Doveva essere la anti-Amazon, la voce digitale delle librerie indipendenti, il nuovo punto di riferimento per gli appassionati. Ma finora Bookshop.org, la nuova piattaforma lanciata all’inizio dell’anno negli Stati Uniti e, da novembre, anche in Inghilterra, ha sollevato più dubbi che applausi.
Nonostante la storia di creare un’alternativa etica al colosso di Jeff Bezos (accusato di sfruttare i dipendenti, di eludere le tasse e di schiacciare i piccoli esercenti) possa esercitare una certa attrattiva negli spiriti più romantici, la sensazione più diffusa tra gli operatori del settore, sia librai che piccoli editori, è che alla fine si tratti solo di quello, cioè di una storia. E che la realtà sarebbe ben diversa.
I punti dolenti, raccolti con solerzia in questo articolo del New Statesman, sono numerosi. Si va dall’accusa di portare a una omogenizzazione delle librerie, comprimendo nell’offerta la personalità di ogni esercizio (che tutto sommato rappresenta il valore aggiunto rispetto alle grandi catene), al fatto che a conti fatti fornisca un servizio meno efficiente rispetto a quello di Amazon.
Ma il problema principale riguarda i ricavi e il meccanismo della loro spartizione. Ogni libreria è invitata ad aprire un negozio virtuale sulla piattaforma. Qui i clienti, spinti da una genuina volontà di sostenerle, possono scegliere e comprare i loro libri. Dove vanno i soldi? Per ogni libro venduto il 30% finisce alla libreria. Se però un cliente lo compra da una lista generica, allora il 10% viene accumulato in un unico calderone che verrà poi diviso tra tutti i partecipanti.
Alle librerie, a conti fatti, sembra convenire poco. Se dall’online arriva il 30% del prezzo di copertina, da una vendita fatta in negozio ricavano intorno al 50%. Insomma, i compratori non lo sanno, ma con Bookshop.org le librerie risultano penalizzati.
Lo stesso meccanismo si ritrova, con qualche variazione, anche per le piccole case editrici. Se si considera il costo della distribuzione, che con Bookshop.org viene affidata alla sola Gardner, più una serie di altre commissioni, per ogni libro che l’editore vende in via diretta sulla piattaforma arriverebbe in tasca solo il 35% del prezzo di copertina. Con Amazon si ottiene il 40%. Sembra incredibile, ma il gigante di Bezos conviene di più.
La sensazione diffusa, insomma, è che a lungo andare, la nuova piattaforma non faccia davvero concorrenza ad Amazon, come si propone, ma vada a colpire il mercato ma degli acquisti fatti di persona. Una conseguenza che per le piccole librerie rischia di essere pericolosissima.
Bookshop.org smentisce, ma la momento non ci sono dati per verificare quanti acquirenti sia riuscita a portare via, in questi mesi, da Amazon, visto che il secondo non rilascia dichiarazioni e il primo dispone di misure poco affidabili.
Interrogato in merito dal New Statesman, Bookshop.org si limita a far notare che, dal momento del suo lancio (marzo 2020) il mercato americano dei libri venduti da librerie indipendenti (dato generale, cioè non attraverso Bookshop.org) sia cresciuto del 1000%. Un boom che, a loro avviso, indicherebbe «un allargamento della torta» dovuto anche alla loro presenza.
Se rimane difficile trovare una connessione logica, in generale, tra le due cose, bisogna tenere a mente che quella del 2020 è una situazione che definire viziata è eufemistico.
Per la maggior parte dell’anno le librerie sono rimaste chiuse e le persone a casa hanno continuato a comprare. Il risultato è un boom di transazioni online generale: la stessa Amazon ha totalizzato risultati record triplicando i suoi profitti nel terzo quarto dell’anno. Quanto allora dell’incremento delle vendite è dovuto alla crisi da Covid? E quanto è invece effetto dell’arrivo di Bookshop.org? In assenza di situazioni comparabili, cioè anni di pandemia (e per fortuna) è poco prudente trarre conclusioni. In altre parole, si vedrà.
Resta però lo scontento di chi lavora nel settore, il timore di vedere erosi i propri (scarsi) ricavi e di essere finiti in una sorta di trappola dove tutti finiscono per essere nemici di tutti, quando in passato si erano piuttosto ritrovati alleati (delle grandi catene prima, di Amazon poi). E anche se alcuni non dubitano delle buone intenzioni dei fondatori della piattaforma, il risultato finale rischia di finire a loro svantaggio.
Come se ne esce? Uscendo, suggeriscono. Cioè promuovendo la vendita diretta dei libri in libreria, parlando e comunicando con i librai. Una abitudine di una volta, interrotta dalle restrizioni sanitarie che, se pure viveva di piccoli numeri, poteva garantire qualità nella selezione, oltre a fornire a ognuno la libertà di rivolgersi ai nuovi clienti secondo le proprie diverse sensibilità. Esaltando e, al tempo stesso, andando oltre il concetto di libreria indipendente.