«Attualmente non esiste una base per procedere con un procedimento penale sull’omicidio, il rapimento e l’omicidio di Giulio Regeni». È quanto si legge in una nota della procura egiziana, nella quale si afferma che gli autori del crimine restano sconosciuti dopo aver «ascoltato 120 testimoni».
La magistratura italiana il 10 dicembre scorso aveva chiuso le indagini sull’omicidio del ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto, contro quattro persone appartenenti ai servizi egiziani, passo che precede l’apertura di un processo. Ma la nota diffusa da Il Cairo torna a sottolineare che il Procuratore «ha incaricato le parti cui è affidata l’inchiesta di proseguire le ricerche per identificare» i responsabili.
I sospetti e le accuse mossi dalle autorità italiane non sono accompagnati da prove, afferma ancora la procura del Cairo, decidendo quindi di non tenerli in considerazione. Il procuratore generale egiziano Hamada Al Sawi «esclude ciò che è stato attribuito a quattro ufficiali della Sicurezza nazionale a proposito di questo caso», si afferma inoltre nel testo pubblicato sulla pagina Facebook dell’istituzione cairota.
La Farnesina, si legge su Adnkronos, ritiene che quanto affermato dalla Procura generale egiziana relativamente al tragico omicidio di Giulio Regeni sia inaccettabile. La Farnesina, «nel ribadire di avere piena fiducia nell’operato della magistratura italiana – si legge ancora -, continuerà ad agire in tutte le Sedi, inclusa l’Unione europea, affinché la verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni possa finalmente emergere». La Farnesina auspica che la Procura generale egiziana condivida questa esigenza di verità e fornisca la necessaria collaborazione alla procura della Repubblica di Roma.
La procura egiziana ha fatto sapere inoltre che non fornirà a quella italiana i nomi di tutti gli stranieri che sono stati arrestati o fermati dalla polizia del Cairo dalla notte della scomparsa di Giulio Regeni al giorno in cui è stato ritrovato il suo cadavere. E non sarà nemmeno soddisfatta, continua l’articolo, la richiesta della procura italiana di svelare le identità delle persone che erano presenti nelle cinque stazioni metropolitane del Cairo la notte della scomparsa del ricercatore friulano e che sono state identificate tramite i loro cellulari.
La procura del Cairo ha affermato che nessuno dei cinque poliziotti indicati dalla procura italiana ha avuto realmente un ruolo nel sequestro, nelle torture e nell’uccisione del ricercatore friulano Giulio Regeni. In una nota il procuratore capo ha invece citato una «banda di criminali che era solita rapinare italiani ed egiziani» dietro l’omicidio di Regeni.
Le indagini condotte dalla procura egiziana mostrerebbero che questi criminali avevano in passato rapinato Regeni e un altro cittadino italiano al Cairo e a Giza. Già nel comunicato congiunto del 30 novembre con la Procura di Roma, quella generale egiziana aveva avanzato «riserve sul quadro probatorio» che, a suo dire, è costituito «da prove insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio».
Per finire, la nota la procura egiziana considera il comportamento di Giulio Regeni «non consono al suo ruolo di ricercatore» e per questo posto «sotto osservazione»da parte della sicurezza egiziana «senza però violare la sua libertà o la sua vita privata».
«Tuttavia il suo comportamento non è stato valutato dannoso per la sicurezza generale e, quindi, il controllo è stato interrotto», aggiunge la procura, citando i contatti di Regeni con alcuni gruppi politici e sindacati. «Consideriamo inaccettabile la dichiarazione della procura egiziana con cui respinge ufficialmente le conclusioni delle indagini della procura di Roma», ha detto all’Agi il portavoce di Amnesty International in Italia, Riccardo Noury «E dovrebbe ritenerla inaccettabile anche il governo italiano dal quale auspichiamo una presa di posizione».
«Siamo di fronte a un ulteriore tentativo di depistaggio da parte delle autorità egiziane sul caso dell’uccisione di Giulio Regeni». A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, che così commenta il comunicato della Procura egiziana.
Dello stesso parere anche il presidente della Camera Roberto Fico, che su Facebook scrive: «Ancora una volta l’Egitto dimostra di non voler collaborare per fare luce sulla morte di Giulio Regeni. L’ennesima provocazione, inaccettabile, arriva oggi. Le motivazioni per cui la Procura egiziana non è intenzionata ad aprire un processo sul sequestro, la tortura e l’uccisione del nostro ricercatore sono vergognose. Mentire sapendo di mentire. Per questo la Camera ha sospeso le relazioni diplomatiche con il Parlamento egiziano. A tutto c’è un limite».