Fuga di cervelliL’esodo di migliaia di informatici, programmatori e startup dalla Bielorussia a Kiev

L’Ucraina per vicinanza e facilità di accesso è ora una delle mete favorite da artisti, intellettuali, studenti e, soprattutto, dai lavoratori del settore della tecnologia a causa della drammatica repressione del regime dopo le settimane di proteste a Minsk

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Pubblicato originariamente su Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa

Stando all’ultimo censimento condotto in Ucraina (2001), quella bielorussa costituisce la terza comunità nazionale nel paese, dietro a ucraini e russi. Si parla di oltre 275mila abitanti, distribuiti abbastanza omogeneamente a livello geografico, segno di come nel corso dei secoli i due territori abbiano condiviso sorti comuni, di cui l’esperimento statale sovietico è solo il più noto e recente.

Dal punto di vista ufficiale, la comunità bielorussa dal 2003 è rappresentata dall’Unione ucraina dei bielorussi, che opera soprattutto nel settore culturale e linguistico. Oltre a promuovere iniziative ed eventi in Ucraina, l’Unione rappresenta attivamente la comunità presso il Consiglio che il ministero degli Esteri bielorusso ha creato nel 2014 proprio per le questioni relative alla sua diaspora (legge 162-3 “Sui bielorussi all’estero”, del 16 giugno 2014).

La lingua e cultura bielorusse si studiano oggi in Ucraina presso l’università statale di Kiev “Taras Ševčenko”, che nel 2009 ha inaugurato un apposito centro di studi, intitolato al poeta Uladzimir Karatkevič (o, in russo, Vladimir Korotkevič, 1930-1984), alla presenza del presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko. A Karatkevič è inoltre dedicata una statua, posta nel 2011 non lontano dal consolato bielorusso a Kiev. Il bielorusso è poi una lingua opzionale presso l’università di Lutsk “Lesja Ukrainka” e a Melitopol’.

Tuttavia, la crisi politica che la Bielorussia sta vivendo da agosto, a partire dalle contestate elezioni presidenziali, sembra aver dato una particolare scossa alle relazioni tra i due paesi. Anche dal punto di vista scolastico: dai primi di novembre è attiva infatti la prima scuola bielorussa d’Ucraina, in forma telematica, fortemente voluta dall’attrice e musicista Anastasija Špakovskaja, la quale in settembre ha lasciato Minsk per il paese confinante. L’istituto si appoggia a due scuole ucraine private (per questo può rilasciare attestati legalmente riconosciuti) e per ora utilizza il russo come lingua veicolare, poiché mancano al momento insegnanti ucraini tanto fluenti in bielorusso da poter impartire l’intero programma ministeriale in questa lingua. Il bielorusso, oltre all’inglese, è tuttavia materia d’insegnamento. Come sottolinea Špakovskaja, questa scuola si rende sempre più necessaria ora che, in seguito agli ultimi eventi in Bielorussia, sono in molti a lasciare con la famiglia il proprio paese.

L’Ucraina per vicinanza e facilità di accesso è ora una delle mete favorite – in primo luogo da artisti, intellettuali, studenti e, soprattutto, dai lavoratori del settore dell’informatica e della tecnologia.

Fuga dei cervelli IT
Sono circa 1200 i programmatori e gli informatici che negli ultimi tre mesi hanno lasciato la Bielorussia per l’Ucraina e, con loro, moltissime aziende e startup stanno trasferendo le loro sedi e uffici altrove. Per Minsk, dove il settore della tecnologia dell’informazione (IT) costituisce il 22% del totale delle esportazioni e il 6% del Pil nazionale, sarà un duro colpo. Nel paese infatti una politica lungimirante – portata avanti da Valerij Tsepkalo, oggi oppositore in esilio di Lukašenko – aveva sancito nel 2005 l’apertura del Belarus Hi-Tech Park, una vera e propria Silicon Valley nel cuore dell’Europa che negli anni, anche grazie alle vantaggiose condizioni fiscali offerte, ha saputo attirare investitori, imprenditori e startup da tutto il mondo. Tuttavia, l’instabilità politica bielorussa di questi mesi ha già fatto perdere circa 15 milioni di dollari alle aziende Hi-Tech, che sono ora spinte a lasciare quanto prima il parco tecnologico di Minsk. Quasi il 45% delle startup starebbe pensando di andarsene; la maggior parte guarda all’Ucraina come nuova meta.

Oltre al danno economico, molte aziende subiscono in queste settimane continue pressioni da parte del regime di Lukašenko, ancora del tutto sordo alle richieste dei manifestanti e della comunità internazionale che si è espressa in più modi in loro sostegno (recentemente anche attraverso sanzioni Ue), condannando le violenze delle forze dell’ordine.

