Lo scambio?I sauditi scrivono che Conte e Di Maio hanno pagato un riscatto, urge risposta dell’Italia

L’organo ufficioso del regime saudita, da cui dipende il generale libico Haftar, ha scritto che il governo ha rilasciato quattro scafisti in cambio dei pescatori di Mazara. Non sappiamo se sia vero o no, ma Palazzo Chigi e la Farnesina rispondano

Urge smentita. Il sospetto che i pescatori di Mazara del Vallo fossero stati rilasciati da Khalifa Haftar in cambio di qualcosa di più di un inutile incontro con Giuseppe Conte viene ora confermato da una fonte intrigante: dal giornale del fratello del reggente saudita Mohammed bin Salman, che è il burattinaio che regge i fili ai quali sono legati gli arti dello stesso Khalifa Haftar che sopravvive solo grazie ai suoi finanziamenti. Insomma da una sorta di Pravda ufficiosa del regime saudita.

Asharq al Awsat, il quotidiano saudita edito a Londra (duecentomila copie vendute in 12 paesi), sostiene infatti che per liberare i pescatori di Mazara del Vallo Haftar ha ottenuto dall’Italia quello che ha sempre richiesto: la liberazione di quelli che lui definisce «quattro calciatori» ma che in realtà sono quattro trafficanti libici di carne umana, già condannati dai tribunali italiani.

Questa versione del quotidiano saudita va verificata con cura e rivela uno scambio che abbiamo subodorato sin dal primo momento (che se ne fa Haftar di un incontro protocollare con un premier italiano che non conta assolutamente più nulla in Libia?), ma certamente ˜non basta un articolo di giornale per confermarne la veridicità.

Il non piccolo problema, ripetiamo, è la fonte che sostiene che lo scambio ci sia stato. Fonte che è al vertice dello Stato saudita, patron e finanziatore di Haftar. Tanto basta? No, ma è sufficiente per avanzare una chiara richiesta a Giuseppe Conte e a Luigi Di Maio: dichiarino apertamente, in qualche forma, che non è stato pagato ad Haftar nessun riscatto, che il dittatore di Bengasi si è accontentato di un incontro in pompa magna con tanto di ori e fanfare. D’altronde, se guardiamo al passato, tutti i governi italiani hanno sempre dichiarato che i nostri ostaggi, dall’Afganistan all’Africa nera, erano stati liberati senza che le nostre autorità avessero pagato alcun riscatto. Dichiarazione subdola perché risulta per certo a Linkiesta che ogni volta i riscatti sono stati in realtà versati – e per decine di milioni di dollari nel complesso – ma non direttamente dal governo o dallo Stato italiano, bensì tramite occulte e sofisticate triangolazioni con autorevoli organizzazioni umanitarie. Poi risarcite in qualche forma, anche indiretta. Vaticano incluso.

Naturalmente, i nostri pescatori possono essere stati liberati in cambio di un riscatto diverso dalla liberazione dei «quattro calciatori».

Si faccia chiarezza comunque. Conte e Di Maio smentiscano qualsiasi scambio, esattamente come hanno fatto, surrettiziamente, tutti i loro predecessori al vertice del governo italiano.

Ce lo devono, dopo la passerella mediatica del loro blitz a Bengasi, con Rocco Casalino in regia. E si vedrà, poi, se Asharq al Aswar avrà altre frecce nel suo arco e potrà provare lo scambio tra i pescatori e i cossiddetti «calciatori».

Non ci stupiremmo.