L’intervista di David Sassoli a Repubblica domenica – cancellazione del debito Covid, rottamazione del Mes, monetizzazione del debito pubblico europeo per la svolta green – è stata per molti versi la conferma che il processo di istituzionalizzazione del M5S, e l’abbandono delle divise da Vaffaday per le grisaglie ministeriali della Casta post-grillina, procede di pari passo con l’affermazione dell’egemonia culturale sul PD dell’ex partito di Rousseau e della (chiamiamola) Dibattistanomics, che è poi solo la versione venezuelan-bolivarista della Borghi&Bagnainomics leghista.
Il Presidente del Parlamento europeo non è del resto nuovo a questo ruolo di ufficiale di collegamento tra progressisti e populisti, avendo già ospitato, in un dialogo pubblico surreale, Gunter Pauli e Beppe Grillo a parlare di “mondo nuovo”, società post-capitalista e politica post-democratica.
Sassoli ha anche detto cose condivisibili o almeno ragionevoli nell’intervista, come la necessità di «comunitarizzare», cioè mettere sotto il controllo della Commissione gli strumenti straordinari di finanza pubblica europea, nonché l’opportunità di continuare con le emissioni europee del Recovery per progetti di rilancio e riconversione dell’economia europea. Ma anche le ragioni giuste erano al servizio della causa sbagliata, che è la legittimazione del miracolismo economico così in voga in Italia, per cui se la Banca centrale europea stampasse quattrini a getto continuo, la Commissione li spendesse, tutti in Europa vivrebbero per sempre felici e contenti. Che è esattamente quello che tutti i populisti di sinistra e di destra hanno gridato per anni contro le regole e le politiche dell’Unione, imputando al pensiero mainstream di Bruxelles e Francoforte il declino italiano e il crash della nostra democrazia di scambio e richiedendo come risarcimento la cancellazione del frutto della colpa, cioè di quella montagna di debito pubblico, che proprio il giorno dopo l’uscita di Sassoli la Banca d’Italia ha certificato avere raggiunto a settembre la cifra record di 2582,6 miliardi di euro.
Perfino sul Meccanismo europeo di stabilità, che il Movimento 5 Stelle ha costretto Gualtieri a rifiutare a un prezzo di 350 milioni all’anno in più di interessi, Sassoli dà alla fine ragione ai pentastellati sulla base del surreale argomento che visto che non l’ha usato nessuno, perché a quasi nessuno conveniva, allora ha fatto bene l’Italia a non utilizzarlo, anche se ne avrebbe avuto una vera convenienza.
L’emergenza pandemica che si è abbattuta su tutto il mondo e che in Europa sta facendo morti e feriti a tutti i livelli ha ovviamente imposto strumenti emergenziali, ma non ha dimostrato che prima le istituzioni europee sbagliavano a raccomandare disciplina finanziaria e rigore di bilancio, bensì che non erano così ottuse come le si voleva fare apparire, visto che proprio da Bruxelles e sotto la spinta della rigorista Merkel si è flessibilmente adattato il quadro degli interventi straordinaria alla nuova rovinosa contingenza.
Però l’illusione che la finanza europea pandemica possa, dopo la pandemia, farsi ordinaria, cioè che il Covid abbia imposto un cambio di paradigma che rende desuete e nocive le prudenze finanziarie pre-Covid, rischia di diventare un’illusione fatale proprio per i Paesi che oggi, come l’Italia, più beneficiano della generosità europea. La sospensione del patto di stabilità e delle regole sugli aiuti di stato, la mutualizzazione dei debiti per la ripartenza e l’uso “pompieristico” della BCE rispetto all’incendio dei debiti sovrani dei paesi più indebitati non sono diventati the new normal e non hanno nessuna possibilità di diventarlo. Non solo perché per creare un Tesoro europeo o fare della BCE una cosa del tutto diversa da quella che è, servirebbe una modifica dei trattati, ma soprattutto perché questo grande piano di interventismo europeo che Sassoli vagheggia comporterebbe un trasferimento mostruoso di sovranità politica e fiscale verso le istituzioni Ue, cioè l’esatto contrario di quello che pretendono quanti vorrebbero la privatizzazione nazionale dei profitti e la pubblicizzazione europea dei costi del new deal “europeista”.
L’illusione di fare scomparire il debito Covid (e magari non solo quello) nei caveau della BCE riflette poi una forma di negazionismo, che forse Sassoli non sposa, ma di certo vellica, secondo cui le dinamiche monetarie e finanziarie nell’Unione non hanno fondamenti reali, ma sono “costruzioni” che si possono montare o smontare a piacimento – basta fare o scrivere una cosa diversa – decidendo a tavolino i sommersi e i salvati, perché è tutto finto, un’apparenza di realtà che maschera solo interessi inconfessati, come la retorica ormai comune contro l’Europa delle banche. denuncia da anni.
Ma che senso ha annegare il progressismo europeista nel grande mare dell’euro-negazionismo populista? Che senso ha accodarsi a quelli che volevano uscire dall’euro e oggi rivendicavano di averlo voluto fare nel nome del vero europeismo, quello delle botti piene, delle mogli ubriache e dei popoli felici?