Matteo Renzi «l’hanno rimasto solo» – come diceva Vittorio Gassman in quel vecchio film – i partner dell’alleanza di governo. Il Partito democratico, dopo aver dato per giorno l’idea di essere d’accordo con le critiche di Italia viva a Giuseppe Conte, si è come spaventato e al di là delle smargiassate su nuove elezioni che è il primo a non volere si è posto in posizione d’attesa, come fosse un passante, mentre persino un Movimento 5 stelle da tempo inebetito (Vito Crimi è tuttora il capo politico) si è fatto sentire con il suo ministro più intelligente, Stefano Patuanelli, che di fatto ha blindato Conte.
Quanto a Liberi e uguali, ormai una dépendance di palazzo Chigi, non vedeva l’ora di scagliarsi contro il senatore di Firenze, e così un dirigente di Sinistra Italiana, tal Gianni Paglia, gli ha dato pubblicamente del «teppista».
Soprattutto, l’avvocato ha con sé lo scudo del Presidente della Repubblica, sempre pronto ad aiutare a rincollare i cocci con la sua proverbiale discrezione: e non sarebbe strano, in questo senso, se dal Colle fosse venuto al Partito democratico un morbido monito a non seguire troppo una linea critica nei confronti del governo, a partire dal Recovery plan.
E tuttavia neppure il Nazareno muore per il Piano (che tra l’altro è il secondo) predisposto da Conte e Roberto Gualtieri e non è certo rimasto sordo alla lunga intervista di Paolo Gentiloni che ha autorevolmente richiamato il governo italiano a fare presto e soprattutto a predisporre quelle riforme senza le quali Bruxelles non sgancerebbe un euro.
Da parte sua Renzi ripete a tutti gli interlocutori che dopo la Befana è pronto a mollare, non ponendo grande fiducia in questo nuovo giro di valzer che nemmeno vede al tavolo il presidente del Consiglio ma i due ministri che stanno gestendo la pratica, appunto Gualtieri e Enzo Amendola, che ieri hanno incontrato Movimento cinque stelle e i compagni di partito del Partito democratico.
C’è il rischio di una verifica-bis all’insegna dell’equivoco, un ruotare di porte girevoli come nei vecchi film di Hollywood in cui si entra e si esce senza che si capisca nulla: e questo perché Italia viva ha posto un problema politico di fondo, e non solo un aggiustamento di cifre, ha messo sul tavolo cioè una “ciccia” politica che vanamente Conte e i suoi ministri tentano di derubricare a trattativa sulle poste per questo o quel capitolo di spesa.
Se questa impressione è giusta è molto probabile che al di là di qualche consenso circoscritto, il piano irriguardosamente denominato Ciao presentato da Renzi resterà agli atti più o meno come il piano Colao. A quel punto bisognerà decidere se questo ciao diverrà un addio.
Mentre al Nazareno sono convinti che Renzi stia bluffando, magari per ottenere qualcosa al tavolo della compagine di governo e su quello delle nomine negli enti pubblici, all’interno di Italia viva probabilmente ci sono ipotesi diverse. Certo, innanzitutto bisognerà attendere l’esito della verifica. Ma la sensazione è che fra i renziani alberghi la preoccupazione di passare alla storia come quelli che buttano giù il governo in piena pandemia e all’inizio di una campagna di vaccinazione che si annuncia difficilissima e magari portano il Paese ad elezioni utili solo alla destra.
Dunque, verificata l’indisponibilità di Zingaretti e Di Maio ad associarsi a Renzi per ricalibrare i pesi nel governo e contenere l’egocentrismo di Conte, al leader di Italia viva resterebbe in mano una carta buona. Quella dell’appoggio esterno all’attuale governo.
Un modo per tenersi le mani ancora più libere, svincolandosi da un complessivo accordo di maggioranza, scegliendo di votare di volta in volta i singoli provvedimenti e dunque acquisendo paradossalmente maggiore peso specifico. Rinunciando certo alle poltrone ministeriali, ma contemporaneamente acquisendo ancora di più il ruolo di ago della bilancia. Un modo per salvare capra e cavoli.
Sarebbe disposto, l’avvocato del popolo, a tenere il fianco perennemente esposto ai colpi renziani? Ma il problema vero, tanto per cambiare, casca ancora una volta in testa a Zingaretti: il Partito democratico intende marcare un ruolo egemone, di regia, di sostanziale guida del governo e, in questa condizione, reggere l’urto di Italia viva? O vuole continuare a fischiettare – né con Conte né con Renzi – sperando di uscire con tranquillità da una situazione che rischia di sfuggire di mano? Al Nazareno l’ardua risposta.