La pandemia, tra le altre cose, sta mettendo a nudo l’essenza vera dei soggetti politici. Ha sancito per esempio la totale inconsistenza del Movimento cinque stelle, la scarsa rilevanza di Liberi e uguali e Italia viva, l’inaffidabilità furbetta di Lega e Fratelli d’Italia, la relativa autonomia di Forza Italia, mentre il Partito democratico si conferma, pur nel suo mare di contraddizioni e personalismi, l’unico partito vero.
Ma nessuno ha osservato che in questa grande guerra al Covid manca qualcuno: il sindacato. Il quale evidentemente ha ormai rinunciato – per scelta o incapacità dei suoi gruppi dirigenti – a svolgere quel ruolo di soggetto sociale nazionale e unitario al servizio del Paese che ha contraddistinto la sua lunga storia fuori dalle strette sue competenze.
Chi ha un po’ di capelli bianchi ricorda il sindacato italiano in prima fila durante tutte le emergenze, e non sono state poche, che questo Paese ha vissuto, dalla lotta contro il terrorismo e le stragi fasciste al terremoto del 1980, per dire le più importanti.
In quei frangenti Cgil, Cisl e Uil fungevano da grandi collettori civili e organizzativi per mobilitare tutto il mobilitabile al servizio della democrazia o, nel caso dei terremoti, per portare soccorsi a chi ne aveva bisogno. Si organizzavano i volontari, si dava una mano, si raccoglievano soldi.
Era l’altra faccia, quella laica, della solidarietà tradizionalmente costruita dalle associazioni cattoliche; e da questo insieme derivava gran sostegno allo Stato e inestimabile beneficio alle persone in carne e ossa.
Inoltre il sindacato italiano è stato sempre capace di mettere a disposizione del Paese intelligenze, competenze, idee e soluzioni sull’emergenza del momento. Insomma, in campo c’era sempre. Ma oggi non è più così. Non si ha infatti l’impressione di una presenza organizzata per concretizzare qualcosa di utile alle persone in difficoltà, né di una partecipazione intellettuale di fronte all’enorme sfida del Coronavirus.
Esistono, è vero, contributi sulle ipotesi di organizzazione del lavoro che verrà ma qui stiamo parlando di solidarietà concreta.
La Cgil, soprattutto, colpisce per la sua assenza (Cisl e Uil non pervenuti). Maurizio Landini, sempre molto mediatico e meno rissoso da quando c’è Conte a Palazzo Chigi, si sta giustamente occupando molto dei contratti da rinnovare ed è bene che in questo quadro chiami Confindustria al confronto e alla sfida. Ma il sindacato italiano non è mai stato solo un “sindacato”. È stato qualcosa di più, una grande infrastruttura sociale pronta a porsi al servizio dello Stato nei momenti drammatici.
Le mitiche strutture della Cgil avrebbero tuttora la forza per portare la cena ai più deboli, per sostenere materialmente chi è malato a casa, per organizzare attività per i bambini, per creare un grande fondo per chi ha perso il lavoro: e mille altre cose ancora. Il Covid potrebbe costituire un’occasione per stare in campo nell’ora più drammatica, come al tempo in cui Cgil, Cisl e Uil non erano solo tre sigle ma un patrimonio del Paese. Ma probabilmente è già tardi.