L’Italia del nostro scontentoCome sono mutati i valori e gli orientamenti culturali dagli anni ’80 a oggi

Nonostante le attese, la cultura di una società non si trasforma in modo coerente. Ci sono elementi di novità ed elementi di continuità. Qualcosa, poi, ritorna. In “Come cambiano gli italiani” (il Mulino) si propone una radiografia degli ultimi 40 anni, che consegnano un Paese diviso a metà tra la tradizione e il declino

Mauro Scrobogna /LaPresse

Innanzitutto, si suggerisce di considerare due grandi stagioni di cambiamento dei valori e degli atteggiamenti degli italiani.

La prima inizia negli anni Sessanta e coi nostri dati riusciamo a osservarne la conclusione a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta; la successiva stagione è quella tuttora in corso.

Dal punto di vista contestuale ne abbiamo già rimarcato le differenze. La prima stagione è quella della crescita economica (ma anche del debito pubblico), dell’espansione educativa, del baby boom, delle riforme sociali e delle leggi sul divorzio e l’aborto, del crollo nella partecipazione alla messa; nella seconda stagione inizia una lunga fase di declino economico, il processo di innalzamento dell’istruzione mostra i suoi limiti, si dispiegano gli effetti dei cambiamenti demografici innescati nella stagione precedente, procede non senza contraddizioni il processo di unificazione europea, rallenta lo slancio delle riforme.

Il cambiamento dei valori e degli atteggiamenti che osserviamo nella (fase finale della) prima stagione è coerente con le previsioni della teoria della modernizzazione e abbastanza uniforme: si diffondono i valori postmaterialisti, aumenta l’importanza attribuita a quegli aspetti del lavoro che favoriscono la realizzazione dell’individuo, avanzano le posizioni libertarie sui temi morali.

Peculiare è il caso della religione dove la finestra di osservazione sugli anni Ottanta e Novanta ci permette di evidenziare il periodo di temporanea stabilità che ha fatto seguito all’intensa secolarizzazione degli anni Sessanta e Settanta.

Nella sfera politica si realizzano parzialmente le attese legate allo sviluppo di una cittadinanza più critica: aumenta la partecipazione politica e sociale ma rimane sostanzialmente stabile l’interesse (basso) per la politica, crescono il civismo e la fiducia negli altri.

Per interpretare la seconda stagione, dobbiamo lasciare maggiore spazio alla seconda chiave di lettura. Torna qui infatti utile l’intuizione istituzionalista secondo la quale il cambiamento culturale non procede omogeneamente nei vari ambiti come effetto del mutamento di condizioni strutturali esogene.

I diversi ambiti culturali sono relativamente autonomi e possono cambiare in funzione di dinamiche endogene, di cui è parte fondamentale il cambiamento dei vincoli e delle opportunità connesso al mutamento istituzionale. Non ci si sorprende quindi di osservare, a seconda dei diversi ambiti, elementi di continuità piuttosto che accentuati mutamenti, cambiamenti lenti piuttosto che veloci, contraddittori piuttosto che coerenti.

In linea con le previsioni della teoria della modernizzazione, assistiamo, da una parte, alla contrazione del post-materialismo, all’aumento dell’importanza attribuita al lavoro e alla crescente richiesta di protezione allo stato e alla società. Altri andamenti non rispondono invece alle attese che deriverebbero dalla teoria della modernizzazione a seguito delle modifiche contestuali che osserviamo in questa seconda stagione.

Promosso dal ricambio generazionale, riprende infatti incessante il processo di secolarizzazione innescato nella stagione precedente. Aumenta la disaffezione verso il matrimonio, il sostegno alla parità di genere, la diffusione del libertarismo.

Una dinamica del tutto peculiare si registra negli atteggiamenti verso l’omosessualità che nella stagione considerata mostrano un tendenziale prevalere di orientamenti disponibili all’accettazione della diversità. Si tratta di un cambiamento che realizzandosi in un tempo così breve non può essere agevolmente imputato al lento e irreversibile maturare di valori di tolleranza, ma piuttosto all’azione di élite che hanno ridefinito le norme di appropriatezza degli atteggiamenti verso le differenze e in particolare verso l’omosessualità, e all’adesione a queste norme di coloro che hanno adottato tale definizione.

Su un altro versante, troviamo una sostanziale stabilità degli atteggiamenti a fronte del cambiamento anche drammatico delle condizioni strutturali: è questo il caso di due ambiti molto diversi come l’ambientalismo e gli atteggiamenti verso l’immigrazione. Tale stabilità caratterizza entrambe le stagioni, a testimonianza del fatto che le due chiavi di lettura non si escludono ma si intersecano.

Nell’ambito politico-sociale assistiamo infine ad orientamenti ambivalenti: diminuisce la partecipazione, ma cresce il civismo; diminuisce la fiducia nelle istituzioni internazionali (soprattutto nell’Unione Europea) mentre aumenta quella nelle istituzioni d’ordine; cala la fiducia negli altri e si estende la domanda di un leader forte. Sembra il movimento di un pendolo parzialmente contrario a quello della stagione precedente, che tuttavia riconferma la dialettica tra istanze critico-propositive, conservazione e indifferenza che contraddistingue da tempo il «basso continuo» della cultura politica nazionale.

È su questo insieme di tendenze che si è abbattuto lo tsunami del Covid-19, di cui vediamo gli effetti immediati, ma non riusciamo ad immaginare gli effetti di lunga durata sui percorsi di vita individuali e collettivi.

A tutti i livelli si afferma la necessità di ri-cominciare, ri-partire, ri-progettare, introducendo anche elementi di novità. È però evidente che questa resilienza non può prescindere dai punti di forza e di debolezza che contraddistinguono da tempo le risorse motivazionali e materiali del nostro Paese.

Ma se c’è una cosa che abbiamo imparato in questo lavoro è che la cultura di una società non cambia in modo coerente. Come abbiamo visto alcuni atteggiamenti cambiano lentamente, altri ristagnano e altri ancora cambiano velocemente, forse perché è diventato appropriato pensare e dire cose che prima non si pensavano e non si dicevano. Ma allora gli effetti del Covid-19 sui cambiamenti futuri saranno diversi quanto diverse sono state le modalità di resilienza e di cambiamento degli orientamenti culturali che abbiamo osservato.

da “Come cambiano gli italiani. Valori e atteggiamenti dagli anni ottanta a oggi”, a cura di Ferruccio Biolcati, Giancarlo Rovati e Paolo Segatti, Il Mulino, 2020