Gold rushLa storia sconosciuta dei cercatori d’oro cinesi negli Stati Uniti

A metà Ottocento le difficoltà di economiche e sociali nel più grande Paese asiatico portarono una grande migrazione attraverso l’Oceano Pacifico, direzione California. Il romanzo di Ed Shew “Chinese Brothers, American Sons” racconta gli sfruttamenti, le discriminazioni e la speranza degli immigrati dall’Asia attraverso la vicenda di due fratelli

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La corsa all’oro, la costruzione della prima ferrovia transcontinentale, le grandi migrazioni che hanno portato nell’Ovest degli Stati Uniti una miriade di persone da ogni angolo dell’America e del mondo in cerca di fortuna: gli anni a metà dell’Ottocento sono entrati nell’immaginario collettivo come un periodo ricco di speranze, raccontati e celebrati in molte opere del cinema e della letteratura.

Molto spesso a mancare è un dettaglio macroscopico, una componente fondamentale delle grandi operazioni che animavano la California e i territori vicini: la manodopera cinese impiegata nelle miniere, nei fiumi, e in molte altre opere.

Così come milioni di italiani viaggiarono nella seconda metà del diciannovesimo secolo, affrontando le difficili traversate transatlantiche, allo stesso modo una parte della popolazione cinese si imbarcava per attraversare il Pacifico e arrivare nella California in piena febbre dell’oro. Questo periodo storico è descritto in “Chinese Brothers, American Sons”, romanzo di Ed Shew (non ancora tradotto in italiano), autore statunitense di origini cinesi.

Shew entra nelle pieghe della storia per raccontare la condizione degli immigrati cinesi in quegli anni attraverso le vicende dei fratelli Li Yu e Li Chang, partiti nel settembre del 1854, lasciandosi alle spalle la vita contadina del Guangdong (nel sud della Cina) per salpare in direzione di San Francisco.

Un articolo del quotidiano di Hong Kong South China Morning Post fa notare che «sebbene il libro non lo spieghi, è molto probabile che i due protagonisti siano partiti proprio dal porto di Hong Kong, punto di riferimento per chi abita nelle regioni circostanti e che vuole affrontare viaggi così lunghi».

Gli sbarchi provenienti dalla Cina iniziarono intorno al 1840. In quegli anni il Paese attraversa una fase di grandi disordini: la dinastia Qing al potere si stava sfaldando, l’economia e il commercio erano in crisi, la popolazione sempre più povera, e poi iniziarono ad arrivare le sconfitte nei conflitti militari con le grandi potenze europee (ad esempio le Guerre dell’oppio).

Aumentarono le migrazioni verso la California, la terra delle speranze e del sogno americano. Il romanzo di Shew si inserisce qui: arrivati negli Stati Uniti, i fratelli Li si dirigono verso i giacimenti d’oro della California orientale. Qui Shew, raccontando le vite dei due fratelli, descrive l’America dell’epoca, le discriminazioni cui andavano incontro gli immigrati cinesi, le difficoltà nella vita di tutti i giorni.

«Chinese Brothers, American Sons è una storia di resistenza, tragedia, amore, sfruttamento, discriminazione e sopravvivenza», scrive South China Morning Post. «È un romanzo storico ambientato negli Stati Uniti che all’epoca proibivano a un cinese anche di presentare una denuncia legale contro un bianco. Nel libro, quando un fratello viene picchiato duramente e il suo oro gli viene rubato non ha un appiglio legale. Un cinese a quei tempi non poteva nemmeno testimoniare contro un bianco».

La grande immigrazione cinese negli Stati Uniti aveva creato, di fatto, un nuovo segmento di popolazione destinato a diventare manodopera a basso, bassissimo costo, impiegata nella costruzione di opere importanti e storiche come la Transcontinental Railroad, la prima ferrovia transcontinentale che collega una costa all’altra. Non a caso, nel 2014 – durante l’amministrazione Obama – i lavoratori cinesi che hanno contribuito alla costruzione delle ferrovie sono stati inseriti nella Hall of Honor del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti.

«L’autore ha studiato a lungo per conoscere l’estenuante calvario fisico dei lavoratori migranti cinesi. Molti hanno trovato ricchezza in California, ma la storia di Shew si concentra su una quotidianità della maggior parte dei cinesi in America, fatto per lo più di sopravvivenza di uomini accovacciati sull’acqua corrente, in attesa di trovare pagliuzze d’oro sui loro setacci. Erano circa il 20 per cento di tutti i cercatori d’oro della California. E allo stesso tempo molti operai lavoravano scalpellando e martellando le pareti di roccia granitica della Sierra Nevada, scavando un tunnel attraverso le montagne. Shew entra nei dettagli dell’ingegneria dell’epoca per la costruzione della ferrovia: comprese scene di operai cinesi sospesi in ceste e la descrizione delle tecniche utilizzate per far saltare la roccia», si legge nell’articolo.

Dalla grande migrazione cinese di metà Ottocento si svilupparono, intorno agli anni ‘70 di quel secolo, grandi insediamenti, compreso quello di San Francisco – ha la più antica Chinatown degli Stati Uniti era nata poco prima e iniziò a diventare sempre più importante.

A normalizzare le relazioni formali tra Stati Uniti e Cina fu il Trattato Burlingame del 1868, che garantiva ai cinesi libera immigrazione e spostamenti all’interno degli Stati Uniti: una grossa opportunità soprattutto per gli imprenditori, che ne ricavarono una grande fonte di manodopera.

Provvedimento poi superato dal Chinese exclusion act del 6 maggio 1882, una legge promulga dal Congresso che impediva per dieci anni l’immigrazione cinese. Ma a quel punto la comunità era già solidamente radicata sul territorio e aveva anche attirato su di sé l’odio di buona parte degli altri lavoratori, soprattutto quelli arrivati dal Sud Europa.

Come scrive il South China Morning Post: «L’opera di Shew mette in luce la radicata disuguaglianza all’interno degli Stati Uniti, ma è anche una storia del crescente amore degli uomini per la loro nuova patria e delle straordinarie opportunità che offre. E può aiutare gli americani a capire la vita difficile di molti immigrati cinesi e dei loro discendenti».

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