Azione di governoChe cosa c’è nel piano di Calenda per la strategia industriale europea

La relazione approvata a larga maggioranza dall’Europarlamento propone una nuova visione su commercio, ricerca, energia, formazione e investimenti. Secondo il leader di Azione bisogna accompagnare la transizione verso il digitale e il green, ma a patto che nessuno resti indietro

Lapresse

Una politica industriale che guarda al futuro non può prescindere dal principio del “no one left behind”, che nessuno resti indietro: tutte le trasformazioni sociali, economiche, tecnologiche, possono creare fratture tra vincenti e perdenti. E negli ultimi mesi la crisi dovuta al coronavirus ha danneggiato soprattutto i giovani e le donne.

Parte da qui il rapporto del leader di Azione Carlo Calenda sulla strategia industriale dell’Unione europea approvato la mercoledì scorso dalla plenaria del Parlamento europeo con 486 voti favorevoli, 109 contrari, e 102 astensioni.

In un video di ottobre pubblicato sui suoi profili social, Calenda parlava della necessità di aggiornare il documento con la strategia delineata il 10 marzo scorso, «perché la politica industriale in Europa è sempre stata fuffa, debole. E perché il tessuto imprenditoriale è stato colpito duramente». A marzo lo scenario europeo era molto differente: la pandemia era solo all’inizio, non c’erano ancora stime accurate né ricadute effettive sull’economia e sulle imprese. Inoltre il vecchio documento non teneva conto del Next Generation Eu.

Il rapporto presentato da Calenda identifica obiettivi, percorsi da seguire e strumenti da utilizzare per ricalibrare gli sforzi. «La relazione – ha spiegato Calenda – divide la strategia industriale in due fasi distinte: una prima fase volta alla ripresa del sistema produttivo dopo l’emergenza e una seconda che ha come obiettivo la costruzione di un sistema industriale resiliente sotto il profilo sociale, economico, ambientale».

Il primo punto citato da Calenda nella sua relazione è proprio l’attenzione ai temi sociali, in particolare alla formazione, per evitare perdita di posti di lavoro e salvaguardare la coesione territoriale. Da qui il “no one left behind”.

Il documento contiene proposte su commercio, ricerca, energia, formazione e investimenti, ed è declinato per accompagnare le due transizioni, digitale e green, al centro degli obiettivi dell’Unione europea – come testimoniano anche le indicazioni per la ripartizione degli investimenti del Recovery & resilience fund – «la neutralità climatica nel 2050 rimane la nostra bussola».

Per quanto riguarda le regole sulla concorrenza e gli aiuti di Stato, ad esempio, Calenda dice: «Occorre un’equilibrata revisione delle regole sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato per proteggere la nostra autonomia strategica e la competitività globale e consentire il sostegno agli investimenti per l’ambiente e la digitalizzazione, preservando e completando il mercato unico».

Assicurarsi una strategia industriale efficace nella riduzione delle emissioni di CO2 vuol dire anche impegnarsi per evitare delocalizzazioni verso aree con standard meno rigidi che porterebbero solo aumento dell’inquinamento e perdita di posti di lavoro. «Dobbiamo fornire alle imprese gli strumenti adeguati – speiga Calenda – per contribuire in maniera efficace alla riduzione delle emissioni in linea con la Climate Law: dobbiamo evitare a tutti i costi che la trasformazione ambientale non adeguatamente sostenuta finanziariamente e protetta dal dumping ambientale, anche attraverso l’imposizione di una Carbon Border Tax, causi delocalizzazioni».

E al punto numero 12, il Parlamento europeo «invita la Commissione a preparare una relazione completa in cui si valuti lo stato dell’economia dell’Unione e la fattibilità della realizzazione di una duplice transizione, tenendo conto delle opportunità per le industrie, comprese le piccole e medie imprese, di trarre vantaggio dalle sinergie e di ridurre al minimo i rischi che possono rappresentare le une per le altre, massimizzando i benefici». In questo caso, la richiesta alla Commissione è «di adeguare la strategia pubblicata nel marzo 2020 alla situazione attuale e di affrontare entrambe le fasi, continuando a concentrarsi, nel contempo, su una transizione verde, digitale, equa e giusta che rafforzi la sovranità dell’Unione e la sua autonomia strategica».

Il Parlamento europeo ha adottato il rapporto, ma il leader di Azione ritiene che quello stesso approccio possa essere replicato anche a livello nazionale: «Il governo continua a parlare di “green” senza delineare gli obiettivi, il mio rapporto spiega come fare a raggiungerli e può essere una traccia da seguire. Perché sulla politica industriale all’Italia manca una tabella di marcia, un approccio sistematico», ha detto all’Ansa l’eurodeputato, sottolineando come il piano per il Recovery Fund sia una priorità, in questo momento, per l’Italia.

Secondo il leader di Azione, «il governo dovrebbe inserire investimenti e incentivi per favorire la transizione verde e per la decarbonizzazione che al momento mancano nella normativa di industria 4.0. Inoltre i fondi europei devono poter essere usati anche per crediti di imposta per ricapitalizzare le imprese», in pratica suggerisce di traslare a livello nazionale alcuni dei punti contenuti nel suo rapporto.

Ma per Calenda il problema dell’esecutivo non è solo sulle scelte e le strategie messe in campo a livello industriale. Nella sua relazione infatti evidenzia anche la necessità di restituire un tono alla diplomazia italiana e di riequilibrare i rapporti con i Paesi extra-Ue. «Con partner come la Cina dobbiamo essere fermi, non possiamo permettergli di partecipare ai nostri appalti pubblici se non fanno altrettanto con noi». Ma non solo. «Nel rapporto con gli Stati Uniti e sulle politiche di libero scambio, l’Italia e i Cinquestelle devono chiarire che posizione hanno. Solo che il governo è spaccato, e noi non possiamo continuare a fare figuracce».

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