Altre quattro Regioni potrebbero ritrovarsi presto in area di rischio più alta. Entro la fine della settimana potrebbero essere 14 le Regioni, oltre alla provincia di Bolzano, nelle quali sono necessarie misure più restrittive di quelle in vigore in tutta Italia: non un lockdown generale, ma qualcosa che ci assomiglia molto visto che più di due terzi del Paese sarebbero in zona arancione o rossa.
Dopo aver firmato l’ordinanza che entra in vigore oggi per Abruzzo, Basilicata, Liguria e Toscana, che vanno ad affiancare Sicilia e Puglia in zona arancione – e quella che pone la provincia di Bolzano in zona rossa assieme a Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta – il ministro della Salute Roberto Speranza si è preso infatti ancora qualche ora per valutare non solo la situazione della Campania, già rinviata lunedì nel corso della cabina di regia, ma anche di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto, tutte Regioni che, secondo gli esperti, potrebbero veder schizzare verso l’alto i propri parametri nei prossimi giorni.
Per ora l’ipotesi di un nuovo lockdown totale non esiste, non è sul tavolo, ripetono dal governo. E gli stessi scienziati frenano, tanto che il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli parla di «decelerazione» della curva, «frutto delle misure già poste in essere», e quello dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro di «segnali incoraggianti». Anche se sono proprio i medici ad insistere: dopo Anelli, ad invocare il “tutto chiuso” è stato infatti il presidente della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg) Silvestro Scotti: «Serve una zona rossa in tutta Italia – dice – Mi pare assurdo che questo si sia deciso nel momento in cui il nord aveva percentuali di contagio così importanti e oggi si stia rimandando a questa barzelletta del puzzle».
L’allarme dell’Iss, intanto, è scattato e i governatori sembrano tutti intenzionati a correre ai ripari. Massimiliano Fedriga, Luca Zaia e Stefano Bonaccini, i presidenti rispettivamente di Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna, stanno già studiando un’ordinanza in comune per introdurre forse da venerdì le misure più restrittive invocate da Brusaferro. L’obiettivo è controllare le piazze della movida, evitare gli assembramenti, ottenere una più equilibrata mobilità delle persone.
Il dato di fatto è però che già ora in mezza Italia sono chiusi bar e ristoranti e non ci si può spostare dal proprio comune. Se si aggiungessero le 4 regioni indicate dall’Istituto superiore di Sanità, resterebbero in zona gialla solo Lazio, Molise, Marche e Sardegna, oltre alla provincia di Trento.
Per quanto riguarda l’incidenza del virus invece: «È alta: 524 casi per 100mila abitanti nel periodo di sorveglianza che raccoglie dati di qualche giorno fa – dice il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. Ci sono differenze tra regioni ma il nostro paese eccede largamente la soglia fissata a livello Ue».
Mentre l’età dei contagi è «purtroppo è in leggera crescita, lentamente si avvicina verso i 50 anni. E parallelamente l’età over 70 comincia ad avere un numero crescente di casi» continua Brusaferro. In più, il 50-60% dei positivi sono asintomatici.
«La curva per la resilienza cioè impatto sui servizi sanitari sta crescendo e ci si avvicina a soglie di valori critici, in relazione al bisogno di rispondere ai bisogni di salute», ha proseguito Brusaferro. Che lancia un monito anche per le terapie intensive. «In alcune regioni si è superata la soglia critica per l’occupazione degli ospedali e c’è probabilità alta in tutta Italia di saturazione entro un mese per le terapie intensive. Quindi c’è l’allerta e non possiamo permetterci di prendere sotto gamba la situazione» conclude.