Tre miliardi di aiutiIl governo ha finalmente compreso l’importanza del settore marittimo, dice il presidente di Assarmatori

I fondi del Next Generation Eu saranno fondamentali per un comparto che ha sofferto particolarmente la crisi: gli arrivi si sono ridotti di molto, gli scambi commerciali sono stati ridimensionati e il turismo è stato fermo per diverse settimane. Le risorse in arrivo da Bruxelles dovranno contribuire alla ripresa ma anche alla transizione green, che interesserà sia le flotte dei traghetti sia i porti

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La crisi del 2020 ha colpito duramente anche il settore marittimo. Da marzo in poi gli scali nei porti di tutto il mondo si sono ridotti sensibilmente, il traffico navale è stato ridimensionato da una pandemia che ha inevitabilmente costretto alla limitazione degli spostamenti e alla chiusura delle frontiere.

Nel semestre che va da marzo a settembre il traffico navale dall’Europa alla Cina si è dimezzato (-51,4 per cento), e nel percorso inverso è calato del 32,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Tra Europa e Stati Uniti gli scambi sono stati intaccati meno, ma comunque in maniera significativa: un calo del 30,3 dal Vecchio continente agli Stati Uniti e del 38,6 dagli Stati Uniti all’Europa (dati ricavati dal report annuale stilato da Assarmatori).

Per aiutare il settore marittimo, il governo italiano ha previsto circa 3 miliardi di euro, risorse che rientrano nella spesa dei 209 miliardi del Next Generation Eu. Circa 500 milioni di euro andranno al rinnovo della flotta addetta al collegamento con le isole minori; 1,5 miliardi per la flotta di traghetti impegnata sui collegamenti con le isole maggiori; 1,050 miliardi per lo sviluppo del cold ironing nei porti italiani.

Il ministro dei Trasporti Paola De Micheli, intervenuta all’Annual meeting di Assarmatori del 19 novembre, aveva detto: «Non ci sono motivi perché ci siano ritocchi verso il basso, ma ci auguriamo che, al più, possano essere verso l’alto».

Per il presidente di Assarmatori Stefano Messina i tre miliardi di euro sono una cifra importante e un segnale che Roma vuole finalmente dar peso a un settore strategico come quello marittimo. «Ma per ora quei fondi sono solo in una bozza non ufficiale di progetti per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Quindi la prima condizione è che quelle cifre possano essere anche nel piano definitivo che l’Italia a breve dovrà mandare a Bruxelles», dice a Linkiesta Stefano Messina.

Il trasporto marittimo è strettamente collegato all’andamento dell’economia, alla produzione industriale, alla bilancia commerciale, e la previsione di un calo del Pil di circa dieci punti percentuali è un’indicazione piuttosto chiara sull’impatto della crisi per il settore. «Si sono bruciate risorse per miliardi. Ci vorrà tempo per tornare alla normalità», dice Messina.

Un caso esemplare che aiuta a inquadrare le difficoltà del settore è quello del comparto crocieristico, danneggiato dal rallentamento del turismo e dall’immagine delle navi da crociera ferme con i passeggeri a bordo nei primi mesi di pandemia.

«Le previsioni per quest’anno – dice Messina – erano di tredici milioni di passeggeri solo nel settore crocieristico domestico. Non so se si arriverà a due milioni. Eppure l’executive chairman di Msc Cruises, Pierfrancesco Vago, alla nostra assemblea annuale ha ricordato che la sua compagnia non ha licenziato e ha confermato gli ordini per le nuove navi. Mi è sembrata una dimostrazione di grande fiducia sulle potenzialità di un settore colpito ma non ucciso dalla crisi».

I tre miliardi previsti dal governo con il piano di ripresa e resilienza avranno un’indicazione ben precisa, secondo le linee guida tracciate da Bruxelles: gli investimenti andranno a finanziare soprattutto le due transizioni – digitale e green – a cui guarda l’Unione europea.

È per questo che circa un terzo dei fondi totali è destinato allo sviluppo del cold ironing: quel processo che permette lo spegnimento dei motori durante l’ormeggio in porto delle navi mantenendo stabile l’erogazione di energia richiesta grazie all’allacciamento alla rete elettrica a terra, così da azzerare le emissioni in porto.

«Spegnere i motori e attaccare le navi alla rete elettrica è in primo luogo un beneficio per la comunità, soprattutto in una realtà come quella italiana in cui i porti, per ragioni storiche, si trovano spesso al centro di aree intensamente abitate. Il problema è che proprio questa collocazione rende molto complessi i lavori di adeguamento delle banchine. Dare energia a una nave da crociera, dove tra passeggeri ed equipaggio ci possono essere a bordo anche 7000 persone, è come dare energia a una piccola città. Il vantaggio è che buona parte delle navi è già predisposta per questo tipo di alimentazione. Ora c’è bisogno di un grande sforzo del settore pubblico per adeguare pure i porti», dice il presidente di Assarmatori.

Il cold ironing è solo una delle soluzioni che il settore marittimo mette sul tavolo per ridurre le emissioni e raggiungere standard più sostenibili. D’altronde le proteste di chi sottolinea l’inquinamento delle navi, in porto come in navigazione, non sono nuove né rare, né tanto meno infondate. «Ma il mondo dello shipping – dice Messina – è impegnato in uno sforzo di riduzione delle emissioni secondo le regole, molto stringenti, stabilite dall’Onu attraverso l’International Maritime Organization (Imo): l’obiettivo principale è ridurre entro il 2050 le emissioni di CO2 di almeno il 50 per cento rispetto ai livelli del 2008. Ecco perché le indicazioni del Next Generation Eu vanno proprio in direzione di questi obiettivi».

Circa due terzi delle risorse previste dal governo andranno al rinnovo delle flotte dei traghetti: navi che nonostante la sospensione del traffico passeggeri nelle rotte interne durante il lockdown hanno continuato a viaggiare per non interrompere la catena degli approvvigionamenti, che è stata vitale per la tenuta sociale.

«I tempi di ammortamento di una nave sono di circa trent’anni e sono spese messe in conto dagli armatori. Poi se si introducono obiettivi di trasformazione delle flotte più ravvicinati (ad esempio per una transizione ecologica, ndr) qualcuno dovrà compensare quelle perdite di bilancio. Una quota d’investimenti europeo a fondo perduto per le nuove navi serve proprio a questo», spiega il presidente di Assarmatori.

Il discorso sulle perdite del settore riguarda anche il segmento del trasporto merci, che ha sofferto il calo della produzione mondiale e delle misure restrittive che hanno interessato ogni parte del mondo. «Le compagnie – conclude Messina – hanno adottato diverse soluzioni, gestendo al meglio la capacità di offerta di stiva, riconsiderando le rotte e le toccate, ma il colpo c’è stato e di problemi ne abbiamo dovuti affrontare tanti. A cominciare dalla difficoltà di far ruotare gli equipaggi al completamento dei turni d’imbarco, viso che molti Paesi hanno chiuso le frontiere a tutti, anche ai propri connazionali. La speranza è che da questa vicenda si esca con una consapevolezza maggiore dell’interdipendenza globale».