«Intesa tra il Movimento 5 Stelle e il ministro dell’Economia, Gualtieri, sul Meccanismo europeo di stabilità: via libera alla riforma, ma niente fondi». Proprio così, testuale. «L’Italia non ostacolerà la revisione del Salva-Stati ma non prenderà il prestito». Questa la sintesi sulla prima pagina della Stampa. Come dire che potremo ristrutturare la casa come preferiamo, ma non abitarci.
Ancora più brillante la soluzione trovata dalla ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, per il problema della riapertura delle scuole. Dopo aver passato gli ultimi due mesi a spiegare che gli autobus potevano benissimo essere riempiti al 75 per cento, con cinque persone al metro quadro, perché tanto c’era il ricambio d’aria (?), perché tanto non ci si stava dentro più di un quarto d’ora (??) e perché comunque che volete da me, mica posso lasciare a piedi trecentomila persone (ah, ecco), ora spiega che gli autobus non possono essere riempiti oltre il 50 per cento, e quindi la soluzione è tenere le scuole aperte più a lungo, magari anche nel weekend.
Proposta a cui la ministra della scuola non mancherà di replicare nella prossima intervista – si accettano scommesse – che invece, secondo lei, per risolvere il problema basta far fare qualche corsa in più agli autobus. O forse decideranno entrambe di approfondire meglio la questione, con tutta calma, in quel fondamentale tavolo interministeriale tra il dicastero della scuola e quello dei trasporti, assieme a scienziati e tecnici, che era stato annunciato nei giorni scorsi, con un certo tempismo.
In compenso, ad appena venti giorni dalle dimissioni di Saverio Cotticelli (quello che non sapeva di dover scrivere il piano Covid, poi non solo lo sapeva ma lo aveva anche già fatto, ma non sapeva perché lo avesse negato, e ipotizzava di essere stato drogato), e dopo un primo passo falso sulla nomina di Giuseppe Zuccatelli (quello secondo il quale per prendere il Covid devi limonare quindici minuti di fila con chi ce l’ha già, nominato peraltro mentre si trovava in isolamento perché aveva il Covid), un secondo passo falso con la nomina di Eugenio Gaudio (quello ritiratosi all’ultimo istante perché «mia moglie non ha intenzione di trasferirsi a Catanzaro»), un terzo passo falso e un gran pasticcio sul coinvolgimento e sul ruolo di Gino Strada (compresa l’idea di un suo tandem con Gaudio, smentita da Strada via Twitter), un quarto passo falso con la nomina, data per sicura in serata e sfumata all’alba, di Narciso Mostarda (dopo un duro testa a testa con il prefetto Luigi Varratta, sfumato anche lui non ho capito bene per quale ragione; forse perché, in confronto a Mostarda, il suo nome non è stato ritenuto all’altezza), un quinto passo falso sulla nomina del coordinatore del comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo (sembra che avesse troppe pretese), alle 18.34 di ieri sera Giuseppe Conte ha potuto solennemente annunciare via Twitter la nomina del nuovo commissario alla sanità in Calabria, nella persona del prefetto Guido Longo (questa parentesi la lascio vuota per consentire al lettore di aggiungere la battuta che preferisce, qualora il prefetto Longo dovesse essersi già dimesso).