«Se eri un uomo ti menavo»Tra insulti e minacce cala il sipario sulla mai cominciata collaborazione tra maggioranza e opposizione

Alla Camera si è capito che la destra non farà nulla per aiutare il governo, e cercherà di sfruttare le sue difficoltà in ogni modo: ecco perché i Presidenti di Regione fanno ostruzionismo e in Parlamento difficilmente potrà prendere il via il cammino comune auspicato dal Quirinale

Roberto Monaldo / LaPresse

«Se eri un uomo ti menavo». Il sipario sulla collaborazione fra maggioranza e opposizione è calato con queste belle parole scagliate dai banchi della Lega, volate sull’emiciclo di Montecitorio e indirizzate alla mite ma battagliera deputata del Partito democratico Lia Quartapelle, interrotta mille volte dai salviniani mentre stigmatizzava la condotta del presidente della Lombardia Fontana. Di tumulti parlamentari sono piene le cronache ma in teoria in questo momento non dovrebbero aver luogo, almeno ascoltando i tanti, e pure autorevolissimi, inviti al dialogo. E invece.

La violenza della reazione leghista (espulso dall’aula lo scalmanato Igor Iezzi) ha ovviamente una spiegazione diciamo così di merito: e cioè che attaccare la giunta lombarda e il suo presidente equivale a colpire al cuore un partito che è nei fatti tornato molto simile alla Lega Nord se non addirittura alla Lega Lombardia di trent’anni fa. Il naufragio di Fontana sarebbe un cazzotto nell’occhio di Salvini. E il Pd, che lo ha capito, picchia duro.

Ma la questione è più generale. Complice il calo di popolarità di Giuseppe Conte e del suo governo, la destra ha scelto non solo di non dare una mano, ma di aspettare il cadavere seduta sulla riva del fiume con un atteggiamento di sostanziale ostruzionismo e di strumentalizzazione delle enormi difficoltà del Paese. Muovendo innanzitutto pedine fondamentali come i Governatori di destra, da, appunto, Fontana, al piemontese Cirio al calabrese Spirlì, tutti furenti per la tripartizione arlecchinesca stabilita dall’ultimo dpcm, fino al siciliano Musumeci che ieri, in una trasmissione tv, ha evocato nuove proteste di piazza. E non è solo la linea di Salvini, ma anche di una Giorgia Meloni che si trova perfettamente a suo agio nello scavalcarlo a destra.

È evidente dunque che l’auspicio del Quirinale di una sede parlamentare comune, che ha indotto Conte a esprimersi nello stesso senso, con questi chiari di luna è destinato ad avere vita durissima, malgrado si favoleggi di una commissione bicamerale per favorire il dialogo. Si vedrà, ma la mitica coesione non pare all’ordine del giorno.

Ancora più in generale, fra destra e sinistra su scala mondiale la divaricazione dovrebbe essere resa ancora più dura in seguito alla forsennata condotta di queste ore di Donald Trump, che è poi il leader del populismo nel mondo. Se Trump davvero dovesse avvelenare i pozzi, muovendo la piazza accostando la parola “democratici” a quella di “brogli”, si genererebbe una fase molto acuta dello scontro politico ad ogni latitudine: e non sarà certo questa destra italiana a segnalarsi per ragionevolezza.

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