Una certa risonanza ha avuto a tal riguardo il caso dell’azienda PandaDoc, leader nel settore delle firme elettroniche di documenti. A inizio settembre quattro suoi manager sono stati fermati e incarcerati dalle autorità bielorusse per aver sostenuto le proteste; l’azienda ha offerto sostegno economico ai funzionari bielorussi che si fossero rifiutati di adempiere agli ordini governativi. Dopo aver fatto circolare un sondaggio interno e aver riscontrato che ben l’83% dei suoi dipendenti avrebbe preferito lasciare Minsk, PandaDoc ha quindi prontamente deciso di spostare i suoi uffici in Ucraina (a Kiev, Odessa e Leopoli). Come ammettono i dirigenti dell’azienda, oltre alla vicinanza geografica e linguistica, anche l’aspetto fiscale invoglia gli imprenditori a spostarsi qui: l’imposta sul reddito si ferma in Ucraina al 5%, mentre a Minsk è del 9%.

Non è stata solo PandaDoc a sostenere pubblicamente i manifestanti bielorussi nel corso di questi tre mesi di proteste ininterrotte, ma si è venuto a formare piuttosto spontaneamente un gruppo di cyber-attivisti, o come si auto-definiscono “Cyber Partisans of Belarus”, che prende di mira i siti governativi e rende disponibili dati e documenti secretati (soprattutto relativi a forze dell’ordine implicate nelle repressioni delle proteste). I lavoratori del settore informatico, che in agosto si sono uniti alle manifestazioni portando con sé le tastiere (bianche come i fiori simbolo delle proteste), hanno inoltre indirizzato una lettera aperta alle autorità, in cui minacciano la fuga in massa di specialisti ed esperti del mondo della tecnologia. Un atto che, conseguentemente, andrà a determinare la sostanziale cancellazione di tutte le conquiste fatte dalla Bielorussia nel settore negli ultimi quindici anni. E come si suol dire: ogni lasciata è persa.

Destinazione Kiev
Kiev in questo senso può dirsi più che soddisfatta di venire suo malgrado interessata da questo flusso migratorio selezionato. D’altro canto, bisogna anche notare che il governo ucraino è stato svelto a non lasciarselo scappare. In agosto ha introdotto una quota ad hoc per gli ingressi lavorativi destinata a specialisti del settore IT (5000 unità) che possono ottenere un permesso di soggiorno valido per dieci anni per sé e le proprie famiglie. In settembre il ministero per la Trasformazione digitale, assieme a quello degli Esteri e dell’Economia, ha lanciato un portale con annesso call center che offre servizio diretto 24 ore su 24 a coloro che intendono trasferirsi in Ucraina dalla Bielorussia. Infine, il 4 ottobre, un decreto, destinato specificatamente ai cittadini bielorussi, ha semplificato per loro l’iter di ottenimento del permesso di soggiorno e di registrazione come imprenditori.

Fuori dall’ambito governativo sono sorte in questi mesi iniziative dal basso che aiutano gli informatici e i programmatori bielorussi a trasferirsi in Ucraina attraverso la ricerca di alloggi, uffici e lettere di invito. Tra queste vi è la European Association of Software Engineering, il cui presidente è l’ucraino Vladyslav Savčenko. A partire da agosto, l’associazione ha aiutato circa 60 aziende IT e 500 lavoratori del settore a spostarsi da Minsk nel paese sia in forma temporanea che permanente.

Il valore aggiunto che apporteranno questi nuovi lavoratori (e contribuenti) all’Ucraina sarà significativo, considerato che si tratta al momento di uno dei settori in più rapido sviluppo e che garantisce i maggiori profitti. Inoltre, avendo a disposizione uno stipendio medio di gran lunga superiore allo standard del paese, questi esperti e le loro famiglie garantiranno delle ricadute anche sull’economia reale del paese come consumatori.

Non è tuttavia mancata la risposta da Minsk in seguito alle iniziative governative ucraine che facilitano il trasferimento di cittadini bielorussi: per le autorità bielorusse si tratta di azioni “ostili” che “minano la fiducia reciproca” tra i due paesi. Allo stesso modo sono state condannate le manifestazioni di solidarietà giunte dall’Ucraina nei confronti dell’opposizione, gli inviti a tenere nuove elezioni, i dibattiti relativi a possibili sanzioni nei confronti del paese confinante. Minsk ha direttamente accusato Kiev di interferire nei suoi affari di politica interna. Per tutta risposta, il ministro degli Esteri ucraino, Pavlo Klimlin, ha recentemente annunciato che Aleksandr Lukašenko sarà d’ora in poi chiamato per nome e cognome, non più “presidente della Bielorussia”. Nel frattempo, il 29 ottobre Minsk ha chiuso i confini terrestri con l’Ucraina, la Lituania, la Lettonia e la Polonia, giustificando ufficialmente la decisione con la diffusione dell’epidemia di Covid-19. Pare tuttavia che, per il momento, la chiusura interessi principalmente i cittadini stranieri in entrata.

 

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