La strada stretta di MerkelI primi cento giorni deludenti della presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione europea

Il confronto fra le priorità presentate all’inizio del semestre da Berlino e le decisioni prese è negativo a causa del metodo intergovernativo. Il diritto di veto impedisce di sbloccare i dossier più importanti

Afp

Angela Merkel può addurre molte ragioni per giustificare gli scarsi risultati raggiunti dopo cento giorni di presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione europea (1° luglio-15 ottobre 2020) ma il confronto fra le priorità presentate all’inizio del semestre e le decisioni prese dal Consiglio europeo e a dai Consigli specializzati è per ora sostanzialmente negativo. 

Esso lo è soprattutto a causa del metodo intergovernativo, appesantito dal piombo del diritto di veto, dalla totale inadeguatezza del Presidente del Consiglio europeo Charles Michel che presiede una istituzione con la pretesa – in violazione dell’articolo 15 del Trattato sull’Unione europea – di occupare quasi tutti i poteri nell’Unione europea e che è invece totalmente impotente, dalla mancanza di cooperazione leale fra i governi, dalle costanti divaricazioni sulle questioni internazionali e last but not least dalla mancanza di coordinamento e di coesione nella lotta alla pandemia.

La dimostrazione più chiara di quest’impotenza è stata data dalla riunione del Consiglio europeo del 15-16 ottobre in cui su tutti i temi posti all’ordine del giorno da Charles Michel la risposta è stata rinviata al prossimo Consiglio europeo (10-11 dicembre) mentre il vertice del 16 novembre a Berlino dedicato alle relazioni con la Cina è stato annullato 

Non è certo colpa della presidenza tedesca se il picco della pandemia è tornato ai livelli della prima ondata in molti paesi europei a cominciare dalla Germania ma il superamento del COVID-19, preannunciato il 1° luglio, è lontano dall’essere raggiunto (prima priorità), non c’è unità d’azione nella ricerca del vaccino e le spese della ricerca europea sono cadute sotto la mannaia del Consiglio europeo del 21 luglio per arricchire il pacchetto del NextGenerationEU.

Lo strumento di recupero e resilienza (European Recovery and Resilience Facility, che non è un Fund o addirittura un Found come si ostinano cocciutamente a dire e a scrivere giornalisti, politici ed economisti) è per ora solo una proposta di regolamento approvata in prima lettura dal COREPER (il Comitato degli ambasciatori che rappresentano i paesi membri a Bruxelles) il 9 ottobre ma attende il semaforo verde del Parlamento europeo che lo tiene in ostaggio come merce di scambio sullo stato di diritto e sul Quadro Finanziario Pluriennale. 

A nostro avviso, il Parlamento europeo farebbe bene a sbloccare rapidamente la proposta di regolamento adottandola con procedura d’urgenza questa settimana in sessione plenaria nel testo votato dal COREPER concentrando la sua azione prima sul Quadro Finanziario Pluriennale e sulle risorse proprie e poi sulla riapertura del cantiere dell’Unione europea.

Lo strumento di recupero e resilienza non sarà in grado di far uscire l’Unione europea dalle conseguenze economiche e sociali della pandemia (la seconda priorità della presidenza tedesca) se non sarà aumentato il massimale delle risorse proprie dall’1.2 al 2% del Reddito  globale dell’Unione europea consentendo alla Commissione europea di raccogliere i 750 miliardi di Euro sui mercati dei capitali a partire dal 1° gennaio 2021 per finanziare tutti i programmi contenuti nel NextGenerationEU e spenderli in prestiti e sovvenzioni. 

Il rischio è forte che i parlamenti nazionali non approvino questo aumento entro la fine del 2020 lasciando ancora inattuato l’impegno della presidenza tedesca per la partenza del piano di recupero e resilienza dall’inizio del prossimo anno. 

Noi suggeriamo al Presidente del Bundestag Wolfgang Schaueble di promuovere, d’accordo con il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli, una riunione urgente di tutti i parlamenti nazionali sotto forma di  “assise interparlamentari”, come quelle che si svolsero a Roma nel novembre 1990, per adottare insieme una decisione politica di aumento del massimale delle risorse proprie, una decisione che faciliterebbe e accelererebbe poi il voto in ogni parlamento nazionale.

L’Europa sarà più forte e innovativa (terzo punto delle priorità) se saranno fatti passi in avanti in dossier bloccati da tempo come il completamento dell’Unione economica e monetaria a cominciare dall’Unione bancaria, l’avvio di una nuova politica industriale con particolare riferimento alle piccole e medie imprese sulla base delle proposte avanzate dalla Commissione europea per aumentarne la competitività, l’accelerazione delle decisioni sull’agenda digitale e sulla politica energetica insieme all’eliminazione degli ostacoli al mercato interno.

