezione di Forza Italia, le opposizioni non stanno facendo assolutamente nulla, a parte la puerile esultanza se manca il numero legale.
Visto che adesso Matteo Salvini vuole fare il liberale, tenuto conto che il suo vice Giancarlo Giorgetti intende svoltare al centro, ecco che la Lega, o una sua parte, avrebbe un’ottima occasione per fare politica: si schieri a favore del Mes, si voti in Parlamento: e a quel punto chi se ne frega dei grillini. L’Italia viene molto molto prima.