Bastone e carota per NataleConte non cerca soluzioni, pensa solo a far uscire spifferi sulla possibilità di «aprire qualcosa»

Il governo alterna messaggi di terrore e rassicurazione generando solo confusione: un frastuono di messaggi contraddittori in cui non si capisce se è in arrivo una nuova concessione o una nuova raccomandazione a stare in casa, se la curva dei contagi scende o è stabile, se i provvedimenti presi funzionano o meno

Mourad Balti Touati/LaPresse

Il bastone e la carota. Vecchia storia. Tecnica propagandistica alquanto fascista, nel senso che il fascismo fu il grande alchimista del miscuglio di buone notizie e cattive notizie, così il popolo non si agita troppo.

Fu Benito Mussolini, peraltro verso la sua fine, a intitolare così una sua raccolta di articoli (forse mutuando l’espressione da Winston Churchill, carrot and with a stick), sintetizzando in due parole il senso di un meccanismo psicologico elementare in cui l’alternanza fra terrore e rassicurazione, attentamente dosati, fruttava sicuro consenso.

D’altronde, quello di indorare la pillola è compito di qualunque spin doctor, alla stregua di un sergente che debba sollevare il morale della truppa: ma in tempo di pandemia bisogna stare particolarmente attenti. Altrimenti si finisce come i geni della comunicazione di palazzo Chigi e dei poveri portavoce dei ministri che stanno minando il buon senso e la pazienza degli italiani, per esempio facendo uscire spifferi e chiacchiere sulla possibilità di «aprire qualcosa» (un nuovo dpcm, evviva) a ridosso della due giorni Immacolata concezione-sciopero degli statali, antipastino delle feste natalizie, la carota delle carote.

Bravi, suonate pure la canzone del va tutto bene, così a Natale facciamo come quest’estate, e dopo richiuderete ancora… Anche se ieri Giuseppe Conte ha decretato il divieto di baci e abbracci la sera del 24 dicembre, si alimenta l’idea che la nottata stia passando.

Al contrario, ci pensa Roberto Speranza ripreso sempre davanti alla stessa pianta da otto mesi, ad ammonire che non bisogna uscire di casa se non «per motivi comprovati», una specie di lockdown in salsa burocratese: e insomma questo è il bastone brandito seppure con il faccino mesto dal ministro della Salute.

Dicono tutti: ma come si fa a parlare del Natale in questa situazione? Uno dei più intelligenti parlamentari della Repubblica, e certamente del suo partito (il Partito democratico), Filippo Sensi, ha twittato: «Trovo che la retorica – peggio, la tattica – del Natale come luce in fondo al tunnel sia irresponsabile, non veritiera e controproducente. Abbiamo bisogno di fatti, della loro durezza, e di fiducia, che non si costruisce con un baluginio, ma lavorando sodo, dicendo la verità».

Giusto, giustissimo. Peccato sia il governo a non dire la verità, a giocare alle tre carte in un pirandelliano mistero su quale sia la verità. E poco importa che si accumulino nella testa di un normale cittadino messaggi diversi e contraddittori: stiamo chiusi però stiamo aperti, a casa ma al lavoro, la curva scende però è stabile, gli ospedali sono al collasso ma non collassano, la regione gialla diventa rossa senza passare dall’arancione, i ristori c’erano ma ce ne vogliono altri, i soldi europei arriveranno ma forse più tardi. E il numero dei morti sale, non possiamo farci niente.

Eh, ma l’importante è che nel frastuono immondo dei messaggi mediatici al popolo si getti in pasto un qualche zuccherino, ai coniugi intristiti, ai giovani nervosi, ai nonnetti con gli occhi al cielo e le mani giunte, a chi non becca più un euro, a chi ha qualche caro in ospedale, insomma a questa Italia piegata, Giuseppe Conte e Rocco Casalino suggeriscono di soppiatto che qualcosa ripartirà e forse vicino è “il baluginìo”, magari un alberello pur piccolo e con poche luminarie, una cena e non un cenone, regalini solo simbolici, due o tre giorni di relativa pace. La carota, il bastone. E l’Italia sopporta, come sempre. Anche senza baci e abbracci.

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