L’Europa sarà più sostenibile (quarta priorità) se saranno accelerate le decisioni sulla biodiversità e sarà salvaguardata la transizione verso la agroecologia (anche con il rigetto da parte del Parlamento europeo degli accordi al ribasso chiesti dalle lobby), se sarà rafforzato il partenariato pubblico/privato nella dimensione della finanza etica, se saranno fatti passi in avanti sull’imposta alle frontiere (di fatto un dazio) sui prodotti ad alto contenuto di carbonio (border carbon adjustment) e sulle imposte relative alle plastiche, se saranno prese misure adeguate nella lotta alla povertà all’interno dell’Unione europea e se sarà avviata una seria riforma su una politica fiscale equa sapendo che questo tema divide CDU-CSU da una parte e SPD-Gruenen dall’altra.

L’attuazione del Pilastro Sociale di Göteborg, adottato nel novembre 2017, è stata invece rinviata durante la presidenza portoghese che organizzerà a maggio a Porto un nuovo vertice sociale.

L’Europa rafforzerà la sua sicurezza e la difesa dei suoi valori comuni (quinta priorità) se sarà avviata una iniziativa per ampliare le competenze della Procura europea contro la criminalità internazionale e le organizzazioni di stampo mafioso, se sarà radicalmente cambiato e non solo  aggiornato il regolamento di Dublino per consentire una politica di accoglienza e di inclusione coordinata per chi richiede l’asilo (rifugiati) e chi fugge dalla fame, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre ai contadini (migranti cosiddetti economici), se saranno adottate procedure e  regole forti per il rispetto dello stato di diritto.

L’Europa sarà un modello e un attore per la pace se sarà in grado di impegnarsi collettivamente e unitariamente per un nuovo ordine internazionale fondato sulla cooperazione, il partenariato e il multilateralismo (sesta priorità). In questo quadro si inserisce la richiesta di applicare alla politica estera e della sicurezza comune la cosiddetta clausola della passerella prevista dall’art. 31 par. 3 del Trattato sull’Unione europea per passare dal diritto di veto al voto a maggioranza qualificata. 

Le conclusioni del Consiglio europeo del 15-16 ottobre sull’Africa sono state da questo punto di vista un eclatante esempio negativo.

Fra le priorità della presidenza tedesca non figura – anche se il viceministro degli affari esteri e responsabile per gli affari europei Michael Roth sostiene che sarà convocata so schnell wie moeglich (il più rapidamente possibile, ndr) secondo il principio dixi et salvavi animam meam (Parlai e così salvai la mia anima, ma nel senso di parlarne per poi lavarsene le mani, ndr) – la Conferenza sul futuro dell’Europa (e non solo dell’Unione europea), l’idea che fu lanciata da Emmanuel Macron il 4 marzo 2019 su cui è stato adottato una sorta di coprifuoco non a causa della pandemia ma di un dissenso profondo fra il Parlamento europeo e il Consiglio europeo.

L’esperienza tendenzialmente deludente del semestre di presidenza tedesca dovrebbe spingere la cancelleria Angela Merkel a chiuderlo in dicembre davanti al Parlamento europeo, sfruttando anche la contemporanea presidenza tedesca del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, per rilanciare l’urgenza e la necessità di un radicale cambiamento di rotta dell’Unione europea nella sua dimensione continentale dal punto di vista del contenuto del progetto, del metodo e dell’agenda per realizzarlo. 

La cancelliera Merkel potrebbe ricordare l’affermazione del suo predecessore Willy Brandt che sostenne, già nel 1974, che il Parlamento europeo eletto a suffragio universale e diretto avrebbe dovuto essere riconosciuto come una assemblea costituente permanente e il discorso che fece François Mitterrand a Strasburgo il 28 ottobre 1989 alla vigilia della caduta del Muro di Berlino sollecitando l’assemblea a rivendicare questo ruolo.

La Conferenza sul futuro dell’Europa potrebbe essere ancora la dimensione ottimale di uno spazio pubblico europeo, secondo l’espressione di Juergen Habermas, dove far incontrare la democrazia rappresentativa con quella partecipativa e gettare le basi del ruolo costituente del Parlamento europeo sulla via dell’Europa federale. 

*Pier Virgilio Dastoli è il presidente del Movimento Europeo – Italia

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